[LIBRI]


NON E' JACK. Enrico Brizzi, Bastogne, Baldini & Castoldi, pp.208, L.22.000

Uno: Enrico Brizzi E' Senza Dubbio Un Grande Scrittore Potenziale. Due: questo libro è pieno di bellezze e non va bene. Detto l'essenziale, passiamo ai particolari. L'epigrafe che apre il libro di Marziale: Lasciva est nobis pagina, vita proba. Che si potrebbe tradurre, un tantino modaiolamente: scrivo da pulp, vivo da asceta. Poi, a pag.162, nella descrizione di una festa leggiamo: "Dentro, persi nelle musiche di una nuova onda, puoi trovare i presenzialisti dediti allo sci d'acqua e ai vernissaggi, e artisti piuttosto celebri che parlano come tossicomani. Alla festa del mercoledì puoi trovare anche tossicomani piuttosto celebri che parlano come artisti, sbarbe del Dams" eccetera eccetera. Ora, posto che Enrico Brizzi si può considerare un "artista piuttosto celebre", e visto che in Bastogne si dà precisamente a parlare "come un tossicomane", ci pare che qui sia il punto.

Il risvolto di copertina sostiene che Brizzi avrebbe " vinto alla grande la scommessa di confermare il talento mostrato in Jack Frusciante è uscito dal gruppo, con una tensione creativa straniante e magistrale". A noi pare invece che le parti più belle di questo libro (che sono effettivamente molto belle) siano quelle nelle quali si parla di infanzia, di prima adolescenza: quelle più (apparentemente, mica siamo nati ieri) candide e disarmate. "Da cuccioli tiravamo i calci di rigore col pallone supertele. La porta, era disegnata sul muro a vernice bianca col beneplacito del papà di di Dietrich. E il suo apporto tecnico anche: da soli avevamo provato più volte, ma quella veniva tutta storta, ché a parare li in mezzo invece di portiere bellissimo e ragno nero ci si sarebbe immaginato giusto uno storpio dell'istituto degli infelici. Poi, bontà immensa e grida altisuono di ringraziamento da parte di noi cuccioli, il genitore ci introdusse ai miracoli del filo di piombo, indispensabile per disegnare dritti i pali" (p.136). E in una delle pagine finali (pp. 180-183) il personaggio narratore, Ermanno, torna tra i pali ("due mucchietti di camicie e maglioni") in piazza, richiamato da un gruppo di bambini ai quali manca il portiere per parare un rigore difficile.

Ora, non è che per principio respingiamo il Brizzi-pulp (pulp per modo di dire: usiamo la parola per spiegarci alla grossa) e accettiamo il Brizzi-Jack Frusciante: Di più: è apprezzabile il coraggio con cui Brizzi ha scritto un libro che difficilmente piacerà ai più recenti antropofagi e pure difficilmente piacerà al pubblico che si è creato con Jack Frusciante. Checché se ne pensi, questo è un libro progettato a tavolino per l'insuccesso. Ma ci pare che Brizzi dia il meglio di sé nelle pagine ascetiche, e dia molto meno del meglio nelle pagine nelle quali fa "l'artista abbastanza celebre che parla come un tossicomane". Certo: la scommessa del libro è quella di descrivere una sorta di ascetismo alla rovescia: se l'asceta è colui che si perde in Dio (che è un disumanizzarsi), i personaggi di Bastogne vivono nel tentativo continuo di "perdere le sembianze umane residue" (p86) a forza di droghe ed altro. Ma questo semplicemente non funziona: non tiene narrativamente, non è quasi mai credibile (benché ci siano scene e personaggi anche molto belli, come la straziante e commovente morte di un tossico detto "il Cinghiale", pp. 158-159). Il nichilismo non si addice a Brizzi; il nichilismo non può essere una scelta di genere come le altre.

Alcune note sulla lingua: E' interessante, come ci si aspettava, e se non altro il libro sta in piedi come gigantesco esercizio di stile. Colpiscono dei difetti: l'abuso della parola "meravigliose" (sostantivo) veramente invasiva; dell'aggettivo (in realtà tipico di De Carlo, quasi un marchio: fa uno strano effetto) e del verbo "danneggiato" e "danneggiare" ("danneggiata com'è", p. 178; "uno straccio di ragazza ormai danneggiata" e "la danneggiata, questa mezza troia, la punisco", p. 18, a otto righe di distanza); e così via. Tuttavia, per dare un'idea di quanto forte è il controllo stilistico che Brizzi esibisce, basti vedere le pagine (42-50), dove, per presentare il luogo dei fatti (una Nizza totalmente inventata) incorpora senza battere ciglio brani da guida turistica: "Nizza, la nostra piccola patria, era una città della Francia meridionale, capoluogo del dipartimento delle alpi marittime. (...) Di aspetto prevalentemente moderno" eccetera, fino a: "...mentre la presenza dei complessi industriali a tecnologia avanzata e di istituzioni culturali aveva determinato una fulgida presenza giovanile". Quell'aggettivo, fulgida, messo lì, è magistrale.

Per finire: Bastogne è un libro per esperti. I palati raffinati ne godranno le bellezze e ne perdoneranno (probabilmente) le cadute. Da non mettere in mano agli adolescenti.

Giulio Mozzi