gennaio 1997

L'Arlesiana al Teatro Regio di Parma

Il Teatro Regio di Parma ha inaugurato la stagione lirica 1996 - 1997 con "ARLESIANA" di Francesco Cilea, opera di grande successo ma che dopo la scomparsa di tenori come Tito Schipa, Beniamino Gigli e Ferruccio Tagliavini è stata inspiegabilmente tolta dai cartelloni lirici come se tale lavoro si basasse solamente sulla parte del tenore.

Concetto questo errato perchè l'"ARLESIANA" ha un proprio valore intrinseco con una strumentazione raffinata e con tutti i personaggi ben disegnati e scolpiti.

Il libretto dell'opera, su versi di Leopoldo Mugnone, è tratto dal romanzo omonimo di Alphonse Daudet per il quale Bizet aveva già scritto le musiche di scena.

Cilea iniziò la composizione in una casa di campagna nel casertano per poi terminarla a Roma.

L'opera doveva andare in scena per la stagione autunnale del 1892 al Teatro Lirico di Milano e l'autore consegnò puntualmente la partitura alla casa musicale Sonzogno; essa in originale era suddivisa in quattro atti.

Ma Cilea ebbe subito l'impressione che l'opera fosse sottovalutata dall'editore. Dopo numerosi rinvii l'opera fu messa in scena ma per i ruoli di Vivetta e di Rosa Mamai si ricorse a due interpreti pressoché sconosciute mentre per le parti maschili fu scritturato il baritono Casini, assai noto e provetto, ed il giovane tenore Enrico Caruso sul quale i pareri erano discordanti ma che aveva destato un certo interesse dopo il suo debutto nella "NAVARREISE" di Massenet, nel "VOTO" di Giordano, nella "CAVALLERIA RUSTICANA" di Mascagni e nei "PAGLIACCI" di Leoncavallo.

Cilea insegnò personalmente la parte, nota per nota, a Caruso abituandolo al cauto impiego delle mezze voci e proponendogli come modello quel grande cesellatore del canto che fu Fernando De Lucia.

L'opera andò in scena al Teatro Lirico di Milano il 27 novembre 1897 con grande successo per merito di Caruso che dovette concedere ben tre bis mentre le chiamate a fine spettacolo furono una ventina.

Tuttavia Casa Sonzogno, dove imperava Amintore Galli, si dimostrò tiepida verso questo lavoro e Cilea dovette rimaneggiare la partitura riducendola a tre atti ed in questa versione il pubblico milanese la sera del 22 ottobre 1898 decretò un altro successo all'opera.

Una particolarità di questo lavoro è che il personaggio del titolo, che risulta il motore di tutta la vicenda, non compare mai in scena ma è sempre incombente nei sentimenti di tutti i personaggi.

L'edizione allestita dal Teatro Regio di Parma è stata di tutto rispetto e degna di un'anticipata celebrazione del centenario della prima assoluta che cadrà il 27 novembre 1997.

Il ruolo di Federico era sostenuto da Luca Canonici con molta aderenza al personaggio e con una vocalità di sicura impostazione; nella romanza del secondo atto ha strappato un giusto e convinto applauso con richiesta di bis non concesso.

Susanna Anselmi era Rosa Mamai che si è brillantemente disimpegnata nel difficile personaggio; la sua prova è stata caratterizzata da un forte temperamento ed ha messo in luce una voce uguale e sicura in tutti i registri; di grande rilievo la sua interpretazione nel terzo atto con la difficilissima aria "esser madre ......".

La giovanissima Desirè Rancatore era Vivetta; voce bene educata, perfettamente intonata e calata con immedesimazione nel suo fragile personaggio.

Molto bene Roberto Servile nella parte di Baldassarre, Michele Porcelli nella parte di Metifio, Franco Federici nella parte di Marco e Alessandra Palomba in quella dell'Innocente.

Una lieta nota viene dalla direzione di Daniele Callegari; il Maestro ha saputo ottenere dall'Orchestra Sinfonica dell'Emilia Romagna la giusta tinta del dramma ed ha letto la partitura con grande attenzione mettendo in risalto tutta la bellezza di questa musica cogliendone con intelligenza tutti i particolari.

Bene il coro diretto dal Maestro Marco Faelli.

Assai interessante la parte visiva dello spettacolo curata da Mietta Corli per la regia e da Steve Almerighi per i costumi.

Molto bello ed interessante il gioco delle proiezioni cinematografiche all'inizio dell'opera che mostrano una austera muraglia ed un grande cancello che poco alla volta si apre facendo penetrare lo spettatore all'interno della fattoria; meno persuasiva la proiezione del volto dell'Arlesiana sulle acque agitate del lago durante la romanza del tenore nel secondo atto.

Il pubblico ha decretato un caldo e meritato successo e si spera che quest'opera ritorni nei cartelloni dei vari teatri lirici perchè si è dimostrata viva e valida.

Luciano Maggi