gennaio 1997

Eddie, il filosofo, alcolista, donnaiolo, calvo e ciccione

Un libro di Tibor Fisher con qualche pagina in più e un protagonista con tante idee fisse

Con settanta o cento pagine in meno questa Gang del pensiero di Tibor Fischer poteva essere un mezzo capolavoro; invece ha settanta o cento pagine di troppo (da metà libro in poi) e quindi si limita ad essere uno splendido libro di intrattenimento nel quale, arrivati diciamo a pagina 256, si comincia ad aver voglia di saltare delle pagine, e quelli che fino a trenta pagine prima ci erano sembrati dei divertentissimi intermezzi diventano delle divagazioni che si frappongono tra noi e la nostra voglia di sapere come va a finire. Il bello è che tutto sommato il libro finisce in modo scemo, con un grande avvenimento finale del quale non si percepisce la grandezza e con l’incertezza totale sul futuro dei due personaggi principali e dei minori. Ma questo finire in modo scemo è, forse, implicito nella natura di questo libro, dove a dire il vero gli avvenimenti più emozionanti e importanti (le rapine in banca) sono quelli trattati in maniera più sbrigativa e ripetitiva. Ma facciamo un riassunto.

Eddie Coffin, professore di filosofia, alcolista, donnaiolo, calvo, ciccione, pressoché cinquantenne, sperperatore di borse di studio e di fondi di ricerca, se ne va (per prudenza) dalla Gran Bretagna con tutti i suoi soldi in una valigetta. L’automobile prende fuoco e con essa i soldi. In un albergaccio di Montpellier Eddie Coffin subisce un tentativo di rapina da parte di Hubert, trentenne ex-detenuto (dieci anni), incolto, violento di natura, con una gamba e una mano artificiali, con apparecchio acustico, dotato di una pistola comperata a credito. Eddie ha solo quattro franchi e così i due, non potendo aver luogo un’effettiva rapina, parlano un poco e fanno, se così si può dire, amicizia. Il giorno dopo rapinano con estrema facilità ed eleganza una banca. La cassiera dà a Eddie, mescolato ai soldi, un biglietto con il proprio nome (Jocelyn) e il telefono. Diventano subito amanti. Hube e Eddie rapinano altre banche. Hube si appassiona al sapere filosofico di Eddie (mentre Eddie non si appassiona affatto alla violenza naturale di Hube). Hube cura l’immagine del gruppo, telefona ai giornali dicendo: noi siamo la gang del pensiero, facciamo rapine filosofiche. Nel frattempo Versini, il funzionario di polizia che dà la caccia a Eddie e Hubert, fa la corte a Jocelyn. Hube e Eddie gli entrano nell’appartamento e gli rubano tutti i suoi video pornografici artigianali...

Precisiamo che non si tratta di un romanzo d’impianto realistico. Circa metà delle pagine consiste di excursus o divagazioni nelle quali Eddie cerca come può, cioè con gli strumenti filosofici usati sistematicamente in forme paradossali, di razionalizzare ciò che sta succedendo. La sistematicità di questi appunti parafilosofici, nonostante la numerazione progressiva (1.1, 1.2 ecc.) è abbastanza dubbia: "Il problema, negli ultimi tempi, è che quando finisco una frase, non mi ricordo più perché l’ho cominciata" (p. 33). "Se originariamente doveva esserci un senso in queste elucubrazioni, l’ho dimenticato" (p. 97). Il buono del libro è che spesso queste considerazioni disordinate e confuse sembrano azzeccare una questione insoluta (e/o insolubile) e comunque, nella loro scherzosità, mettono in imbarazzo: "riflettevo (...) su come sono rari i termini per indicare l’orgasmo, mentre abbondiamo di nomi per gli attrezzi del piacere e per il loro uso, abbiamo una penuria di vocaboli per quei pochi secondi di sfogo e su quanto sarebbe bello scrivere un libro su quest’altro argomento" (pp. 178-179). "Secondo me Nick aveva ragione: non ci si può aspettare la felicità gratis. La cosa che s’avvicina di più a un pranzo pagato è l’amore della mamma (però bisogna sopportare delle restrizioni nell’abbigliamento). Tutte le altre cose vengono solo a prezzo di fatica e di denaro - perfino il più nobile piacere fisico (più grande di quanto la maggioranza di noi meriti, scommetto) richiede un minimo di spinta" (p. 227).

Avevamo dimenticato di avvertire che i pensieri del filosofo Eddie ruotano tutti attorno a un ben selezionato gruppo di temi: i soldi, l’alcol, il cibo, le donne, la paura. Non c’è altro. E non c’è nessun tentativo, da parte del bravo Tibor Fischer (che ha 37 anni ed è considerato un astro nascente della narrativa inglese), di gabellare il suo libro per qualcosa di diverso da ciò che è: un colossale divertimento cinico (in senso filosofico), costruito frullando un po’ di tòpoi della letteratura di genere, ambientato in Francia perché in Francia ci sono i ristoranti migliori per la pancia di Eddie e perché, tutto sommato, le storie di gangster e inseguimenti vengono meglio in Francia (vedi i film con Lino Ventura...).

Ciò che salva questo libro dal diventare ammasso sconclusionato è la consapevolezza di essere ciò che è. Come dice lo stesso Eddie Coffin a p. 159: "A storici e letterati piacciono le carneficine e i carnevali carnali perché le loro vite sono così noiose e piatte come uno stagno. E, senza dubbio, quel che rende gli spettacoli sgozza-e-scopa ancor più gustosi è il fatto che al timone ci siano dei colleghi maghi dell’alfabeto, la classe bibliopara, gli ideodipendenti". (Si consiglia la riflessione sull’argomento ai cannibali nostrani.)

Per finire: la traduzione (di Riccardo Duranti) sembra a volte intoppata. Sicuramente la lingua di Fischer (che tuttavia non siamo andati a vedere nell’originale) dev’essere difficile e piena di giochini e di trucchi, e Duranti sembra abile nel renderli in italiano (quando possibile); tuttavia c’è un bel numero di frasi che, ci pare, senza troppa pena potevano essere rese più spicce e spedite. Il che toglie, diciamo, un 3% al piacere della lettura. Le settanta o cento pagine di troppo tolgono un altro 8%. Il finale moscio toglie un 4%. Ne risulta un libro divertente al [100 - (3 + 8 + 4)]% = 85%, il che ci sembra parecchio.

Tibor Fischer, La gang del pensiero, Garzanti, pp. 380, L. 28.000

Giulio Mozzi