Index ATTUALITA' - Maggio 1997

Ai veterani Usa non far sapere...

La chiamano Sindrome del Golfo e ha colpito circa 5 mila degli 80 mila soldati americani reduci dalla guerra del 1991 contro Saddam Hussein. Una malattia che provoca depressione, pianti continui, perdita di memoria, stanchezza e impotenza. E che Pentagono e governo Usa hanno negato fino a ieri. Anzi, fino a quando la Cia non ha raccontato che gli alti ufficiali erano stati avvertiti che nei depositi di armi di Saddam Hussein c’erano anche gas tossici. E che in almeno tre occasioni i militari Usa sono stati mandati a distruggere quei depositi. Senza essere avvisati

Piangono senza ragione, seduti sul divano di casa. O sono depressi e senza forza, mentre figli e mogli restano a guardarli disperati. Oppure vivono tra confusione e capogiri, perdono la memoria, soffrono di impotenza. Come il colonnello Herb Smith, che una volta insegnava educazione fisica e adesso ha la faccia di un bambino invecchiato e triste. L’hanno chiamata la Malattia del Golfo, perché questo strano miscuglio di disturbi ha colpito quasi 5 mila degli 80 mila soldati americani che hanno partecipato nel 1991 alla guerra contro l’Iraq. Ma anche centinaia soldati britannici, anche loro reduci dalla guerra contro Saddam Hussein. Un mistero, quello della Gulf War Syndrome, durato fino ad oggi e non ancora del tutto risolto. Fino ad oggi, si diceva. Perché ora, forse, quei 5 mila soldati cominciano a capire cosa gli è successo.

Un mistero, quello della Malattia del Golfo, che le autorità militari Usa hanno sempre negato, negando addirittura che esistesse la malattia. Ma un pezzetto alla volta sta venendo a galla una possibile verità. E cioè che a "corrodere" la salute di quei soldati sono state probabilmente le armi chimiche fuoriuscite dai depositi che erano stati mandati a distruggere: gas nervino, sarin, tossine, pesticidi e chissà cos’altro. Il fatto grave è che l’Us Army sapeva cosa contenevano prima di mandarli in missione. E che dopo, di fronte alle domande dei soldati che si sentivano sempre peggio senza capire perché, hanno finto di non sapere.

E’ una verità fatta di avvertimenti ignorati, censure, rapporti della Cia dimenticati, dossier top secret. Una storia degna di un film (si farà, c’è da starne certi). L’ultima conferma, così, è arrivata dal rapporto di Bernard Rostker, l’investigatore incaricato dal Pentagono di risolvere la questione. E’ lui che ha raccontato che alcuni alti ufficiali dell’esercito americano nel febbraio del ’91, avvisati dalla Cia, sapevano che quelle "santa barbara" irachene da far esplodere contenevano anche armi chimiche. Solo che, per pura superficialità o peggio, evitarono di avvisare le truppe del 37esimo battaglione Genieri che due settimane dopo furono mandate a distruggere il deposito nella zona di Kamisiyah. Solo il giugno scorso il Pentagono ammise che "solo da poco" era venuto a sapere di una possibile esposizione di truppe Usa a sostanze chimiche durante la distruzione della base irachena.

Non basta: nel marzo scorso la Cia ha raccontato che le truppe Usa distrussero depositi di armi chimiche in ben tre occasioni diverse (e non due come il Pentagono ha detto finora): una il 4 marzo del 1991 nella base di Kamisiyah, nell’Iran del Sud; l’altra il 10 marzo in una zona vicino e la terza il 12 marzo sempre nello stesso posto. La stessa Cia, che sta investigando anche attraverso modelli computerizzati, non è però in grado di dire quanti soldati sono rimasti esposti ai gas nervini.

Se anche le tardive ammissioni dell’esercito Usa e della Central intelligence agency hanno aperto una porta sulla malattia del Golfo, le associazioni dei veterani non sono ancora del tutto convinte: "Quello che è successo a Kamisiyah non spiega tutte le malattie sofferte dai reduci, le armi chimiche non sono l’unica causa che va considerata". Anche perché, in alcuni casi, sintomi della malattia si sono presentati anche nei familiari dei soldati. C’erano forse anche agenti batteriologici in quei depositi? O sono stati sparsi nell’aria durante i bombardamenti? Di sicuro a far ammalare quei 5 mila militari non fu, come incautamente suggerì la Commissione presidenziale sulla Malattia del Golfo nel suo primo rapporto, "lo stress". Rapporto peraltro zittito subito dai ricercatori dell’Università del Texas: "La sindrome è causata da danni cerebrali, spinali e ai nervi - ha spiegato il dottor Robert Haley - Non certo dallo stress".

La Cia comunque ha promesso che renderà pubblici almeno 50 documenti segreti sull’argomento. Mentre il Pentagono ha aperto già da tempi un sito Internet, il GulfLink con migliaia di documenti su quegli anni (http://www.dtic.dla.mil/gulflink). Insomma da una parte sorrisi e disponibilità, dall’altra misteri e mezze bugie.

L’ultimo atto di questa ancora complicata vicenda è un rapporto recente, di fine aprile, dove la Commissione presidenziale conclude che dalle indagini del Pentagono sulla distruzione di armi chimiche durante la Guerra del Golfo si constatano "sostanziali errori e mancanze di comunicazione" tra militari e servizi di intelligence. La stessa Commissione però insiste: anche se è probabile la presenza di agenti chimici a Kamisiyah, non ci sono prove scientifiche di una relazione diretta tra la malattia dei veterani e i gas nervini.

Insomma tra prudenze, coperture, improvvise ammissioni e poi ritardi ed errori, il giallo della sindrome del dopo Saddam Hussein continua. Certo non stanno facendo una gran bella figura né il Pentagono, né la Cia ma neanche la Commissione di indagine in versione "soft". Quella che è andata a dire al colonnello Herb Smith (e ai suoi 5 mila compagni di sventura) che lui, probabilmente, da quando è tornato dall’Irak piange sempre perché è "troppo stressato".

a.m.