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Un New Deal per l’Europa


Un economista britannico e grande esperto di questioni europee mette in guardia contro i pericoli dell’eccessivo taglio alla spesa pubblica. E contro la possibile futura crisi dell’Ue (disoccupazione, stato sociale, depressione) propone di imparare dall’America anni ’30. Come? Investendo. Cioè finanziare grandi opere comunitarie con l’emissione di titoli europei in Ecu per rilanciare il lavoro e salvare il Welfare state

Il pericolo per l’Europa? Avviarsi ad una crisi come quella degli anni ’30 negli Usa. I segnali ci sono: il peggiore è la difficoltà della potente Germania nel rispettare l’impegno a ridurre il deficit pubblico. Insomma a Maastricht forse non ci arriverà nessuno. L’allarme parte da Stuart Holland, economista britannico, laburista, ex ministro ombra del bilancio e grande esperto di questioni europee. Che in un’intervista comparsa sull’Unità del 13 novembre scorso propone anche una soluzione per evitare di impantanarsi nella possibile futura depressione economico-sociale: imparare la lezione dal New Deal americano. Che con l’emissione di titoli del Tesoro finanziò opere pubbliche, rilancio l’occupazione e costruì il Welfare state. Ecco una sintesi dell’intervento di Holland.

"E’ arrivato il momento di rievocare il paradigma del New Deal americano. Si parla tanto degli Stati Uniti, parliamone per una volta con uno scopo preciso, in modo che sia veramente utile a tutti noi europei. Quando scoppiò la depressione negli anni '30, I'America non uscì dalla crisi facendo leva solo sul mercato unico o sul fatto che gli Stati dell'Unione avessero la stessa moneta. Fece leva sull'emissione di titoli del Tesoro con i quali vennero finanziati le autostrade federali, il progetto idroelettrico della valle del Tennessee, i progetti per superare l'esclusione sociale e costruire il Welfare. Negli Stati Uniti non venne utilizzata la leva fiscale perché in tal caso la domanda effettiva sarebbe calata ancora di più. Bene, all'Europa in marcia verso una depressione economica, che potrebbe anche essere più profonda e diffusa di quella americana degli anni Trenta, non resta che imparare la lezione.

Spieghi meglio qual è la sua proposta.

E' abbastanza semplice, basta applicare ciò che i 15 hanno già deciso e scritto. Il Trattato di Maastricht è stato emendato per mettere l'Unione europea in grado di emettere dei titoli europei in Ecu in modo da chiedere capitale a prestito ai mercati finanziari. Lo strumento si chiama: European Investment Fund. I titoli emessi sarebbero il solo strumento finanziario a disposizione per ridurre la disoccupazione e sostenere una politica anticiclica a livello europeo senza pesare sui bilanci pubblici degli stati membri. Il punto chiave è proprio questo: permetterebbe agli stati di avvicinarsi ai criteri di Maastricht, compenserebbe le strette fiscali ed economiche che se lasciate libere di agire condurrebbero l'Europa allo splash. Sul tavolo ci sono 28 progetti, le famose grandi reti infrastrutturali europee che potrebbero, in prospettiva, ridurre di un terzo la disoccupazione nel giro di alcuni anni. Sarebbe un segnale politico e finanziario molto importante se l'Europa ne finanziasse la messa in opera attraverso l'emissione di titoli in Ecu. Finora nessuno di questi progetti ha catalizzato l'attenzione degli investitori privati. Se si desse il la, probabilmente le cose cambierebbero anche da questo versante. Ciò che impressiona è l'attuale immobilismo dell'Europa di fronte ai rischi provocati dal taglio simultaneo in tutti i paesi della spesa pubblica, cosa senza precedenti nella storia europea. E' questo che sta producendo difficoltà a catena: il cancelliere tedesco non riesce a coprire le spese di bilancio nella misura prevista senza rendere incerto il rispetto dei parametri di Maastricht sul deficit pubblico nel 1997, i disoccupati sono aumentati a 4 milioni, la Francia ha problemi industriali e di occupazione che non si risolveranno che a medio-lungo termine e in Italia si dimostra in piazza contro la tassa europea.

Tutto congiura contro Maastricht, ma i rischi politici ed economici della non partecipazione per qualche paese potrebbero essere superiori ai rischi della partecipazione alla moneta unica. E se la moneta unica fosse rinviata o cancellata, si incontrerebbero difficoltà sui mercati finanziari dove la speculazione è in agguato.

Tutto vero, ma se non si controbilanciano le restrizioni di oggi per rispettare i parametri di Maastricht con una politica economica attiva sarebbe un disastro per tutti. Si parla sempre del famoso rapporto deficit/prodotto lordo, ma questo è solo uno dei problemi. Il vero killer della stabilità sociale ed economica è l'altro parametro, il debito rispetto al prodotto lordo, che deve scendere al 60%: se tutti i paesi che sperano questo limite dovessero raggiungerlo davvero, ciò significherebbe aggiungere dieci milioni agli attuali disoccupati europei che sono circa 18 milioni. Ha ragione Vaclav Havel: sembra che l'Europa sia vittima della sindrome di Monaco, la sindrome dell'immobilismo. Perché farsi del male così?

E' sicuro della buona riuscita dei titoli europei sul mercato del risparmio?

Sicurissimo. Tutto dipende da quanta forza politica, quanta credibilità rappresenta. Il Fondo europeo per gli investimenti prevede altri due strumenti oltre all'emissione dei titoli: per prima cosa le garanzie sui prestiti per piccole e medie imprese, massimo 1 miliardo di Ecu (1500 miliardi di lire - ndr), a tassi di interesse molto bassi, a condizione che chi ne usufruisce crei lavoro poi, dal 25 settembre è possibile acquistare pacchetti azionari di imprese minori per far affluire capitali freschi. Il limite di questa iniziativa è che possono essere investiti .solo 72 milioni di Ecu (poco più di un miliardo di lire - ndr), mentre bisogna salire a un miliardo di Ecu perché l'intervento possa avere un peso. In fin dei conti, le piccole e medie imprese costituiscono il 70% dell'occupazione in Europa.

Cinque mesi fa a Firenze, i capi di stato e di governo hanno bloccato i progetti di finanziamento delle grandi opere europee. L'Europa ha già buttato via questa carta dal suo mazzo: che cosa le fa credere che possa cambiare strada?

E' vero: per colpa di britannici e tedeschi c'è stato il blocco totale, sordità assoluta. Ne parlai a suo tempo con Dini di queste iniziative, quando Dini era il vostro premier. Ne ho parlato recentemente con Prodi. Santer, il presidente della Commissione, è d'accordo. Io penso che la logica dovrà imporsi prima o poi, non posso pensare a comportamenti autodistruttivi. Qui non si tratta di abbandonare Maastricht, si tratta di scegliere le strategie per farla sul serio (...).

Qual è la sua previsione su ciò che succederà da oggi al gennaio 1999?

Senza un intervento concertato tra tutti i governi tale da riaccendere il motore della crescita, la moneta unica non si può fare. Neppure Francia e Germania riusciranno a rientrare nei parametri di Maastricht. Insomma, non è un caso che periodicamente si riaccendano discussioni anche a livello governativo per trovare delle soluzioni a questo problema. C'è addirittura chi pensa che si possano modificare i criteri di calcolo del prodotto lordo facendo emergere l'economia che non viene contabilizzata, I'economia "nera",. Insomma, questo non è serio".

(da L'UNITA' del 13 Novembre 1996)