Index ATTUALITA' - Giugno 1997

Il mondo? Mi fa vomitare…

Quella che segue, raccolta da Roberta Paolini, è la testimonianza di Elena L., "avida da sempre di tutto: cibo, amore, attenzioni e successo". Una racconto-confessione su come si diventa anoressiche senza nemmeno accorgersene. Sentendosi veramente felici solo quando la bilancia scende sotto i 40 chili; quando diuretici e lassativi presi come caramelle "danno la sensazione di essere puliti dentro"; quando la propria magrezza diventa una sfida alle difficoltà della vita. Fino ad arrivare alle soglie dell’autodistruzione

"Non ricordo esattamente a quale età io abbia avuto il primo eccesso bulimico. So con certezza però di non aver mai temuto di provocarmi il vomito, sin da bambina quando sentivo di non stare bene di stomaco mi mettevo le dita in gola e provavo un grandissimo senso di sollievo quando riuscivo a liberarmi dal cibo.

Sono stata, e sono tuttora, una persona ingorda di tutto, di cibo, di amore, di attenzioni e di successo. Ho sempre pensato che la gente si prendesse gioco di me e per questo, per molto tempo, ho desiderato essere una persona magra. Non ho mai saputo se effettivamente il mio corpo fosse bello o brutto, non mi sono mai veramente resa conto se fossi effettivamente grossa oppure no. Mi affidavo al giudizio altrui e in questo non ci vedo nulla di patologico, anche perché ritengo che per la maggior parte delle persone sia così: si tende sempre a cercare delle conferme al di fuori.

Ad ogni modo, un giorno qualcuno deve avermi fatto notare che non ero propriamente una silfide e questo un po’ alla volta mi ha fatto convincere che dovevo mettermi a dieta. La cosa peggiore era il continuare a rimandare il giorno per iniziarla, e tutte le volte mi abbuffavo dicendo "tanto domani comincio una dieta ferrea". Ho cominciato ad ingrassare verso i sedici anni, i miei genitori mi dicevano che ero una bella ragazza ma che dovevo necessariamente dimagrire. Il fatto è che ogni volta che mi mettevo in testa di mangiare di meno immancabilmente mi venivano delle crisi e cominciavo ad ingurgitare una smodata quantità di cibo. Poi conobbi una ragazza che mi disse che c’era un modo per riuscire a perdere peso, senza dover fare tanti sacrifici(!): il vomito indotto.

Effettivamente ci avevo pensato anch’io, ma non credevo funzionasse davvero, anche perché lo trovavo estremamente laborioso e lungo come sistema. Comunque cominciai a rimettere il pranzo tutti i giorni, per un paio di settimane circa, e riuscii a vedere i primi risultati: persi circa quattro chili. Volevo pesare 45 chili e mi ripromisi, non appena raggiunta questa meta, di smettere. Ma con il passare del tempo cominciai, visto che me lo potevo permettere, ad abbuffarmi sempre più spesso: ora non rimettevo più il pranzo, semplicemente lo saltavo, preferendo mangiare quando mi sentivo triste o annoiata oppure per festeggiare qualcosa. Tutto quello che mi capitava, fosse bello o brutto, diventava una scusa per mangiare. La mia vita ruotava totalmente attorno al cibo, del quale, tra l’altro, non sentivo neppure più il sapore, non ero più capace di distinguere cosa significasse avere appetito o sentirmi sazia. L’unica cosa che avevo ben presente era una costante sensazione di nausea e poi gli attacchi di colite, la tachicardia, il tremore e i brividi di freddo.

Ma non smettevo di farlo, raggiunsi i 42 chili e continuai a vomitare. Lo facevo ovunque: al ristorante, a casa di amici, nei bagni dell’ Università…

Ma con il passare del tempo il disgusto cominciò a crescere, iniziai ad isolarmi, mi sentivo quell’odore sempre addosso. Sino a che un giorno smisi improvvisamente di farlo: non so il motivo, forse ero stanca di vedere mia madre piangere, forse volevo cominciare a godere di questo mio corpo finalmente magro. Ma la paura per il cibo rimase, una paura per il grasso più che per il cibo. Smisi di mangiare, vissi con un paio di mele al giorno per circa due settimane, cominciai ad usare diuretici poiché i lassativi mi provocavano nausea e poi con il diuretico mi sentivo più pulita, il senso di svuotamento che mi davano era bellissimo. Così raggiunsi i 36 chili: ero felice! Talmente felice da rinunciare a tutto, agli amici e all’amore. Li "usavo" solo per mostrarmi in tutta la mia dignitosa magrezza. Non era più una questione di dieta per diventare magra: la mia malattia era, ed è, l’unico modo per sentirmi preservata e protetta da un mondo di cui ho paura e di cui non riesco a comprendere il senso. Il fatto è che questo lo provano tutti, ma non c’è bisogno di attentare alla propria vita per sentirsi vivi: io invece rischiai l’arresto cardiaco.

Ora sono ingrassata di 10 chili, più o meno, e continuo ad avere eccessi bulimici. Ma un paio di mesi fa ho rivisto un’amica che aveva le mie stesse abitudini alimentari, lei era arrivata a 35 chili e la trovavo bellissima. Ora forse pesa 70 chili, mi sono spaventata e mi sono rivolta ad un internista mio amico che mi ha indirizzata ad un centro specializzato. Mi visiteranno tra breve, mi terrorizza l’idea di diventare così. Così sono sette giorni che non ho eccessi bulimici…".

Elena L.