Index POLITICA - Aprile 1997


Pivetti, la ragazza di Provincia

L’ex leghista doc ed ex presidente della Camera Irene Pivetti torna alla carica con un suo movimento federalista, una mezza via tra Lega Nord, cattolici di destra e forzaitalioti morbidi. Così attacca le Regioni da sempre fulcro dell’ideale autonomista ("troppa burocrazia") e promuove le amministrazioni provinciali ("il vero centro"); ironizza su Bossi e si arrabbia con giornali e tv rei di ignorarla; chiede voti al Sud "perché dopo due anni alla guida del Parlamento il Meridione mi rispetta"; bacchetta i credenti troppo progressisti ("non sono obbligati a restare nella Chiesa") e intanto riconferma che i profughi albanesi vanno "ributtati in mare". Smentendo le parole di solidarietà del Papa

Secondo la famigerata par condicio, in tempo di elezioni bisognerebbe dare voce a tutti (proprio tutti, nel senso di nessuno escluso) i candidati. Tanto che le tv, pubbliche e private, hanno subito dato segni di disperazione visto che la cosa è onestamente impossibile. Conclusione (forse): il garante dell’editoria ha concesso libertà di ospitare politici a scelta almeno nei talk show televisivi. Tutto questo per dire che se almeno Internet per ora sembra risparmiata da controlli e controllori, l’intervista all’onorevole Pivetti non è l’inizio di una lunga serie di colloqui pre-elettorali ma neanche (e soprattutto) un favore a Italia federale, il neonato partito fondato nell’autunno scorso dall’ex leghista di ferro ed ex presidente della Camera. Passata dalle camicie verdi bossiane e secessioniste (almeno una volta l’ha indossata, le foto parlano...) al federalismo stretto di marca catto-integralista.

Un’inquietante mescolanza che ha prodotto, ad esempio, l’uscita della Pivetti sui profughi albanesi "da ributtare in mare", più in stile Le Pen che da devota cristiana. Una nota insolita, in una fervente religiosa che contesta chi contesta il Papa ("Chiedono aperture? Restare nella Chiesa non è obbligatorio") e che questa volta è lei a mettersi contro gli appelli dello stesso Woityla alla solidarietà e all’accoglienza pro-albanesi.

Insomma è normale che la trentaquattenne Irene Pivetti, (compie gli anni il 4 aprile) offesa da quello che definisce una specie di boicottaggio del suo movimento da parte di tv e giornali nazionali, cerchi pubblicità elettorale (ma intanto conduce una trasmissione tv tutta sua su una rete privata del Triveneto e ha almeno tre siti Internet: uno è www.ouverture.it/pivetti). Ma si può anche leggere come curiosità: cioè vedere cosa sta architettando il personaggio Pivetti, l’ex presidente della Camera fuoriuscita-espulsa dalla Lega Nord e a caccia di consensi tra leghisti delusi, forzitalioti ribelli ed ex Dc-Ppi-Ccd-Cdu scontenti. Comunque sia, resta la battuta dell’avvocato Dotti "E’ un po’ rigida, ma ha uno sguardo...".

Onorevole Pivetti, anche il "Nord-est", movimento appena nato per mano del sindaco di Venezia Cacciari, dell’ex presidente dell’Assindustria veneta Carraro e dell’ex direttore del Gazzettino Giorgio Lago, parla di federalismo e autonomia. Come il suo "Italia Federale". Allora qual è la differenza?

Prima di tutto il conto in banca: loro sono sponsorizzati dalla Confindustria, noi no...

Mi scusi, veramente Carraro è stato cacciato dall’Assindustria veneta proprio perché non allineato con la Confindustria...

Si? Beh, hanno lo stesso più soldi. Comunque per me il loro è un movimento esclusivamente politico, e di evidente area ulivista. E poi non vedo il programma. Italia federale invece è un grande partito nazionale, con alcune migliaia di militanti e 120 amministratori locali. Dove abbiamo pescato? Nei partiti di centro, Ppi, poi Forza Italia, Lega. La maggior parte però non viene dalla politica. E questo è molto consolante e molto bello.

Ma il federalismo non è in fondo lo stesso?

Io non so che federalismo vogliono loro: c’è quello delle masse popolari, come direbbe Bertinotti, e quello delle telecamere. Noi vogliamo riattribuire le competenze primarie alle autonomie locali, Provincia in testa. Anche più della Regione, che è troppo burocratizzata. Il che non esclude un controllo regionale. Anche i valori sociali a cui facciamo riferimento ci qualificano: cioè la famiglia al centro dello sviluppo, anche nelle privatizzazioni dove pensiamo all’azionariato popolare.

Tra single, convivenze e divorzi di famiglie ce ne sono sempre meno: non è un po’ fuori luogo tornare su questi concetti?

Poche famiglie? Ma non è detto che si debba lavorare solo per la maggioranza. Qui si tratta di ricostruire un Paese da capo, anche moralmente. E serve uno Stato leggero.

Va bene, ma alla gente poi delle sigle interessa poco: molti dicono che non è questione di federalismo ma di burocrazia intelligente, decentramento, agilità.

Certo, alla gente interessa la sostanza, non le formule: non vogliono fare la coda alle poste, chiedono una scuola accettabile, dei risultati visibili. Il decentramento? Non dà frutto perché resta sempre il centro a decidere. Ma il centro, in realtà, è la periferia.

Lei è stata per anni nel cuore della Lega Nord: cosa pensa del pirata del Tg1? Ci sono dietro i seguaci di Bossi?

Non ne ho la più pallida idea. Ma ho dei dubbi: sarebbe la prima volta che la Lega riesce ad organizzare qualcosa...

Saltiamo in Europa: si sta puntando all’unificazione quasi totale, moneta compresa. Ha ancora senso parlare di autonomie, regioni federate e simili?

L’Europa va bene. Il fatto è che l’Italia è un Paese eccezionale, per cultura e civiltà. Dobbiamo tornare ad essere quel Paese, come nel ‘500 con il Rinascimento. Insomma non subalterni a nessuno.

Bossi torna a parlare di "mitra sulle spalle" e fissa date per la secessione (14 settembre). Lei, onorevole Pivetti, lo conosce bene: dove vuole arrivare il senatùr?

Bossi ha perso il senso della realtà. Se le sue sono solo battute, beh: ci siamo stancati. Se invece fa sul serio, lo Stato dovrebbe dimostrare che esiste non solo come grande modello 740, che è l’immagine che ha adesso.

Quale pensa che saranno i suoi elettori? Leghisti delusi, morbidi, ex del Polo? E a che percentuale punta, per parlare di successo: 5, 8, 10 per cento?

C’è tanta gente che cerca punti di riferimento, c’è sicuramente delusione in giro. Comunque penso a tutti gli strati sociali e a tutta Italia, al ceto medio e popolare. E poi i leghisti delusi, certo. Quanto alle percentuali, non uso il calcolatore, anche perché siamo presenti in 50 Comuni su 1200. Piuttosto, abbiamo difficoltà a farci sentire da giornali e tv...

Non è che siamo già alla giustificazione pre-elettorale? In fondo lei conduce un intero programma tv quasi ogni sera.

Giustificazioni? Non sono certo una che ne cerca. Il fatto è che la stampa ci ignora. Forse non siamo funzionali al loro gioco o non facciamo piacere a nessuno. E’ vero poi che conduco un programma, ma non parlo solo di politica.

Si, ma al Sud come pensa di presentarsi l’Irene Pivetti ex leghista e braccio destro di Bossi?

Al Sud abbiamo moltissime simpatie. Perché? Ma per due anni io ho rappresentato lo Stato italiano, e se mi permette non è una barzelletta. Questo se lo ricordano. Il meridione poi è disponibile al cambiamento, i giovani sono stufi dell’immagine classica della loro regione.

Si alleerebbe con l’Ulivo?

No, con l’Ulivo no. Con i Poli no, insomma. Almeno fino al ballottaggio...

Tocca all’Irene Pivetti cattolica: auguriamo lunga vita a Giovanni Paolo II, ma che Papa vorrebbe dopo di lui? Anche di colore?

Ah, lasciamo stare. Vorrei che questo papa vedesse il Giubileo del 2000, questo si. In fondo questo secolo lo ha fatto lui.

Senta onorevole, tanto per restare in tema: non crede che la Chiesa stia rischiando il suicidio? I cattolici di Francia e Germania contestano Woityla e assieme agli Usa chiedono maggiori aperture su sacerdozio, donne, sesso. Intanto il Vaticano "normalizza" una rivista come Famiglia Cristiana perché considerata troppo progressista nelle idee...

Non è vero, il Papa trova ancora migliaia di persone ad accoglierlo nei suoi viaggi. Le proteste? Stare nella chiesa non è mica obbligatorio. Salvarsi l’anima è come salvarsi il corpo: la Chiesa non deve dirmi solo quello che voglio sentirmi dire.

Alessandro Mognon