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C'è la nazionale? Cambio canale

Sta alla larga da panchine velenose o poltrone dirigenziali oscure. Paolo Rossi, il Pablito nazionale, oggi quarantenne, guarda il calcio da fuori. E non gli piace: gioco noioso e violento in campionato, nazionale inguardabile. Ce n'è anche per Sacchi: "Bersagliato dalle critiche? Un po' se l'è andata a cercare...

Campionato mediocre, figlio naturale di un calcio sempre più brutto, confuso, violento, punitivo verso i talenti, bisognoso di cure urgenti. E squadra azzurra peggio di Lino Banfi in tv: vien voglia di cambiar subito canale. Perciò sarebbe opportuno cacciare il conduttore: Arrigo Sacchi va sostituito presto e bene, la Federazione non tentenni.


Paolo Rossi, il Pablito nazionale oggi splendido quarantenne (per dirla con Nanni Moretti), parla di pallone con la tranquillità di chi ha scelto di stare alla larga da panchine velenose e oscure poltrone dirigenziali, di chi insomma il calcio se lo gode (sempre che sia godibile) da fuori. E può permettersi di giudicare senza troppe reticenze, senza le stucchevoli diplomazie a cui l'ambiente, costantemente col fucile spianato, costringe l'addetto ai lavori medio.

Rossi, si diverte col nuovo campionato?

«Finora non tanto. Mi sembra abbastanza mediocre. I valori non sono ben chiari, il Milan padrone delle ultime stagioni appare in declino o comunque in difficoltà. Ne emerge un equilibrio che può favorire incertezza al vertice e quindi maggior interesse, ma in generale non si può dire certo che lo spettacolo offerto sia altissimo».

Indizi di uno sport in crisi?

«Eh, effettivamente ci sono un bel po' di problemi. Il gioco è oppresso da troppe scorrettezze e da pochissimi spazi in campo. Ormai è da qualche anno che si lancia il grido di allarme: si gioca in trenta-quaranta metri, chi costruisce non ha il tempo di pensare, la tecnica individuale è penalizzata. Forse è arrivato il momento di prendere contromisure».

Quali?

«Penso per esempio alla modifica della regola del fuorigioco. Gli organismi internazionali potrebbero decidere di limitare l'off-side all'altezza dell'area di rigore. In qualche modo, insomma, si dovrebbe "allungare" il campo per chi vuol costruire gioco. Così si vedrebbe un po' più di calcio. Che oggi ci sia poco spettacolo è un dato di fatto, e non un luogo comune. Lo dice la gente che va allo stadio. E io sono pienamente d'accordo: su dieci partite, nove sono da buttare».

Ha accennato ai troppi falli. Sportività fuori moda?

«Non so, ma sono sicuro che l'affollamento di giocatori negli spazi ristretti favorisce il contatto fisico duro. Poi a questo si aggiunge l'uso del fallo sistematico come mezzo di annullamento dell'attacco avversario. E il gioco si spezzetta, si imbruttisce ulteriormente...».

A proposito. Ha notato il provincialismo? Da noi quando ci si mena di brutto in campo si dice che il gioco è all'inglese, poi Ravanelli e Vialli vanno in Inghilterra e scoprono che lì sono molto più corretti, non usano il fallo come mezzo di intimidazione o ripicca, rispettano gli avversari, eccetera.

«E il pubblico torna a casa soddisfatto con maggior frequenza. Semplicemente perchè lì giocano più "aperti", con meno tatticismi».

Divertirsi: parola tabù quando si guarda la nazionale azzurra.

«Questo è un punto dolente. Inutile invocare il livellamento del calcio internazionale, la verità è che Moldavia e Georgia, le nostre ultime due avversarie, erano squadre assai modeste. E noi abbiamo fatto una figuraccia. Faccio fatica ormai a seguire la nazionale: gioca così male che dopo un quarto d'ora cambio canale. Non so, forse è un fatto generazionale, c'è un calo di talenti. Comunque la squadra azzurra è davvero messa male».

Sacchi è diventato il problema numero uno.

«Se l'è andata un poí a cercare. Quella sua presunzione di voler far funzionare gli schemi prescindendo dagli uomini, quelle antiche promesse di spettacolo mai mantenute: tutte cose che l'hanno bruciato nei confronti dell'opinione pubblica. E poi certe scelte tecniche che sono risultate incomprensibili anche a noi, agli addetti ai lavori: tutti quei giocatori fuori ruolo, certi talenti sacrificati...».

Uno di questi sembra Chiesa, negli ultimi tempi.

«Lui è uno attualmente uno dei migliori attaccanti europei. Bisogna lasciar spazio, far esprimere gente come lui in campo. Bisogna insomma tornare a sfruttare le qualità dei giocatori».

Paolo Rossi dunque favorevole al licenziamento del commissario tecnico.

«La Federazione non può essere ambigua, non può tentennare. Sacchi non è il responsabile di tutti i mali, ma i nostri dirigenti hanno il dovere di prendere in mano la situazione. Chi dovrebbe andare sulla panchina azzurra? Uomini esperti, equilibrati, vincenti. Si parla tanto di Zoff, ed è un buon nome. Sicuramente sarebbe adatto anche Trapattoni. A me poi piacerebbe tanto Lippi, tecnico per me di primissimo ordine. Ma è impegnato con la Juve».

Dal toto-città al toto-campione. Quale giovane le piace di più?

«Totti, la mezzapunta romanista, ha ottimo talento. Montella, attaccante della Samp, è molto interessante. In generale i ragazzi della nuova Under 21 sembrano di buon livello. Per il futuro sono meno pessimista».

Meno male. Il calcio italiano ha bisogno di sorrisi.

Claudio Trabona