[LIBRI]

STRANA PROVINCIA. Ferdinando Camon, La terra è di tutti, Garzanti, pp. 120, L. 22.000

Giovanni Della Valle è davanti la porta di casa, dentro non c'è nessuno, si fruga in tasca cercando le chiavi, non le trova, dove saranno mai? Comincia così, con questo frugarsi in tasca cercando le chiavi "come se fossero microbi e si nascondessero tra le pieghe" (p. 9) il romanzo nuovo di Ferdinando Camon. Nel tentativo di rintracciare le chiavi il Della Valle, giornalista, ricostruisce tutta la giornata: una convocazione dei carabinieri, il pranzo dai cinesi, la visita al nonno, la corsa per vedere il delitto sul quale dovrà scrivere, il passaggio dall'amante, il ritorno in taxi: tutto nei dettagli e in 120 pagine, così che alla fine ciò che prende e colpisce è proprio la velocità. In effetti, l'azione del romanzo dura pochi minuti, forse un paio: un uomo si fruga in tasca cercando le chiavi e pensando a dove può averle perdute. E' difficile tuttavia spiegare perché questo romanzo è bello. Diciamo che dal Canto delle balene in poi la scrittura di Camon sembra aver acquistato proprio una velocità e una leggerezza del tutto nuove, e la vocazione (antica, questa) al grottesco si è mutata in una liberazione della comicità: quella comicità che ad esempio in un romanzo tragicissimo come La malattia chiamata uomo appariva a tratti, a forza, come squarciando una tenda di panno pesante, oggi invece affiora sulla pagina e si dà senza esitazioni. A ciò si aggiungano i dialoghi genialmente surreali che, è vero, mostrano pur sempre l'incomunicabilità tra tutti e con tutti; eppure, la lettura ha un effetto liberatorio. Ad esempio nel dialogo a casa del nonno (anzi del suocero): «"Nonno", "Eh! Chi è?", "Sono io", "E queste?", "Sono le tue assistenti, nonno", "C'è anche la negra?", "Eccola qui, nonno: Tifù", "E' buddista?", "Sei buddista, Tifù?", "Buddha è buono", "Sì, nonno, è buddista. Tifù, dopo ci parliamo un attimo, del buddismo", "Buddismo parlo solo con nonno". (...) "Dovrei domandarti una cosa, Tifù", "E tu domanda", "Ecco, vorrei chiederti di lasciar stare la religione, col nonno. Il nonno ha ottantanove anni, ha fatto quel che ha fatto nella vita, ora non può rinnegare tutto, capisci?", "Io buona con nonni", "Con quali nonni?", "Tutti nonni", "Lo vedo, Tifù, e ti ringrazio", "Io massaggio nonni", "Sei brava, Tifù", "Io racconto storie a nonni", "Quali storie, Tifù?", "Storie", "Tifù, ma tu lavori solo qui o vari anche in altre famiglie?", "Sette famiglie", "E nelle altre famiglie cosa dicono?", "Contenti. Quando racconto storie a nonni, vengono anche bambini"» (pp. 69-73).

In somma, a quasi trent'anni dall'esordio (con Il quinto stato, 1970) e con dieci romanzi alle spalle, Ferdinando Camon non ha perso il fiato: anzi sembra aver trovato una seconda giovinezza narrativa. La terra è di tutti non avrà il peso politico di Occidente, non avrà l'impatto sconvolgente della Donna dei fili, ma è comunque un'ottima narrazione con la quale Camon continua a fare ciò che ha sempre fatto: rappresentare (da sopra, da sotto, da dentro, da fuori) la sua provincia e la sua città. E se i conflitti, vent'anni fa, avvenivano nelle piazze e con le armi, Camon ci rappresentava piazze ed armi; oggi i conflitti sono meno sociali e pubblici e più familiari e privati, e si combattono con le armi del dialogo e dell'inganno; e Camon ci rappresenta il dialogo e l'inganno.

Ferdinando Camon, nato nel 1935 a San Salvaro d'Urbana (Padova), ha pubblicato una decina di romanzi (tutti da Garzanti, tranne Il superbaby, Rizzoli), tra i quali sono particolarmente notevoli Occidente (1975) e Un altare per la madre (1978, premio Campiello). Importanti due suoi libri-interviste con poeti e scrittori: Il mestiere di scrittore (1973) e Il mestiere di poeta (1982). Svolge un'intensa attività giornalistica.

Giulio Mozzi