gennaio 1997

Giulietta e Romeo a Jesi

Il giorno 4 ottobre si è inaugurata la stagione lirica 1996 al Teatro Pergolesi di Jesi con l'opera " GIULIETTA E ROMEO" di Nicola Vaccaj rendendo così omaggio ad un autore marchigiano. Vaccaj nacque a Tolentino il 15 marzo 1790 e fu allievo prima di Fabbri a Pesaro, fino al 1807, poi a Roma di Jannaconi e dal 1812 al 1815 a Napoli di Paisiello. Vaccaj viene ricordato maggiormente come insegnante di canto e di composizione piuttosto che come compositore vero e proprio; in questa veste ebbe una vita assai tormentata in quanto la sua carriera fu spesso osteggiata da parte di celebri cantanti dell'epoca e da direttori di teatri. D'altra parte Vaccaj lo si deve considerare come un buon artigiano della musica il quale doveva misurarsi ad armi impari con due nomi che dominavano la scena lirica come Rossini e Bellini. La sua carriera compositiva inizò a Napoli al Teatro Nuovo nel 1817 con "I SOLITARI DI SCOZIA" che ebbe un buon successo mentre altri suoi lavori conobbero dei tonfi clamorosi. Per alcune sue opere avvenivano delle strane contaminazioni per esempio "IL LUPO DI OSTENDA" fu spesso eseguito sostituendo il secondo atto con quello della "CENERENTOLA" di Rossini mentre a "ZADIG ED ASTARTEA" si faceva precedere la sinfonia del "GUGLIELMO TELL" di Rossini. Certamente il suo capolavoro è "GIULIETTA E ROMEO" che andò in scena a Milano al Teatro della Canobbiana nel 1825 con vivo successo e più volte replicato; ma anche quest'opera ebbe vita non lunga in quanto nel 1830 apparvero "I CAPULETI E MONTECCHI" di Bellini che ebbero un esito entusiastico e misero in ombra l'opera di Vaccaj. Si deve notare che "GIULIETTA E ROMEO" fu interpretata molte volte da Maria Malibran la quale allorché eseguiva i "CAPULETI E MONTECCHI" soleva sostituire la scena finale dell'opera di Bellini con quella di Vaccaj.

In effetti il finale dell'opera di Vaccaj termina con un'aria del soprano che però la Malibran tagliava perchè le avrebbe portato via una parte del successo adducendo la scusa che ne "I CAPULETI E MONTECCHI" il soprano ha all'inizio la bellissima aria "ah quante volte e quante" per cui si raggiungeva un giusto equilibrio nella distribuzione degli applausi.

Questi erano i costumi dell'epoca che oggi non sarebbero tollerati.

A Jesi si è potuta ascoltare nella sua genuinità l'opera di Vaccaj.

Il libretto di Felice Romani (che poi sarà l'estensore pure del libretto dell'opera di Bellini) dà spazio alla figura di Cappellio padre di Giulietta cosa che non avviene in Bellini ed è drammaturgicamente molto intenso.

Vaccaj ha saputo bene interpretare le intenzioni del librettista e vi sono momenti di notevole pregio come il duetto del primo atto ed il finale dell'opera con la difficile aria di Giulietta.

Molta attenzione ha posto l'autore nella ricerca della tinta e degli impasti orchestrali cercando di distanziarsi dal modello rossiniano; certamente non tutta l'opera è di pregevole fattura e vi sono dei momenti in cui appare non il genio musicale ma il buon artigiano, come già detto.

L'edizione di Jesi aveva nei ruoli principali due giovani protagoniste.
Giulietta era impersonata da Paula Almenares dotata di una voce bella ed interessante ma che presenta alcuni problemi irrisolti nella zona acuta.

Maria Josè Trullu ha interpretato il ruolo di Romeo; questo giovane mezzosoprano ha bisogno di maturare la voce e migliorare il fraseggio ma certamente è un elemento da ricordare.

Dano Raffanti era Cappellio ed è un peccato sentire come una voce tanto bella allorché ha iniziato la carriera non ha mantenuto in pieno le promesse; l'intonazione non è stata sempre sicura e l'interpretazione piuttosto generica.

Bene Armando Ariostini ed Enrico Turco nei ruoli di Tebaldo e di Lorenzo mentre Elena Marinangeli era Adele, la madre di Giulietta.

Tiziano Severini ha dato una lettura attenta della partitura ma non ha sufficientemente equilibrato le sonorità dell'orchestra che risultava eccessivamente pesante soverchiando a volte il palcoscenico; bene i cori.

Piuttosto modeste le scene ed i costumi di Italo Grassi piuttosto tetre ed incolori; non si è poi capita la strana mescolanza tra costumi medioevali e costumi napoleonici.

Marisa Fabbri ha cercato di movimentare la scena con risultati discutibili come l'irruente entrata di Romeo nella scena finale. Il successo è stato vivissimo da parte del pubblico che affollava il Teatro Pergolesi salvo alcuni dissensi indirizzati alla regia.


Luciano Maggi