[ARTE]
"Donne nell'arte", seconda puntata

Anne Vallayer Coster

L'entrata nelle Accademie significa per le donne abbattere un'altra barriera. L'accesso istituzionalizzato ai privilegi riservati fino a quel momento solo ai maschi, forniva prestigio, la possibilità di esporre ai "Salon" e quella, remunerativa, di poter insegnare. L'apertura alle donne avviene per la prima volta, sia pure con qualche riserva, da parte dell'Académie Royale di Parigi, su istanza di Luigi XIV, il quale dichiara che l'accoglienza va riservata a tutti gli artisti di talento, senza distinzione di sesso. Nel 1669, infatti, vennero ammesse Geneviève e Madeleine de Boulogne, e, nel 1682, le donne accademiche erano già sette. Ma, evidentemente, nella sua vecchia, Luigi IV divenne più conservatore tal che, nel 1706, le porte dell'Istituzione francese vennero nuovamente chiuse, fatta eccezione per due straniere, l'italiana Rosalba Carriera e l'olandese Margatetha Haverman. E per poche altre, verso la fine del secolo, tra cui Anne Vallayer-Coster.
Né si può dire che la Royal Academy di Londra, fondata nel 1768, si dimostrasse più accessibile: Angelica Kaufman e Mary Moser furono le uniche due donne a potevi partecipare, da quella data, fino al XX secolo. In ogni caso, sia in Francia che in Inghilterra, alla fine del '700 la consuetudine, per tutte le signore di un certo ceto sociale, di essere anche buone dilettanti nell'arte, fece sì che si desse per scontato che "ogni" donna artista fosse una dilettante.
Anche ad Anne Vallayer-Coster fu, quindi, difficile la scalata verso il riconoscimento ufficiale della sua arte. Figlia di un orafo che aveva lavorato presso le arazzerie di Gobelin, si trasferì con la famiglia a Parigi e comincò a dipingere "nature morte", genere di gran moda a partire dal '600. Tuttavia la sua prima opera documentata è un ritratto, del 1762, preannuncio della versatilità della sua arte che troverà conferma pochi anni dopo, quando, nel 1770, Anne presenta all'Académie Royale una "Allegoria delle arti visive" e "L'Allegoria della Musica" (ora al Louvre) che le valsero l'ammissione con l'unanimità di voti dei membri.
I ritratti, i soggetti cosiddetti "di genere", le nature morte, soprattutto, fiorirono, è proprio il caso di dirlo, nelle sue mani. Specialmente nella natura morta essa sapeva trovare inesauribili spunti iconografici : dagli strumenti musicali, alla selvaggina, dalle panoplie ai preziosi servizi di porcellana, ai cibi che, cotti, crudi, fumanti o avanzati sui piatti. Un pianeta di soggetti che dall'umile origine del loro esistere venivano improvvisamente nobilitati e portati alla ribalta sulle tele grandi e piccole della fecondissima pittrice.
Quasi tutte le opere della Vallayer-Coster appartengono agli anni dal 1769 al 1787. Poi la Rivoluzione dettò alla sua fama e alla sua attività una nota d'arresto, sebbene essa continuasse a lavorare ed esporre al Salon, fino all'anno prima della sua morte, nel 1817.
Diderot fu uno dei suoi estimatori e l'appoggio che essa ebbe sempre da parte di una committenza di rango, nonché l'ammirazione di artisti a lei contemporanei è ampiamente giustificata.
lo è in modo particolare, come s'è detto, per la produzione di nature morte che per lei non sono semplice copie dal vero, ma impressionistiche illusioni di una verità sprituale, al pari delle opere dei grandi impressionisti francesi che le succedettero di un secolo. Di lei la critica moderna parla come di una delle pittrici più significatice del genere in Francia, nel XVIII secolo. [foto 2]
Concetto che non si può fare a meno di condividere davanti alla straordinaria "Zuppiera Bianca", accolta con grande entusasmo già da Diderot, al Salon del 1771, che ne elogiava in modo particolare il pezzo di pane. Essa è tutta giocata sulle stupende armonie cromatiche del bianco e del bruno, e su una semplicità compositiva sofisticatissima, degna di un grande "maestro", visto che la parola "maestro" è solo al maschile. Dopo il 1771, l'opera fu proprietà di personaggi eccellenti e venne presentata in diverse mostre relativo alla pittura di natura morta del '700, suscitando ammirazione in ogni tempo. Si tratta infatti, come per altre numerose opere della Villayer-Coster, di una interpretazione molto razionale, quasi illuministica, della realtà. Limpida e libera da stilismi e da maniera.

Giovanna Grossato