Index ARTE - a cura di Giovanna Grossato - Aprile 1997



L’iconografia della resurrezione nell'arte del XIV, XV e XVI secolo

Il tema della RESURREZIONE è raramente presente nella pittura altomedievale, come pure nel corso del Duecento. In questo periodo sono invece frequentissime rappresentazioni vetero e neo testamentarie. Giudizi Universali, storie di santi. Le "Maestà" (della Madonna e del Cristo) sono invece assai numerose ed altrettanto lo sono i crocefissi lignei dove al tipo del Cristo "triumphans" succede quello più umanizzato del Cristo "patiens".

Si giunge così alla pittura gotica, al 1300, a Giotto. Ed è proprio Giotto, infatti, a dipingere una delle prime iconografie relative alla Resurrezione di Gesù.

GIOTTO - NOLI ME TANGERE 1303-1305. Il Nobile padovano Enrico Scrovegni fece costruire, sull’antico teatro romano di Padova, una cappella votiva che volle affrescata da Giotto. Il maestro fiorentino vi dipinse 38 scene della vita della Vergine e di Cristo, tra cui questa.. Dopo l’episodio altamente patetico del compianto sul Cristo morto, questo che gli succede fa vedere il sarcofago vuoto e la bellissima Maddalena che protende perplessa le braccia verso il Risorto quasi incredula che si tratti di una visione. Cristo gentilmente ma fermamente respinge la donna e si allontana. L’amore umano ormai non gli appartiene più perché Egli vive in una comunione di amore divino.


La Resurrezione rimane tuttavia sempre molto meno frequente, rispetto allo sviluppo di altri temi iconografici religiosi nei quali, l’aspetto umano entra con sempre maggior forza nelle storie sacre : negli affreschi, nei dipinti e anche nei rilievi che ornano lunette e portali. Ne sono un esempio, a Firenze, le decorazioni scultoree di due tra i protagonisti più significativi del primo Rinascimento toscano:

LORENZO GHIBERTI RESURREZIONE 1403-1424 - Porta nord del Battistero di S.Giovanni a Firenze

Vinto il concorso di allogazione della seconda porta del Battistero di Firenze, Ghiberti vi attese per un lunghissimo tempo, servendosi di collaboratori illustri, quali Donatello e Paolo Uccello. Nel 1415 molti dei 28 rilievi di bronzo dorato erano stati già fusi entro le loro cornici mistilinee che riprendevano il modello delle formelle create da Andrea Pisano sul lato sud dello stesso battistero, tra il 1330 eil 1336. La ricca corporazione di Calimala, committente dell’opera, aveva stabilito che i soggetti dovevano riferirsi al Nuovo Testamento e, nel 1424, la porta fu finalmente montata sul lato est, prospiciente l’entrata della cattedrale di S.Maria del Fiore. La lettura degli episodi biblici avviene partendo dal basso a sinistra e la Resurrezione è dunque la penultima formello in alto, prima della Pentecoste.

LUCA DELLA ROBBIA - RESURREZIONE 1445-1469- Lunetta della porta sopra la sacrestia in S.M. del Fiore a Firenze

In collaborazione con Michelozzo, Luca della Robbia realizzò la porta bronzea della sagrestia nuova della chiesa di S.Maria del Fiore. Nella lunetta sopra la porta di bronzo Luca volle collocare una Resurrezione in terracotta invetriata che, con i suoi valori cromatici, accentua il tono gioioso dell’episodio. Questa nuova tecnica, inventata da Della Robbia, riunisce la qualità della plastica con quelle del colore dando vita ad una nuova forma di artigianato. Esso attingerà i suoi modelli da opere d’arte di alto livello e ne farà una produzione in serie a basso costo, ottenendo un successo e una divulgazione che durerà fin a tutto il Cinquecento.

Un altro straordinario protagonista del primo Rinascimento italiano, forse il più grande del Quattrocento, Piero della Francesca, dà vita ad una delle più intense interpretazioni della Resurrezione di Cristo.

PIERO DELLA FRANCESCA - RESURREZIONE 1463-1465 - Pinacoteca Nazionale di Sansepolcro

Cristo sembra far parte di un sogno che incombe greve sui soldati assopiti: il busto nudo e la testa non sono visti da un punto di vista così basso quale è proposto dall’impianto prospettico ; forse, nel rappresentare Cristo, Piero esitò tra l’attrazione magnetica della testa e dello sguardo e il forte accento di volontà del piede che libera tutta la figura dal sepolcro. Ne deriva un senso di arresto, d’immobilità senza tempo che il paesaggio, semplificato e madido di luce, concorre ad intensificare.

Il Quattrocento è comunque quasi altrettanto avaro del Trecento, in quanto Resurrezioni, ed è piuttosto prodigo di Assunzioni e Trasfigurazioni. Il pieno Rinascimento ne offre alcune memorabili, in cui la carica emozionale implicita nel tema stesso, raggiunge suggestioni che il Manierismo sa accentuare. La pittura e, in genere tutte le arti, nel Cinquecento sanno usare strategie rappresentative per ottenere il massimo delle loro potenzialità.

JACOPO PONTORMO - RESURREZIONE 1523-1525 - Affresco nella Certosa del Galluzzo (FI)

In questo brano, forse in seguito tagliato in basso per l’apertura di una porta, si nota l’effetto della caricatura e del grottesco che sarà una delle caratteristiche del Manierismo. I volti rotondi, i busti chiusi da linee tondeggianti, gli scudi circolari si richiamano in una felice successione policroma. Dal groviglio allucinato dei soldati addormentati, balza il fantasma violaceo del Cristo risorto, con un effetto di grande immediatezza. Arditissima risulta la soluzione dello scorcio reso dal Pontormo con due piani lisci senza traccia di chiaroscuro e di linea prospettica.

Un tipo di rappresentazione così intensamente carica, piace in modo particolare al mondo tedesco che, sia pur indipendentemente dai modelli italiani, percorre il medesimo iter costruttivo. E’ il caso di una Resurrezione dipinta su una delle tavole del complessissimo polittico dell’altare degli Antoniti nella chiesa di Isenheim, in Alsazia, da uno dei pittori più "tedeschi" del nord Europa, Mathis Gothardt Grünewald (1480-1528). Egli svolse la sua attività, infatti, a Magonza, a Francoforte, a Heller, a Isenheim, senza forse mai uscire dal suo Paese.

MATHIAS GOTHARDT GRUENEWALD - RESURREZIONE 1515-1520 ca.- Duomo di Isenheim

Questa tavola, pannello laterale e pendant delll’Annunciazione, si ricollega ideologicamente ad esso : là Cristo si incarna facendosi uomo, qui Egli ritorna ad essere solo Dio, puro spirito, nella luce che da Lui promana. Nella stupefacente visione si legge non solo la Resurrezione, ma anche la Trasfigurazione e l’Ascensione. Cristo è radioso, senza peso, non è né solenne, né grandioso, ma magico. La sua visione, sciolta da ogni peso, si contrappone alla fisica gravezza e alla dolorante umanità del Cristo in croce del medesimo polittico. L’evento è reso come un violento scoppio di luce nella fitta oscurità della notte, uno scoppio di cui si vedono gli effetti anche nelle pose scomposte delle guardie. Esso sottolinea l’evento soprannaturale che si esprime soprattutto nell’indicibile violenza dei colori. Estremamente suggestivo è anche il sudario simile ad una fiammata bianca che sale e trascolora nel blu della notte.

Di tutt’altro clima culturale è il quasi coevo lavoro michelangionesco:

MICHELANGELO - CRISTO RISORTO 1519-1520- chiesa di S.Maria sopra Minerva a Roma

Questa statua fu eseguita a Firenze, tra il 1519 e il 1520, per l’amico romano di Michelangelo Metello Vari. Totalmente priva della tensione dinamica così caratteristica dell’arte michelangiolesca, questa figura di Cristo è piena, tersa e luminosa. Dissimile da contemporanee opere del grande scultore fiorentino, come ad esempio il Mosè per la tomba di Giulio II, nel quale pulsano enormi energie, questo Risorto è privo di ogni ansia. Il "furor" si è placato e come decantato per lasciare posto ad una nobile e dolente dolcezza.

Altre due Resurrezioni appartengono ad un protagonista del Rinascimento, veneto stavolta, sebbene una di queste, la più tarda (9), si trovi ad Urbino e l’altra a Brescia.

TIZIANO - RESURREZIONE 1520-1522- chiesa di S.Nazaro e Celso a Brescia

Il dipinto, noto come polittico Averoldi, dal suo committente, Altobello Averoldi, rivela la volontà di Tiziano di misurarsi con il plasticismo così intenso da ricordare gli esempi scultorei del classicismo greco. Eroica e immanentissima, la figura di Cristo sembra venir risucchiata dall’aria oltre la cornice del dipinto, diviso in cinque parti come un arcaico polittico. Tuttavia l’elemento unificante della luce notturna trionfa, ricomponendo l’immagine di straordinaria potenza.

 

 

TIZIANO - RESURREZIONE 1542-1544- Palazzo ducale di Urbino

Molto diverso è questo Cristo risorto, dipinto da Tiziano assieme ad un’Ultima Cena, con la quale faceva parte di uno stendardo processionale per la Compagnia del Corpus Domini di Urbino. Le due scene furono divise e incorniciate da Pietro Viti nel 1546. Qui il grande maestro contrappone alla parte inferiore, tesa ed agitata dalla massa della tre figure dei soldati, quella superiore dove Cristo si libra lieve e solitario nella trasparente atmosfera mattutina.

Giovanna Grossato