Index ARTE - a cura di Giovanna Grossato - Maggio 1997



Le donne nell’arte (7)

The Dada invaders

A NewYork una mostra sul dadaismo offre lo spunto per parlare di alcune donne che, autonomamente o come compagne di altri artisti, hanno partecipato ai grandi momenti dell’arte contemporanea. Una serie di figure spesso in secondo piano ma a volte protagoniste: dalla ultracentenaria pittrice Beatrice Wood ai collages della berlinese Hannah Hoch, dalle danze comportamentaliste di Emmy Hennings fino alle scenografie della svizzera Sophie Tauber

Una attesissima mostra al Whitney Museum di New York dal titolo di suggestione fantascientifica "Dada invades New York", ci offre un’ulteriore occasione per parlare di donne artiste. Si tratta, come al solito, di pittrici compagne, mogli, amiche di pittori e, come nel caso della longevissima Beatrice Wood (vispa e vivente, vecchia fanciulla di 104 anni), anche di un’artista che i mariti, i compagni e gli amanti li ha, come si suol dire, "seppelliti tutti". Il che può dimostrare, tra l’altro, che l’arte fa bene alla salute.
Anche Beatrice Wood, per la verità, fu compagna: dello scrittore H.Pierre Roché (famoso autore dell’indimenticabile "Jiles e Jim") e anche di uno dei protagonisti dell’avventura Dada, Marcel Duchamp, inventore dei "ready-made" e della riflessione sulla "morte dell’arte". Beatrice, che aveva partecipato negli anni tra il 1915 e il 1917 agli eventi più eclatanti del dadaismo newyorkese, sta attualmente completando un diario che raccoglie sia le esperienze di allora, che gli eventi e le storie dei personaggi sul palcoscenico dell’arte dagli anni seguenti fino ad oggi.

Hannah Höch è, invece, europea, studia a Berlino ed entra a far parte del gruppo dadaista berlinese quando questo vi tiene la sua prima mostra, nel 1919. Essa comincia a sperimentare materiali e tecniche nuove, approfondendo le potenzialità del fotomontaggio e del collage, dai quali ottiene originali espressioni in opere dallo spirito ironico e vagamente dissacratorio, come: "Taglio con coltello da cucina" , del 1919, ora agli Staatliche Museen di Berlino. Queste sue sovrapposizioni di vari materiali continuano anche negli anni successivi, e se ne ha un esempio in : "Meine hause pruche", del 1922 o "Mutter", del 1930.
Il 1° febbraio del 1916, mentre era in pieno corso la battaglia di Verdun e i macelli della guerra mondiale, a Zurigo è nuovamente una protagonista femminile, Emmy Hennings, che, assieme al poeta e drammaturgo Ugo Ball (con lei nella foto), fonda a Zurigo quello che diverrà il rifugio mentale degli intellettuali berlinesi e monacensi: il "Cabaret Voltaire", la prima cellula dadaista zurighese. Hugo Ball è un
disertore, drammaturgo, amante di Nietzsche, Emmy una cantante, ballerina, poetessa che interpreta con le parole e il corpo le necessità espressive di una generazione che sta per essere schiacciata e travolta dalla violenza umana e dalla follia della guerra. Antesignana dell’arte Comportamentalista, che passa dall’oggetto all’azione, dall’impiego di materiali durevoli all’esperienza di situazioni effimere, e dello Happening, Emmy Hennings danza e recita il disagio esistenziale, sperimentando, sera dopo sera, nel laboratorio creativo del Cabaret Voltaire il medesimo polimorfismo delle realizzazioni artistiche dei suoi compagni artisti che, oltre ad Hugo Ball, sono Marcel Janco, Richard Huelsenbeck, Tristan Tzara e Hans Arp. Qui costoro inventavano una pratica collettiva ogni giorno diversa, con il divieto assoluto di un programma. Era "un’orchestra di sei strumenti. Ciascuno suonava il suo strumento, cioè se stesso". Ai sei era accanto un’altra interprete di Dada, Sophie Täuber, unica svizzera del gruppo, ballerina anche lei, e poi artista esperta in arazzi, in scenografie, in costumi. Giunta a Zurigo nel 1915, con il suo compagno Hans Arp, rimarrà con il gruppo fino alla fine della guerra, insegnando alla scuola di arti e mestieri, tenendo corsi sui tessuti e sperimentando con Arp (che sposerà nel 1921) ogni tipo di tecnica e materiale, traendo dai disegni del marito interessanti tessiture, come "Simmetria patetica", ora al Museo Nazionale d’Arte Moderna al Centre Pompidou di Parigi o "Composizione orizzontale verticale" , del 1917. Con lui e con Theo Van Doesburg, realizzerà più tardi, nel 1926, la famosa (e oggi distrutta) decorazione neoplastica del ristorante Aubette di Strasburgo. L’esperienza Dada era già storicamente conclusa quando, negli anni Trenta, le sue ricerche artistiche presero la direzione dell’astrattismo di Abstraction-Création.

Giovanna Grossato