gennaio 1997

L'altra faccia della California

"Il sole splende sempre sulla California ma San Francisco è un posto freddissimo" canta Mark Eitzel sull'ultimo album degli American Music Club. Quasi una sintesi della diversità che caratterizza lui e bands come i Redhouse Painters dagli stereotipi del rock americano e in particolare da quelli della California, spesso identificata con lo star system più fatuo e banale. Dalla penombra dei clubs californiani, Eitzel ha portato i suoi American Music Club ad essere uno dei gruppi di 'culto' tra anni '80 e '90. La sua poetica tenue e al tempo stesso incisiva incrocia Tom Waits ed Elvis Costello in un raffinato stile compositivo e interpretativo. Sul più bello naturalmente Eitzel li ha sciolti, gli American Music Club, preferendo coltivare una carriera solistica che già aveva accennato con il bellissimo live "30 watt silver lining" è il suo nuovo disco in questa veste che ne conferma le qualità.

Nel frattempo Eitzel ha fatto anche il talent-scout scoprendo una delle bands più interessanti di questi anni, i Redhouse Painters, guidati da un altro Mark, Kozelek, che come Eitzel è l'autore unico della formazione. Subito presi sotto contratto dall'etichetta inglese 4AD, i Redhouse Painters esordiscono nel 1992 con un disco "Down Colourful Hill" che viene accolto dalla critica con toni entusiastici. Con straordinaria semplicità di mezzi ed economia di suoni, i Redhouse Painters arrivano subito a toccare le corde più sensibili dell'ascoltatore con brani come "From Japanese to English" (sulla difficoltà di comunicare nei rapporti interpersonali). La copertina, poi, è di stampo quasi francescano: davanti la foto sbiadita di un letto in ferro battuto in una stanza spoglia, all'interno nessun testo o foto del gruppo. Kozelek e i suoi infatti non amano apparire né tantomeno rilasciare interviste. Successivamente, 23 nuove canzoni vengono pubblicate su due dischi separati entrambi intitolati semplicemente con il nome della band. Il primo (è quello con le montagne russe in copertina) è quantitativamente e qualitativamente più ricco, ma anche il secondo non scherza presentando una bellissima di "I am a rock" (Paul Simon). E' una passione costante, quella dei Redhouse Painters per le cover anticonvenzionali, che sbuca anche su un EP di poco posteriore, "Shock Me" con un rifacimento dell'omonimo classico dei Kiss (!). Nel 1995 i Painters tornano con un disco di canzoni originali, "Ocean Beach", che li ripropone in una dimensione prevalentemente acustica e mostra un'ulteriore maturazione della particolarissima voce do Kozelek. Il disco è anche l'ultimo per la 4AD, poiché il successivo - e recentissimo - "Songs for a blue guitar" (titolo quanto mai appropriato) esce per l'etichetta Island (quella degli U2) aprendo quindi le porte a una diffusione su larga scala del verbo Redhouse Painters. E' un lavoro più rock (se si può parlare di rock con i Redhouse Painters), più immediato, scritto in studio invece che da Kozelek in solitudine come i precedenti. Ci sono ancora una volta cover imprevedibili e irriconoscibili ("Long Distance Runaround" degli Yes, "All Mixed Up" dei Cars e "Silly Love Songs" di Paul McCartney) e per la prima volta il leader è affiancato al canto da una voce femminile.

In generale però l'intero album scorre uniforme come i precedenti tanto che a un primo ascolto sfuggono perfino le differenze tra le cover e i brani originali.

Massimiano Bucchi