Index EDITORIALE - Aprile 1997

"Gattopardi" contro la Rete

Da quello che, ultimamente, viene detto in varie occasioni si potrebbe pensare che Internet sia responsabile di efferati delitti, di suicidi di massa, delle perversioni più orribili.

La pedofilia, il suicidio di un gruppo di affiliati ad una setta, la violenza su ragazze e giovanissimi, le fughe da casa sembrano, se si dovesse seguire ciò che viene anche esplicitamente affermato sui giornali o a ciò che viene strillato in televisione, causate in buona parte da Internet. Sembra che Internet sia un covo di perversione e che la frequentazione dei siti Internet nasconda chissà quali misteri fino a risvegliare, in giovani appassionati di computer o ragazze che amano chiacchierare via modem con altri amici, i più oscuri e nefandi moti dell’anima.

Mi sembra che le notizie presentate in questo modo non facciano del male solo a Internet o a chi ogni giorno ci lavora o si guadagna il pane con i servizi che offre utilizzando la "madre di tutte le reti", ma risulti anche una penalizzazione per lo sviluppo tecnologico di tutta la nostra nazione. Facendo certe affermazioni non solo si ipotizza la cosa assai improbabile che un calcolatore od una rete, comunque di stupidi calcolatori, sia in grado di trasformare un uomo, di penetrare in esso facendo emergere il mister Hyde che c’è nascosto dentro di lui ma anche si fa affiorare ancora una volta lo spirito tecnofobo, provinciale e di forte limitazione della modernizzazione che a volte, purtroppo, passa per snobismo e superiorità culturale. Ma che invece ha spesso permeato l’ambiente culturale del nostro paese rallentandolo nella direzione dello sviluppo e della ricerca. L’avanzamento tecnologico in Italia non è un optional, diviene una necessità assoluta, ma sembra di trovarci davanti a tentativi di medioevale arretratezza che richiamano timori millenaristici quando di fronte alle novità tecnologiche ci troviamo sempre ultimi. In questo caso è difficile poter fare la battuta, con richiami evangelici, che gli ultimi saranno i primi, in assenza di sviluppo tecnologico gli ultimi saranno ancora più ultimi e dipendenti.

Internet o un calcolatore possono nuocere come un qualsiasi altro elettrodomestico male impiegato. Un coltello da cucina può tagliare l’arrosto ma può anche essere usato per infliggere le decine di coltellate di un delitto passionale così come una lucidatrice od un aspirapolvere se presi a mo’ di mazza possono certamente venir usati per spaccare la tasta ad un avversario.

Noi Italiani che pensiamo di essere "furbissimi" non siamo in grado di sapere, la nostra esperienza è poi così scarsa, come finirà l’esperimento che sta coinvolgendo tutti i paesi del mondo. Internet è conoscenza, è amplificazione di informazioni è un moltiplicatore di conoscenza. Penso sia questa la paura che coinvolge chi pone limiti al suo sviluppo. Internet minaccia il dominio di elites culturali che trovano il loro posto e le loro garanzie di esistenza nel mantenimento di propri linguaggio, di propri arcaici modi di comunicazione.

Internet non è il diavolo e non è diabolico neppure chi la usa, prova ne è che anche il Vaticano ha il proprio, tra l'altro bellissimo, sito. Non si diventa maligni o depravati "navigando" in essa. Se chi vi inserisce contenuti è un cretino, resterà comunque cretino, se chi la usa non ha nulla di importante da dire la rete certamente non farà diventare le sue cose più importanti. Esse verranno probabilmente solo amplificate, saranno conosciute di più, ma non è detto che per questo divengano più pericolose. Di Internet non si muore. Internet non è responsabile della violenza dell’individuo che la usa. Ben altre sono le cose che uccidono, che sviluppano aggressività e violenza così come non è l’autostrada che uccide ma è il guidatore ubriaco che lo fa.

I primi tempi di una nuova invenzione possono essere lenti e pieni di incertezze ma è a lungo andare, utilizzandola con intelligenza e sfruttandone tutte le possibilità, che si impara come usarla e se ne sviluppano le potenzialità. Chiudersi davanti al nuovo facendo ricorso a pretesti, specialmente nel campo delle tecnologie, è arretratezza culturale, è segno di oscurantismo, è rinunciare a crescere, è l’immobilismo di chi tende, gattopardescamente, a presentare la modernità come segno di gran cambiamento ma che, in realtà, sicuro dei propri privilegi, vuole lasciare tutto come prima.