Mazurca di periferia (versione 2.0)
di Davide Bregola
Davide Bregola abita a Sermide (Mantova) e ha 24
anni; lavora a contratto stagionale con le Ferrovie dello stato.
Ha pubblicato alcuni racconti in diverse fanzine e uno
nel manifesto del 20 aprile 1996 («Omar vota "fetta"»),
nell'inserto Gli scrutatori confezionato in vsita delle
elezioni; altri due racconti appariranno nel'antologia Coda,
di prossima pubblicazione presso Transeuropa. Si considera un
amante di Rabelais e la sua ambizione segreta è riscrivere
le Bucoliche di Virgilio in chiave postmoderna... [Nota:
il "Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei
cerchi intorno ad un sasso che cade nell'acqua" è
un'opera del 1969 di Gino De Dominicis.]
Metti il caso di abitare in un paese che tutti considerano periferia,
metti il caso che il paese sia invaso da una distesa di terra
così ampia da attraversarla in bicicletta con fatica, di
considerare un viaggio in macchina (tra le mille stradine di terra
battuta o d'asfalto bucato dal freddo invernale e ramarri che
attraversano indisturbati, fagiani maestosi e lepri dalle dritte
orecchie sobbalzare al minimo rumore), alla stregua di una gita
nel paese delle meraviglie, con colori che nemmeno il Corel Draw
riuscirebbe a riprodurre, e pensare che i Bit, gli zero e gli
uno, sono una gran bella scoperta e tutto quanto, ma gli atomi,
quelli rimangono sempre una meraviglia di miracolo saltato fuori
da chissà dove, da combinazioni e casualità che
nemmeno la logica Fuzzy riuscirebbe a risolvere.
E allora la notte, magari sospesi nell'afa di un giorno d'agosto
vicino alla battigia del fiume con a fianco la ragazza che considerate
la vostra musa ispiratrice, la vostra ventata di cellule che fanno
aprire la mente come se ad un computer 486 a 33 Mhz metteste una
scheda madre con Pentium 100 e 256 megabyte di RAM, vedete due
stelle nel cielo buio, e vi immedesimate talmente in queste due
stelle da diventare loro, due stelle parlanti, voi e la vostra
musa, parlare e dire che il sole col tempo, milioni di anni, diventerà
talmente grande da inglobare tutto il resto, e ad un tratto restringersi
e comprimere gli atomi a causa della troppa energia e diventare
una comune sfera di atomi compressi con dentro tutto il sistema
solare, compresso a tal punto da pesare milioni di tonnellate
senza però occupare spazio.
E voi, stelle, rimanere confuse dopo questa affermazione, e provare
paura, paura di stella perché pensate già alla fine
che potreste fare se questo si avverasse.
E ancora, metti che dal fiume e dall'agosto e dalle stelle vi
allontaniate, prendete un'altra strada, in un altro giorno, un
giorno qualsiasi sempre radicati alla terra in cui state vivendo,
in periferia, con un sottofondo di mazurca, una mazurca di periferia,
e in un giardino mettervi ad osservare i frutti, le albicocche,
nate grazie al sole e alla pioggia, e alla terra fertile e a mani
sapienti che ne hanno curato l'albero, e notare la loro forma
tondeggiante, poi guardare le prugne, pure esse tondeggianti,
e le mirabelle, e l'uva quando sarà pronta, e riportare
la mente alle stelle, alla terra, al sole, alla luna, agli atomi
e agli elettroni che girano intorno al suo nucleo, e dire: "Beh,
ma allora tutte queste rotondità non sono un caso, tondo
è il seno materno, tondo è il seno delle donne,
tonda è la pancia della mamma che aspetta il bambino, tondo
sono tante altre cose...", e questa semplice constatazione
vi fa pensare chissà perché al trascendente, allo
spirito che a quanto pare, potrebbe benissimo essere tondo, perché
no, nessuno ha mai provato il contrario, ed inevitabilmente arrivate
a pensare a Dio, al dio buono, ma del quale avete ancora soggezione,
che non sentite ancora vostro perché vi basta vedere la
natura che già di per sé è divina e per quanto
vi riguarda potrebbe benissimo essere Dio.
In questi momenti la cosa si fa sempre più difficile, e
il più delle volte ne uscite confusi, con la sensazione
di non sapere niente di niente del mondo e delle persone che lo
abitano. Stop, fermatevi per un momento, dedicatevi a qualcosa
di concreto, di pragmatico, magari un buon lavoro, un sano lavoro
manuale farebbe al caso vostro.
Trovate il lavoro che ci voleva, lavorate, usate le mani, le sporcate,
le lavate, le sporcate di nuovo, parlate con persone di cui ignoravate
l'esistenza, voi, venuti direttamente dalla scuola, non sapete
nemmeno cosa vuol dire non avere mai preso in mano un libro, non
sapete nemmeno cosa vuol dire non essersi mai appassionati ad
un romanzo, ad un gruppo musicale, ad un film, ad un regista.
Forse nel mondo del lavoro scoprite anche questo, e dapprima vi
lascerà sconvolti questa cosa, poi ci fate l'abitudine,
anzi, rientrerà nella normalità, e accetterete questo
ritenendolo uno dei modi possibili di vivere.
Si può vivere in ogni condizione, dunque, anche non conoscendo
questo o quest'altro, si può vivere bene, dunque, anche
sapendo usare il tornio, sapendo smontare e rimontare attrezzi,
apparecchi tecnologici, motori a scoppio.
Si può, dunque, fare andare avanti questo mondo anche senza
usare il computer, anche senza sapere cosa sono i clock, i bit,
le Ram o il Corel Draw, si può fare andare avanti questo
mondo, questa periferia, questa mazurca con l'intelligenza acquisita
lavorando, usando braccia, sprecando energie e sudando. Si può
fare tutto questo, ma per migliorare la qualità di questa
vita, è necessario conoscere e impiegare le nuove tecnologie
come se fossero comuni strumenti, mezzi, non fini.
Metti il caso di poter dire a giorni alterni: "Questo è
il più bel giorno della mia vita", magari urlato in
solitudine, dopo una serata trascorsa con la propria musa, oppure
in un giorno di meditazione assoluta, magari in un giorno in cui
s'è guardato schiudersi un intero campo di rosolacci, magari
il giorno in cui per la prima volta s'è fatto l'amore con
la persona amata o nel giorno in cui avete pensato di essere immortali,
o pensato la sera, prima d'addormentarvi con le membra stanche
dalla fatica, o pensato davanti ad un quadro di un museo o dopo
aver letto qualcosa d'importante.
Metti il caso che lungo una delle mille strade in terra battuta
o d'asfalto bucato dal freddo invernale, i silos prendano vita,
ed inizino a volare, a diventare missili che sfrecciano al crepuscolo,
tra rossi e arancio, tra orizzonti opachi o volte del firmamento,
e su uno di questi possiate salire, e sfrecciare lungo le rive
dei fossi, a tutta velocità, con le orecchie che fischiano
e gli occhi che tendono a chiudersi, e salire, salire in alto,
salire e arrivare oltre il paese, oltre la terra, oltre gli uccelli
che volano alti, salire dove c'è freddo, dove c'è
buoi, ed avere paura di cadere giù e maciullarsi al suolo,
e sentire la sensazione di vuoto nello stomaco, d'un tratto perdere
propulsione e cadere in picchiata, ma nel momento dell'impatto,
svegliarvi e ritrovarvi nel comodo letto di casa, tra comodità
e persone amate.
Giorni come questi capitano a tutti e tutti i giorni, giorni in
cui aprendo un catalogo d'arte, incappate nel "Tentativo
di far formare dei quadrati invece che dei cerchi intorno ad un
sasso che cade nell'acqua", e per questo correte al fiume
e state ore a tirare pietre, a simulare un tentativo che sapete
fallito in partenza. Poi a casa prendete la Polaroid e...
Prima istantanea: Oggi Giovedì sono andato al Fiume, ho
chiesto ad un pescatore se poteva farmi una foto con la mia Polaroid;
mi sono seduto vicino alla riva, ho preso una pietra, l'uomo era
alle mie spalle, gli ho detto: io lancio la pietra, quando arriva
nell'acqua e fa cerchi, lei scatta la foto.
Sono uscito in bianco e nero, di spalle, con canne palustri alla
mia destra e l'inconfondibile forma dei cerchi concentrici nell'acqua.
Seconda istantanea: Ho provato a riprodurre dentro ad un catino
i cerchi tondi che si formano in acqua; ho riempito un grande
catino azzurro e di forma rettangolare con acqua, ho lanciato
una moneta al suo interno, ho scattato la foto. E' uscito un risultato
che non avevo previsto: si vede il catino - a colori -, e l'acqua
al suo interno, la moneta è sul fondo, si nota, ma è
leggermente sfuocata. Dei cerchi non v'è presenza. La foto
ha fermato un istante della realtà che non corrisponde
al vero. Così potrei benissimo affermare che si son formati
dei quadrati che sbattendo sulle pareti del secchio a forma di
parallelogramma, si sono annullate. Il mio tentativo di formare
dei quadrati è riuscito, anche se ho usato un artifizio.
Morale: posso affermare, dati alla mano, anche il falso, importante
è trovare chi mi crede.
Diciamo che se si riesce ad infiorare per bene la storia, qualcuno
può anche cascarci.
Succede poi che un amico mi faccia conoscere un fiore a me prima
d'ora sconosciuto, l'enothera o anothèra che dir si voglia,
mi fa: "C'è un fiore fantastico, lo devi vedere assolutamente,
si chiama enothera... se vuoi venirlo a vedere è nel mio
giardino, questo fiore di giorno è lungo e affusolato,
chiuso in se stesso, color delle nocciole, al tramonto inizia
ad aprirsi, piano piano, senza fretta, tanto sa che il suo corso
lo farà con sicurezza. Piano si schiude, e nel mentre gira
su sé stesso, poi ad un tratto divampa, si apre ed un rosso
pistillo fuoriesce insieme ai petali folti e rosa, quasi bagnati.
La sua fioritura dura una notte intera, poi inizia ad appassire
e cade. Devi venire a vederlo, pensa al simbolo che ci sta dietro,
pensa al fuoco che divampa, pensa alla natura, alla flora, alle
donne, al pistillo...pensa..." conclude estasiato con gli
occhi tali e quali a quelli di persone che giurano d'aver visto
la vergine Maria. Tali e quali.
Dovrò andare a vedere l'enothéra, dovrò ancora
vedere molte cose. Non c'è fretta, se devono succedere
è inutile forzarle. Nel momento esatto in cui stanno accadendo,
vuol dire che quello è il momento giusto.
Come quando avete scoperto di riuscire a capire di chi potete
fidarvi e di chi no, li avete guardati dritti negli occhi, gli
uni e gli altri, li avete fissati, una, due, tre, quattro volte,
poi avete pensato, avete fatto passare del tempo, a partire da
quando bambini guardavate vostra mamma e vi fidavate dei suoi
occhi, come quando per la prima volta dovevate fidarvi di una
persona diversa da lei, come quando avete cercato di vedere negli
occhi di questa persona un orizzonte simile, uno sguardo, un atteggiamento,
un sentore che si poteva avvicinare allo sguardo di vostra mamma,
poi avete pensato esclamando "Si! ci siamo, ora ho capito."
E quello era il momento giusto per capire che avevate capito.
Però, che strano, il vostro amico vi vuol fare vedere l'enothéra
e a casa ha installato su disco fisso Sin City 2000. Dice: voglio
riuscire a costruirmi una città ideale, voglio fare una
città come dico io, con le case e i prati e la terra incolta
o selvatica dove dico io, voglio fare le industrie fuori dai centri
abitati, e fare negozi che da noi non ci sono, voglio fare e disfare,
e mi accontento di vedere tutto su computer. Quando sono stanco
demolisco tutto, quando non ne posso più di Sin City, basta
un comando e lo elimino: Deltree e tutto scompare.
Ma come - ribatto -, hai un giardino reale, hai l'enothéra,
le rose le spighe ed il verde e desideri surrogati? Non mi torna
qualcosa...
Poi il discorso si blocca a mezz'aria, sospeso come un palloncino
riempito d'elio da qualche giorno.
Se bastasse un Deltree, se bastasse un comando di Dos, se bastasse
questo per eliminare qualsiasi cosa che non va, sicuramente riuscireste
a fare del male comunque, riuscireste, riusciremmo a cancellare
anche ciò che deve rimanere. Di questo ne siamo convinti.
Tu ad esempio - faccio col mio amico -, tu, se tu avessi a disposizione
un Deltree, da digitare quando vuoi, in qualsiasi momento della
tua esistenza, un Deltree che ha il potere di cancellare, di
rimandare qualcosa che non vuoi che si verifichi in quel momento,
dove lo useresti?
Non so - mi ha risposto -, ci devo pensare, quando avrò
la soluzione te lo dirò.
A distanza di un anno deve ancora rispondermi. E per fortuna che
non ha girato la domanda a me, altrimenti ero nelle stesse condizioni.
Come quando gli ho chiesto qual è la cosa che più
gli da gioia, mi fa: dipende, ho leggeri sprazzi di gioia che
tendono a svanire, a depositarsi nel fondo e non smuoversi più,
dipende, per avere gioia devo sempre tenermi pronto a sostituire
una situazione con un'altra, altrimenti tutto diventa stucchevole.
Mi ricordo una volta che sono state gioioso per giorni. Ero alla
finestra di casa mia, guardavo un uomo che con una sega elettrica
tagliava dal tronco un pioppo bianco che mi copriva la visuale,
stava tagliando un pioppo che con i suoi rami e le sue foglie
non mi permetteva di vedere la strada, oltre.
Il tempo di constatare che in strada non c'era mai niente di nuovo,
e avrei dato chissà cosa per riavere l'albero che almeno
con i cambi di stagione mutava; le foglie crescevano, le foglie
si rinverdivano, i rami crescevano, le foglie diventavano color
del pongo mescolato poi cadevano. Basta.
Faccio spesso domande di questo genere al mio amico per avere
almeno un'idea su cosa dire o non dire nell'eventualità
dovessero chiedere a me qualcosa di simile.
Venerdì: istantanea numero tre. voglio immortalare il momento
esatto in cui si accende il lampione che illumina il parcheggio
che sta' di fronte a casa mia, voglio vedere quando con la sua
luce inizierà a diventare la metafora di un sole per le
falene, il mio occhio è diventato uno zoom, il mio occhio
destro è talmente fisso sul lampione da lacrimare, ma appena
la soglia di luce farà scattare la fotocellula...click!
scattato.
La metafora fissa sarà un sole per miriadi di insetti e
falene.
Vi capita a volte di essere eccessivamente crepuscolari, in quei
momenti potreste benissimo fare istantanee ad un lampione, mentre
in altri giorni, specialmente quando il sole è una lampada
alogena su base azzurra, la vostra felicità è incontenibile,
e capita di sentirsi gli esseri più felici del mondo viaggiando
in auto, con a fianco il fascino invisibile che la vostra ragazza
emana, un fascino che nasce dall'assenza di ragioni per cui si
dovrebbe rimanere affascinati.
Dici: andiamo a fare un giro per le stradine dei paesi, delle
frazioni, dei borghi...
Dice: va bene, andiamo...però voglio perdermi...
Dite: è difficile perdersi in questi luoghi così
circoscritti.
Dice: vedrai che invece riusciremo...mettici un po' di fantasia,
inizia a parlare senza pensare dove stai svoltando, parla e dimentica
la strada che hai fatto in precedenza, parla e cerca di destrutturalizzare
lo spazio.
Sarà, eppure funziona. Riuscire a perdersi nei luoghi d'infanzia,
è più facile di quel che si crede, ma il bello è
che poi si riesce in fretta ad orientarsi, e il ritorno a casa,
mano nella mano è un ritorno felice. C'è sempre
un punto di riferimento, un camino, una casa, una strada, una
pianta od un sole che vi danno la certezza di essere sulla via
giusta.
No, dico, non si sta parlando del centro del mondo, non si sta
parlando di estraneamento, si sta parlando di vita e di entusiasmo,
si sta parlando di curiosità e di arricchimento, si parla
di tecnologia e di amicizia, di amore e di meraviglie e di colori
che si vedono, di rotondità e di strade (di fili se si
guardano dall'alto).
Metti il caso che il paese, se lo giri di notte, è una
scatola aperta, giri a piedi, in bicicletta, in macchina o come
vuoi, e vedi case, saracinesche abbassate, lampioni e fari che
illuminano i monumenti dislocato qua e là, vai sull'argine,
una brezza afosa ti inumidisce la pelle, ti orienti con le curve,
il sottopassaggio del ponte, le case a ridosso del greppo, arrivi
nel punto in cui un grosso albero di quercia precede una discesa,
la percorri stando attento a non beccare tutti i buchi che la
terra battuta forma a contatto con l'acqua piovana e con il passaggio
di mezzi in movimento, arrivi sulla sabbia, se sei in auto o in
bici devi per forza fermarti e metterle giù, devi proseguire
a piedi, vedi quattro falò e in ognuno di essi ci riesci
a distinguere delle sagome, riesci a sentire delle voci allegre,
che cantano, che fischiano che discorrono ad alta voce, ti togli
le scarpe, cammini con i piedi nudi, ti viene voglia di fare un
grosso respiro, inspiri tutta l'aria che riescono ad accumulare
i tuoi polmoni, guardi in terra, guardi il cielo, camminando vedi
una coppia di giovani con il viso rivolto verso l'alto, questi
due giovani credono di essere stelle, si sono immedesimati a tal
punto che una luce fioca è comparsa al di sopra delle loro
teste, una luce tonda, simile ad una aureola pulsa su di loro,
cerchi di camminare piano per non disturbarli. Si amano, lui sicuramente
considera lei la sua musa, si vede da come le tiene la mano.
Sei contento, felice di essere li a condividere momenti. Scintille
partono dai falò ed arrivano in alto, svaniscono e ricadono,
sono piccoli lampi di luce che vogliono diventare stelle.
C'è vita dunque, c'è vita in periferia, anzi, nella
periferia della periferia, vicino al fiume c'è un brulichio
di sentimenti, sensazioni, profumi e atmosfere che rendono i margini
vivi più ancora della vita. Constatato questo te ne puoi
ritornare a casa, ripercorri il tragitto iniziale, risali sull'argine,
lasciando la quercia alla tua sinistra. C'è vita, pensi,
c'è vita in ambienti dove nessuno immaginerebbe ci fosse.
Non sono solo, dici, e pensi ad una domanda che potresti fare
al tuo amico: Ti piace star solo?
A volte, ti risponde lui il giorno dopo, a volte mi piace star
solo e stupirmi di tutta questa solitudine, stupirmi a tal punto
che l'unica soluzione è uscire, in mezzo alla gente, in
mezzo agli amici, in mezzo alle amiche, e parlare, parlare, raccontarci
storie e ridere.
Bello! - continui -. Il segreto è stupirsi di tutto, avere
sempre lo stupore stampato sul viso, stupirsi se mentre camminate
una lucciola si attacca alla vostra camicia e appena sente che
è il momento prendere il volo e posarsi tra ranuncoli e
bocche di leone, stupirsi quando accendendo il computer si possono
vedere immagini animate, stupirsi se...
Poi salutarsi e tornare a casa.
Metti che un giorno iniziate a pensare qualcosa da ricordare,
qualcosa che vi faccia tenere a mente il momento che state vivendo,
il luogo in cui lo state vivendo. Come fare?
Intorno a voi c'è silenzio, soffermate lo sguardo su un
portafiori dell'ottocento, bucherellato da termiti nel corso degli
anni, sopra ad esso c'è un vaso, o meglio, è una
bottiglia blu che conteneva detersivo, per l'occorrenza è
diventato un vaso per fiori di PVC, ossia bottiglie che sono state
riciclate e fatte diventare fiori, basta tagliare a metà
una bottiglia di plastica, prendere la parte in cui c'è
il tappo e quello è già il pistillo. Tagliando a
strisce la plastica, diventa dei petali, con un fil di ferro si
può fare lo stelo. Quel vaso e quei fiori sembrano una
composizione pop. E' tutto molto bello.
Aprendo l'obbiettivo, si vedono le finestre di casa, sono aperte
per creare un po' di corrente tra una stanza e l'altra che vi
dia un po' di respiro. Sotto a casa vostra, nel parcheggio in
cui c'è il lampione che avete fotografato nel momento dell'accensione
ci sono alcuni giovani e al di là della strada alcune pannocchie
aspettano, attendono di essere tagliate.
Non si vede altro, lo zoom non riesce a distinguere più
nulla, c'è troppo buoi, ma tendendo l'orecchio, trattenendo
il respiro per percepire meglio i suoni, si sente un sottofondo
musicale, che trasportato col vento si distingue: è una
mazurca, una mazurca suonata da persone o uscita da un apparecchio,
è una mazurca di periferia, che suona per voi, per noi,
per loro, suona e arriva in tutte le case, entra per le finestre,
segue il vento. Spegnete l'alogena, ora c'è solo lo schermo
azzurrato del computer che illumina la stanza.
Fine della sessione di lavoro? pensate.
No, è ancora presto, voglio ancora godermi questa mazurca
di periferia, non voglio andare a letto ora, non voglio andare
a letto, ci sono troppe cose migliori da fare che stare a dormire
in un letto.
Metti che poi succederà tutto quello che avete raccontato
finora, o magari è già successo, chi lo sa!
E ancora vi chiedete: Fine della sessione di lavoro. I casi sono
due o scegliete Ok cliccando col mouse, oppure dite Annulla, e
tutto proseguirà come prima.
Per il momento è meglio annullare, cliccare su annulla
per rimanere così, allo stato attuale delle cose, senza
cambiamenti e tutto il resto, ma arriverà il punto in cui
bisognerà per forza di cose digitare su okay, allora non
si sa, forse le cose cambieranno, ma cambieranno con i vostri
occhi ben attenti sul video, magari stupiti, e allora il caso
ha voluto che voi abitaste in periferia, dove il sottofondo di
una mazurca fa da colonna sonora alla vostra serata ed alla quiete
che precede il sonno, ma non fate nemmeno in tempo ad accorgervi
dove siete che è già arrivata mattina.
(Sermide, agosto 1996)