Index MUSICA - Giugno 1997

Quell’"Uncino" graffia ma non fa male

John Lee Hooker, bluesman di vecchia razza, torna con il nuovo cd "Don’t Look Back", un lavoro curato e professionale ma che non raggiunge le vette dei suoi momenti migliori. Non manca qualche sprazzo del suo carattere inconfondibile, ma per riascoltare la voce aggressiva dei tempi di "The Healer" bisognerà aspettare il ritorno di quel tocco unico che ha reso "The Hook" (l’uncino) un fenomeno musicale

"Non importa quello che si dice, è sempre la solita storia: un uomo e una donna , un cuore a pezzi, una casa distrutta: sapete cosa intendo". Questo scriveva John Lee sulla copertina del suo più bell’album, "The Healer", vincitore del "Grammy" nel 1989.

Prima di allora aveva registrato un centinaio di ottimi album ma il grande successo di pubblico non era mai arrivato. Da allora la serie fortunata ha titolato album come "Mr Lucky", "BoomBoom" e "Chill Out", tutti bellissimi e fortunati. Si può tranquillamente dire che con questi lavori "The Hook" è sicuramente stato il primo artefice del grande ritorno di interesse verso la musica blues degli ultimi anni.

Questo nuovo cd "Don’t Look Back" segna sicuramente un attimo di riflessione dell’artista evidentemente alle prese con un leggero calo di inspirazione. Si presenta come un lavoro sicuramente ben fatto e sempre di ottimo livello, ma rimanere sempre in vetta non è poi così facile nemmeno per personaggi del suo calibro. Prosegue anche la collaborazione con Van Morrison, ma questa volta risulta eccessivamente morbida e di maniera, caratteristica che snatura sicuramente l’istintività aggressiva del nostro John (e il blues non vuole certamente leziosità musicali).

Il lavoro non manca certo di autorevolezza e le caratteristiche proprie di John Lee ci sono tutte, il suo vocione risuona sempre con il consueto vigore, la sua chitarra compone sempre sounds inarrivabili per la loro semplicità e determinazione, ma nel complesso il lavoro è sicuramente ripetitivo e non bastano sicuramente i nuovi brani come "Red House" a riscattarlo.

Sono quindi lontani i tempi quando anche se non famoso come oggi faceva sentire la sua influenza su tutti i gruppi blues e beat, americani e inglesi con pezzi come "Dimples", "Tupelo" o " I’m in the mood", ripresi un po’ da tutti i grandi come i "Canned Heat" o i "Groundhogs".

Tornando al nostro cd, bella sicuramente è la versione di "Blues Before Sunrise" e con " Red House" si ascolta sicuramente qualcosa di nuovo. Ma sono i lavori come "Dimples" che non possono competere con le straordinarie sue versioni precedenti, sia esse fatte in perfetta solitudine che eseguite con personaggi del calibro di Santana o Bonnie Raitt.

Rifacciamoci dunque al suo periodo artisticamente più valido racchiuso negli anni ‘40-55 per dare comunque una valutazione positiva ad un artista che sempre e comunque è rimasto fedele alla sua arte facendo crescere artisticamente gente del calibro dei Rolling Stones, John Mayall, Animals, Johnny Winter, che nel corso della loro carriera hanno sempre denunciato evidenti influenze Hookeriane nei loro lavori .

Hooker rimane sempre senza dubbio uno dei bluesmen più prolifici eversatili, perfettamente a suo agio sia nel delta blues che nel rhitm, la sua chitarra sostiene sempre con corpose e marcate sonorità le più svariate correnti musicali, quindi non rimane che attendere il suo prossimo lavoro per dare un giudizio definitivo. Nel frattempo ascoltiamoci un po’ di più i suoi precedenti album. Cosa che non fa mai male…

Marco Pasetto