gennaio 1997

E la vecchia Europa snobbò l’hi-tech

Secondo i manager delle grandi companies Usa di informatica, i Paesi dell’Ue investono poco nelle tecnologie avanzate. In più le stesse aziende ne ignorano i vantaggi e il mercato del lavoro è troppo protezionista. Così il Vecchio Continente rischia di restare al palo dietro a States e Asia. Ma se è vero che siamo in grave ritardo, la ricetta americana di "tagliare e licenziare" a volontà non sembra fatta per la società europea

"Il problema dell’Europa è che l’uso della tecnologia informatica non sembra suscitare grandi entusiasmi nelle aziende...". A dirlo è Andrew Grove, uno dei boss della Intel, la società Usa leader nella produzione di microprocessori. E’ vero che potrebbe sembrare una critica un po’ interessata (più si informatizza, più si vende). Ma la sua è una posizione condivisa anche da alcuni dei maggiori produttori americani di computer e affini. Morale: mentre Stati Uniti e Asia viaggiano alla velocità della luce, la vecchia scettica Europa arranca. E rischia di mancare l’appuntamento con il futuro.

Non bastasse il poco interesse delle aziende: secondo le companies Usa le leggi protezionistiche del mercato del lavoro in Europa scoraggiano nuovi investimenti da parte delle fabbriche di hi-tech americane. Un vero rischio, dicono, per la competitività delle società europee.

A questo punto vale la pena chiarire che le abitudini negli Usa sono molto diverse dalle nostre: mentre in Europa i lavoratori hanno ottenuto una serie di garanzie a tutela del posto di lavoro, negli States si licenzia o si chiude una fabbrica su due piedi. Insomma se gli americani sono stupiti per le nostre lentezze, noi lo siamo per la loro "brutalità sociale". Comunque cerchiamo una via di mezzo: quando i manager dei giganti dell’hi-tech Usa dicono che le aziende europee stanno perdendo il treno dell’informatica, hanno ragione. E i pericoli futuri sono tanti. Anche l’eccessiva rigidità della forza lavoro è un problema. Ma quando criticano il fatto che non possono tagliare uomini e mezzi dal giorno alla notte, meglio frenare: questione di opinioni, ma il liberismo totale made in Usa non è proprio il modello ideale della società europea.

Andiamo avanti. Dice sempre Grove: "Mezzi moderni come la posta elettronica, ad esempio, sono usati pochissimo dalle aziende. Ma tutta la tecnologia informatica è una rarità tra i manager europei". Stessa musica da parte di Richard Thoman, dell’Ibm: "Tutti quelli che hanno a cuore le sorti dell’Europa sono preoccupati quando vedono che l’Ue investe nell’informatica neanche la metà in percentuale di quanto non facciano Stati Uniti e Asia. E questo non depone per un futuro particolarmente sereno...". Così Thoman non nasconde che nonostante gli sforzi fatti a fine ’96 per ridurre le spese dell’Ibm Europa di 300-400 milioni di dollari, a malapena ne hanno tagliati 200 milioni. Colpa di quella legislazione antiquata che impedirebbe, spiega, di adattarsi alle fluttuazioni del mercato.

L’ultimo lamento è di Robert Palmer, amministratore della Digital Equipment. Identico il bersaglio: la rigidità delle forze lavoro europee che rendono ogni tentativo di tagliare spese e personale "un processo frustrante". Insomma una vera ossessione, per i dirigenti americani. E c’è anche la mini-classifica, almeno dei peggiori: in testa ai Paesi Ue più duri da affrontare per gli investitori stranieri dell’hi-tech ci sono Germania e Francia. L’Italia? Bene, c’è da scommetterci: noi, per tradizione, siamo i maestri del compromesso.