Index SPORT - Giugno 1997


Il Grande Fratello

Avere quel cognome adesso non è facile: Viviane Senna faceva la psicologa, era timida e riservata, aveva la sua famiglia e seguiva il fratello Ayrton più in tv che dal vivo. Poi la tragedia di Imola nel ’94 e pochi mesi dopo la morte del marito su una moto l’hanno cambiata. Ora, mentre inizia il processo per quell'incidente senza spiegazioni, Viviane lavora a tempo pieno per la Fondazione Senna, voluta dall’ex pilota per aiutare i ragazzi più sfortunati. "Lui voleva così, ora io glielo devo...".

Giovedì 20 in un aula del tribunale di Imola è iniziato il processo per la morte di Ayrton Senna. Una morte "sul lavoro" di cui ancora si cercano le cause. I sospetti cadono tutti sul piantone dello sterzo, modificato poco prima dell'incidente. Anche perchè la dinamica di quell'uscita di strada a oltre 250 all'ora, il 1° maggio del 1994 durante il Gp di San Marino, è sempre rimasta strana e misteriosa. Anche perchè alla guida c'era forse il miglior pilota delgi ultimi decenni. Così due sono le ipotesi: un malore di Senna o una rottura improvvisa. Deciderà il tribunale. La famiglia? Non cerca colpevoli. Come la sorella di Ayrton, Viviane. Prima era una psicologa. Aveva una bella famiglia,un marito, dei figli, un lavoro interessante a S. Paolo del Brasile. Ma d'improvviso, dal primo maggio del '94 la sua vita è cambiata. Perchè Viviane Senna, da quel momento non è stata piu' la stessa. La morte dell'adorato fratello Ayrton, in quel tragico Gran premio e successivamente quella del marito, pochi mesi dopo, per un incidente in moto, l'hanno trasformata, ma non si è arresa. Lo dichiarano i suoi profondi occhi scuri, di un'aerea dolcezza, quella stessa che sprigiona soltanto chi è passato attraverso grandi dolori.

Oggi Viviane, sorella del piu grande talento dell'era moderna delle corse, non fa piu' la psicologa, ma aiuta la sua gente in un altro modo, per obbedire al rispetto di una parola data.

«Sì è così. Pochi mesi prima della sua scomparsa Ayrton mi parlò di un progetto che aveva in mente. Voleva aiutare i bambini piu' poveri del Brasile perchè avessero le stesse opportunità di quelli piu' ricchi. Non riusciva a sopportare l'idea che un bambino solo perchè era nato in una condizione sfortunata, non potesse studiare. Lui desiderava che tutti fossero messi nella condizione di esprimere il proprio potenziale. Mi diceva che anche lui aveva sofferto prima di vincere, per non avere avuto le condizioni ideali. Purtroppo non ha potuto mettere a punto i particolari della sua idea, ma mi aveva chiesto di occuparmene».

Ed è per questo che ora Viviane è presidente della Fondazione Senna, un'organizzazione che attraverso la raccolta di fondi sta dando vita a diciotto progetti in undici diverse regioni del Brasile che riguardano tanto la sconfitta della fame quanto la possibilità di studiare o di trovare un lavoro. Ogni giorno i guadagni derivanti dalla vendita dei prodotti col marchio Senna (6 milioni di dollari all'anno) salvano dall'abbandono e dalla delinquenza decine di migliaia di bambini.

«Vede - continua - io non avrei mai pensato tre anni fa di trovarmi in questa situazione. Non sono fatta per stare sotto i riflettori, ma Ayrton mi ha insegnato che non ci sono ostacoli se vogliamo veramente fare una cosa e, del resto le potenzialità umane sono talmente ampie che veramente non c'è cosa che noi non possiamo imparare. Ayrton mi disse un giorno che per avere successo aveva dovuto impegnarsi totalmente, superare i suoi limiti e dare il meglio di sè. Lo stesso sto cercando di fare io, con dedizione, proprio come sarebbe piaciuto a lui». Dal primo maggio del '94 l'amore per Ayrton non è diminuito, anzi sono sempre più le persone nel mondo che dimostrano di amarlo in tutti i modi... «lo credo che questa sia la dimostrazione di quanto Ayrton fosse una persona vera. Nella sua vita lui ha amato molte persone, ha dato amore a tutti quelli che gli volevano bene. Adesso questo amore sta ritornando, attraverso tante altre persone che glielo stanno ridando».

Cosa pensa dell'inchiesta sulla morte di Ayrton? «La famiglia non si è costituita parte civile, Ayrton diceva che la vita è troppo breve per avere dei nemici. Personalmente divido l'incidente dalla morte. Il primo è stato la causa di un cedimento ma se i suggerimenti di Ayrton fossero stati ascoltati in quel punto non ci sarebbe stato un muretto ma una curva piu' lenta». Qual'è stato a suo giudizio il suo successo piu' grande? «Quello di amare gli esseri umani e di non vergognarsi di dimostrare i propri sentimenti. I sentimenti sono il combustibile della vita. Io ho il privilegio di piangere, mi diceva, oggi tante persone non lo fanno piu'».

Ha contato molto la fede in voi? «Sapete che Ayrton portava sempre una Bibbia con sè nella valigetta. Aveva sottolineato un verso di Isaia che diceva: "Ma quelli che sperano in Dio cambieranno forza, spunteranno penne come le aquile. Correranno e non si stancheranno, andranno e non avranno affanno". Ecco Dio era la sua forza, il suo ispiratore. Leggendo la Bibbia a lui sembrava di parlargli».

Qual'è la cosa che le ha insegnato di più Ayrton? «Di essere fedeli a se stessi, fedeli a ciò che siamo veramente, senza permettere che altri ci cambino e senza essere noi stessi a mettere una maschera. Per me è questa la grande lezione di Ayrton» risponde con un po' di emozione.

E lei è fedele a se stessa? «Io ci sto provando, da qualche tempo».

Mauro Giacon