Quello degli artisti nei confronti del lavoro è un intresse che ha spesso avuto una componente fondamentalmente "poetica", anche quando l'argomento sia ricco di istanze sociali forti. Infatti, non di rado, è l'aspetto più drammaticamente legato a condizioni di sofferenza che viene ad essere evidenziato nell'opera d'arte, e non soltanto perché questa è, del lavoro, l'immagine più emergente anche nella realtà, specialmente, com'è ovvio, in quello più umile e faticoso. E' dalla elaborazione poetica del mondo della gente che lavora che nascono, già all'inizio del Seicento, dipinti come "La Friggitrice" o "L'Acquaiolo di Siviglia" di Velàzquez. Mestieri umili, innalzati al rango di protagonisti del dipinto, che servono a dare prestigio e vanto ad un grande mestiere di pittore.
Solo da quel momento, con un procedimento di lettura della realtà completamente diverso e nuovo, l'artista viene spesso attratto (e come non potrebbe, lui, interprete privilegiato dell'uomo e del mondo) da un tema esistenziale così profondo e accomunante per l'uomo qual'è quello della biblica condanna del doversi guadagnare il pane col sudore della fronte. Nascono così tele importanti, pregne di significato sociale o anche solamente belle in quanto capaci di esprimere del lavoro manuale ciò che veramente è: duro, spesso insignificante, anonimo, magari avvilente. Uno tra i primi a manifestare un'idea "politica" del lavoro fu Daumier. I suoi, muratori che popolano le "Vie di Parigi", la mattina presto, quando qualche ritardatario della notte, in cilindro e marsina, rientra da feste e concerti, sono gli stessi che, con le loro famiglie, si ritrovano nel "Vagone di terza classe". Le sue lavandaie si affannano a salire scale di case borghesi tenendo per mano goffi pargoli che hanno già, visibile sulle faccine insignificanti, l'imprinting dello stesso destino delle madri e dei padri.
I motivi patetici che in Millet fanno regredire la pittura naturalistica alla condizione di un sogno romantico, scompaiono del tutto dalle immagini delle mondine, al lavoro "Per ottanta centesimi!" , di Angelo Morbelli, del 1895. Pittore legato alla tradizione verista, e pieno di ideali umanitari e socialisti, egli manifesta ciò in cui crede nella rigorosa coerenza dei temi e della tecnica, al pari dell'amico Pellizza da Volpedo, famoso autore dell'altrettanto famoso "Quarto Stato" , del 1901.
La strada è dunque aperta alla triste ed elegantissima
"Stiratrice" di Picasso, del 1904, monocroma
nel fisico come nella sua anima. E a tutta una serie di pittori
ed incisori che, come Käte Kollwitz, esprimono, a
partire dai primissimi anni del Novecento, tutta l'umana compassione
e condivisione nei confronti del mondo operaio.
|