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Parlare
in questo mese dell'anno e in questa rubrica di presepi nell'arte
era un "must" ineludibile. Ma, almeno, ragioniamoci un
po' su. Se si fa una rapido censimento delle cartoline o dei biglietti natalizi in mostra in questi giorni sui trespoli delle librerie e delle cartolerie, si scoprirà che le riproduzioni di dipinti che hanno la Natività o l'Adorazione dei Magi come soggetto si riferiscono soprattutto ad opere del Quattrocento fiorentino e del Rinascimento italiano ed europeo ; al massimo vengono incluse nella scelta pitture fiamminghe dalle profonde suggestioni luministiche. Pochissimi i "primitivi", troppo semplici forse, con le loro masse squadrate ed ineleganti e i Bambini tozzi e bruttacchiotti. Pochissimi anche i manieristi, i barocchi e i visionari ; per non parlare dei contemporanei. Perché ?
Perché ognuno di questi generi implica
una fatica interpretativa, una inabitudine visiva che risulta,
in quanto poco familiare, di eccessivo impegno. Specialmente se
in più c'è anche lo schopping natalizio ad assorbire
non poche risorse.
Seconda rappresentazione che non si incontra
molto facilmente nella più usuale aneddottica natalizia
è ancora bolognese e seicentesca, ma ormai proiettata verso
la maniera maggiormente distesa ed equilibrata propria del Settecento.
Interessante notare, tra l'altro, come i pittori di questa generazione accordino maggior favore ai "pastori", piuttosto che ai "Magi" ; una scelta che toglie al racconto della Natività l'occasione fare sfoggio di ori, corone regali, abiti sontuosi, finimenti di cavalli, folle articolate e piene di colore che, uscendo da palazzi favolosi posti sullo sfondo del quadro, si snodano in cortei attraverso paesaggi altrettanto riccamente descritti.
La presenza dei pastori, invece, conferisce
alla narrazione dell'episodio biblico, un tono più dimesso,
intimo e democratico.
I pastori attorno alla greppia dove riposa
il Bambino sono, inoltre, generalmente pochi e i loro abiti hanno
la ruvida monotonia dei colori della povertà. Insistono
ed amplificano il concetto della rinuncia e del sacrificio piuttosto
che quello, più antico e medievale, della regalità
e del potere.
Questa scena di Pasinelli, poi, oltre ad avere
una cromia ed una consistenza molto tenui che le vengono anche
dal fatto di essere incisa su rame, stravolge il tradizionale
assetto che vuole, se non proprio al centro della composizione,
o almeno in una posizione preminente, la Madonna e il Bambino.
Qui, invece, l'attenzione viene condotta a
Loro progressivamente e quasi a fatica, attraverso un percorso
difficile che lo spettatore è costretto a compiere seguendo
gli sguardi e i movimenti concitati di una piccola folla scomposta,
eccitata e pezzente che si accalca attorno alla capanna.
Su questa atmosfera di devozione popolare,
infatti, il pittore aveva posto i fondamenti della sua arte. Essa
ed altre espressioni simili a questa "piacciono" poco
alla grande generalità di chi sceglie le cartoline di Natale
perché è troppo "povera" in termini di
immagine-apparenza e troppo complessa in termini culturali-rappresentativi.
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