[LIBRI]


Mauro Giacon
L'ultimo Ayrton (pag. 38-40)

Ma lui non si muove e le braccia gli penzolano fuori, inanimate.

Passa qualche secondo, non arrivano i soccorsi. Poi due commissari rovesciano la macchina, di colpo. «Così lo ammazzano» penso. Ecco l'ambulanza, un dottore si butta sopra di lui, gli sfila il casco, cerca di rianimarlo. Passano secondi che sembrano interminabili. Barrichello non esce dalla macchina. Nemmeno provano a sollevarlo. Ho paura.

In quel momento arriva la Williams di Senna. La vettura di Rubens si è fermata a una decina di metri dalla chicane. Ayrton si accorge subito che si tratta della macchina del suo amico.

Alza la visiera e passa pianissimo, quasi fermo, a pochi centimetri dal dottore, chino su Rubens. Si sporge dall'abitacolo per cogliere un cenno, cerca quasi di liberarsi dalle cinture di sicurezza, e gira il collo quanto più gli è possibile. Poi si allontana velocemente verso i box. Dopo qualche minuto finalmente estraggono il pilota dalla vettura e lo adagiano su una barella. Vedo un dottore reggere la flebo. Lo shock aumenta. «Il presidio medico dell'autodromo è a pochi metri, faranno presto a visitarlo» mi dico.

Per fortuna tutto si risolverà per il meglio, ma non dimenticherò facilmente lo sguardo di Ayrton, sconvolto e addolorato come chi non aveva potuto far nulla per evitare quello che era successo; lui che più tardi salterà tutte le reti di recinzione per sapere come stava Rubens dal dottor Piana, il responsabile del centro medico.

Alla fine delle prove è ressa dietro il box Williams. Almeno cinquanta giornalisti accerchiano Ayrton, vogliono sapere le sue impressioni sulla pole provvisoria e sull'incidente a Barrichello.

Maglietta rossa e inseparabile berrettino, il brasiliano parla piano, quasi sottovoce. Cerco di avvicinarmi per fotografarlo, ha l'aria stanca e abbattuta. Si vede che non ha voglia di conversare. Si prende delle lunghe pause tra una frase e l'altra e guarda fisso i suoi interlocutori. Afferro qualche parola: «Ci sono folate improvvise di vento proprio dove è uscito Barrichello... La sicurezza dei circuiti? Quella è sempre relativa, ma non importa, andiamo avanti lo stesso. Io quando ne ho parlato, ho avuto problemi e ho capito che è meglio che stia zitto».

Mi tengo pronto non appena avrà finito. E' il mio momento. Ho già fatto sviluppare le foto che gli ho fatto il giorno prima, allo Sheraton. Voglio mostrargliele, magari me le firma. All'improvviso la muraglia umana si apre, Ayrton ne esce a grandi passi, come infastidito.

Gli vado incontro lo stesso con le foto in mano: «Ayrton, ti ricordi ieri?» Mi guarda serio, prende la penna e mi fa un autografo. E' l'unico, poi scappa via. Resto come in trance, riesco solo a pensare: ma allora mi ha riconosciuto... mi ha riconosciuto... E poi ce l'ho fatta, ho il suo autografo sulla foto che gli ho fatto io, non mi sembra vero.



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