febbraio 1997

"Al rogo l’ostello per stranieri"
Firmato: il vostro sindaco

I magistrati tedeschi hanno scoperto che dietro agli incendi della case-albergo per immigrati che negli anni ‘92-’93 sconvolsero la Germania c’era forse qualcosa di più dei soliti gruppetti di naziskin. Come a Dolgenbrodt, piccolo villaggio vicino a Berlino dove sono stati sindaco e abitanti a pagare le teste rasate perchè bruciassero il ricovero per quegli stranieri africani "ladri e nullafacenti". E per costruire al suo posto una bella clinica per ricchi...

Questa è una storia che andrebbe letta nelle scuole. E che invece è a malapena apparsa sui giornali italiani, tutti presi come sono dalle vicende dei Pippi Baudi, dei Sanremi e delle noiose dichiarazioni quotidiane dei politici di turno. La storia, che è poco definire inquietante, l’ha raccontata il Washington Post.

Molti ricorderanno che tra il ’92 e il ’93 in Germania (e soprattutto nella ex Rdt) si era scatenata una specie di caccia allo straniero. Moelln, Solingen, Hoyerswerda, Rostock: ostelli e asili per immigrati turchi, africani e asiatici assaltati e bruciati. Non erano mancati neanche morti e feriti. Tutto, però, per i commentatori tedeschi (stampa compresa) era stato ridotto ai soliti blitz di naziskin o sparuti gruppi estremisti di destra. L’arresto di una "testa rasata", Silvio Jackowski, accusato del rogo dell’asilo per stranieri di Dolgenbrodt, 30 chilometri a sud di Berlino, aveva convinto tutti che la colpa era dei soliti gruppetti neo-nazisti. Tutti contenti, finchè qualche settimana fa Jackowski ha raccontato cosa è realmente successo. E cioè che a pagarlo per dar fuoco alla casa-albergo per stranieri erano state alcune delle più importanti personalità del paese. E che dietro al rogo si era formata una vera e propria cospirazione del silenzio che ha coinvolto praticamente l’intero villaggio di 300 abitanti.

C’è un miscuglio di interessi, avidità, egoismo, odi razziali e piccole miserie di borgata, nell’incendio di Dolgenbrodt. Quasi non ci credeva lo stesso magistrato che si è sentito confessare dagli "onorati cittadini" del villaggio che a fornire "supporto logistico e finanziario" a Jackowski e complici erano stati loro. Prezzo: 7300 dollari (circa 20 milioni di lire), oltre al materiale incendiario necessario, come le bottiglie molotov piene di benzina.

Ma perché tutto questo? Come si diceva, per un miscuglio di cose. Ad esempio gli inquirenti stanno indagando su un’agenzia immobiliare che voleva comprare l’edificio per 600 mila dollari (un miliardo di lire circa) e trasformarlo in un’elegante clinica di riabilitazione per ricchi. Con l’appoggio dell’allora sindaco Ute Pressler e degli abitanti. A rovinare il "sogno" della super-clinica, che secondo Pressler avrebbero significato la fortuna del piccolo villaggio, arriva però l’ordinanza della Regione Brandeburgo. Che stabilisce che in quel complesso edilizio di Dolgenbrodt si farà una casa-albergo per immigrati. Una decisione che fa imbestialire sindaco e parecchi abitanti e che potrebbe aver dato il via all’operazione incendio.

Un segretario di Lotar Poetschke, titolare della agenzia immobiliare, ha raccontato ai giudici che Pressler telefonò agitato a Poetschke subito dopo aver saputo dell’ordinanza sfavorevole: "Questi stranieri qui non ci devono venire - si lamenta herr Pressler - Dobbiamo fare il possibile per fermarli...".

Se qualcuno ora pensa che a Dolgenbrodt siano pentiti o imbarazzati, si sbaglia. Anzi: loro insistono che la decisione di aprire nel villaggio un ostello per stranieri è una decisione stupida. Commenti? Non servono, bastano le parole dell’attuale sindaco, Karl Pfannenschwarz (piccola nota: la villa dove abita ora era la residenza usata il fine settimana dal ministro degli Esteri della Germania Est): "Il nostro è un piccolo villaggio di 300 abitanti che vive soprattutto di turismo, grazie al nostro lago. Come avremmo dovuto reagire quando lo Stato ci ha detto di trovare casa per 86 egiziani o africani? Certo che siamo spaventati, non abbiamo idea di che tipo di persone potrebbero venire ad abitare qui, dove non c’è un supermarket, non c’è lavoro per nessuno straniero. E’ più per paura della criminalità che degli stranieri. Se volevano mandarci donne e bambini dalla Bosnia poteva anche andare, ma non un gruppo di africani che non hanno voglia di far niente, rubano e creano solo problemi".

Simpatico e ospitale villaggio, Dolgenbrodt. Come i suoi abitanti, come il fioraio del paese Thomas Oste che ha ammesso di aver pagato più volte i nazi-skin per dar fuoco all’ostello e poi per farli tacere. "Avevo l’appoggio degli altri residenti" ha detto. E non pochi infatti lo avrebbero aiutato a procurarsi l’esplosivo e a contattare i giovani incendiari.

Non tutto è ancora chiaro, nella vicenda. Neanche la responsabilità dell’agenzia immobiliare Poetschke. Intanto, dopo il rogo, le autorità del Brandeburgo hanno deciso di spostare la casa-albergo per stranieri in un’altra località. Una sconfitta, in qualche modo. Resta la brutta storia di un paesino tedesco razzista e avido, e soprattutto l’impressione che una mai sopita diffidenza verso gli immigrati attraversi l’Europa del 2000. Eppure i veri stranieri, oggi, sono i laboriosi abitanti del grazioso villaggio di Dolgenbrodt.

Alessandro Mognon