Index PRIMOPIANO - Aprile 1997


Milena e la speranza di sabbia

Giovedì 27 marzo scorso la polizia tunisina ha trovato il corpo di Milena Bianchi, la studentessa di Bassano scomparsa nel nulla a Nabeul, in Tunisia, nel novembre del 1995. Uccisa da uno spasimante respinto (forse) e seppellita sotto il greto di un torrente secco, in mezzo alle dune alle porte del paese. Così ieri, davanti a tremila persone senza parole, Bassano ha celebrato quel funerale che nessuno credeva possibile. E Gilda Milani, l’irriducibile madre di Milena che l’aveva cercata per 16 mesi assieme a famiglia e amici sfidando tutto e tutti tra appelli, proteste, viaggi e denunce, ieri aveva il volto della speranza perduta. Perduta sotto una manciata di sabbia

Se la speranza perduta mercoledì 2 aprile avesse voluto un nome e un volto, non poteva che scegliere i suoi. Gilda Milani, l’irriducibile madre che mai aveva creduto alla morte della figlia Milena, scomparsa in Tunisia il 23 novembre del 1995, è diventata una figura trasparente, più bianca e fragile dei mille fiori bianchi che aveva davanti. Certo c’era il dolore del marito Bertillo Bianchi, degli altri parenti, degli amici e delle quasi 3 mila persone dentro e fuori la chiesa di Santa Croce a Bassano, tutti lì per i funerali della ragazza. O meglio di quello che resta della giovane studentessa uccisa da uno spasimante respinto mentre era in vacanza a Nabeul, vicino ad Hammamet e seppellita sotto la sabbia, come dicono (non credute) le autorità tunisine. Ma tutto quello che è successo, quei 16 mesi di battaglie, appelli su tv, giornali e anche su Internet (proprio attraverso Nautilus), viaggi e denunce contro l’inerzia delle indagini e poi lo strazio del ritrovamento appena giovedì scorso, sembra pesare solo sulle spalle di Gilda Milani.

Così mentre lei parole non ne ha più, l’iniziativa è passata nelle mani di altri. Come l’avvocato romano Nino Marazzitta, incaricato dalla famiglia di continuare le indagini. E che ieri ha annunciato di aver dato mandato ad un detective dell’agenzia Tom Ponzi di Milano. Destinazione: Tunisia. Ma anche di rivolgersi all’ambasciata italiana per farsi mettere a disposizione un avvocato tunisino e costituirsi parte civile al processo contro Mounir Taib Ben Salem, il ventenne di Nabeul arrestato per l’omicidio. Sempre che sia stato lui da solo, sempre che sia stato veramente lui, sempre che non succeda chissà cosa in questa storia senza fine.

Tante le lacrime, ieri, ma tutto in silenzio. Non una sola parola contro la Tunisia, la polizia, gli investigatori italiani, gli sciacalli o anche solo la malasorte. Qualche lacrima anche del ministro della Sanità Rosy Bindi "qui in segno di partecipazione anche a nome del ministro degli Esteri Dini" dirà alla fine; e piange l’onorevole Pozza Tasca, che ha accompagnato la famiglia fin dall’inizio dnella disperata ricerca di Milena; la posizione più scomoda va al sottosegretario agli Esteri Patrizia Toia, che deve difendere Dini dalle accuse di "totale assenza" delle istituzioni italiane lanciate da Gilda e Bertillo Bianchi.

Tanto lei, l’ex madre di ferro diventata di cristallo, ora non sente niente. Leggono lettere e preghiere gli amici, i rappresentanti del Comitato pro-Milena Bianchi, i parenti. Ma non cambia l’espressione del viso di Gilda Milani, sempre seduta se non accartocciata. Il parroco di santa Croce, don Dino Manfrin, sulla vicenda giudiziaria di Milena accenna solo al "silenzio assoluto (sulle indagini) che speriamo scevro da complicità". Legge un telegramma del Papa che "per Milena Bianchi barbaramente uccisa implora pace e gioia eterna". Qualcuno ricorda "tutti quelli scomparsi che non sono ancora tornati, la piccola Angela Faito, Silvia Melis...". Milena Milani, sorella di Gilda, chiede scusa "perchè non ci sono i nonni di Milena: in questi mesi sono invecchiati precocemente e le loro menti si sono ottenebrate".

Poi la bara bianca esce dalla chiesa, un applauso leggero, non un grido o una parola. Il cimitero è di fronte, per Milena Bianchi c’è un loculo proprio al centro, inciso c’è solo il suo nome. Ma a questo Gilda Milani non regge, se ne va prima, appoggiata al marito. E’ come se le avessero tagliato quel filo di speranza su cui aveva camminato come un’equilibrista da quel 23 novembre del ’95, come fosse precipitata. Per 16 mesi è stata l’immagine della donna battagliera: quella che esce dal cimitero è l’immagine della donna sconfitta.

Alessandro Mognon