[economia]
La ricetta del Word Gold Council per superare la crisi del settore e l’invadenza dei produttori asiatici

Un monitor per l’industria orafa

Il superamento della visione eurocentrica, la promozione dei consumi, nuove strategie di marketing e i "trucchi" del mercato: ecco come le aziende italiane vogliono tornare ad acquisire quote all’estero

Parola d’ordine: rimboccarsi le maniche. Ovvero trovare la strada giusta per uscire da una crisi che mette con le spalle al muro l’intera industria orafa. Una crisi lunga, lunghissima. Che nessuno pensava così drammatica. Niente a che vedere con i periodi di recessione a cui il settore era stato abituato.[gold1] Vale a dire la crisi del ‘74/’75, quella dell’80/’81 e quella dell’83/’84. Acqua passata ma soprattutto tempi rosei in confronto al tunnel nel quale il mondo orafo si è cacciato dai primi anni ‘90 e dal quale non è ancora riuscito ad uscire. A farne le spese è soprattutto il mercato europeo. Gli adulti che hanno acquistato uno o più oggetti in oro sono stati nel ‘95 il 41% della popolazione complessiva europea contro il 42% del 1993. Se andiamo poi a vedere i singoli paesi scopriamo che in Grecia l’incidenza di acquisto è passata dal 48% nel ‘93 al 38% nel ‘95. Anche per la Germania le cose non vanno tanto meglio con un 36% nel ‘93 trasformatosi in 32% nel ‘95. Un punto lo guadagna invece la Spagna che nel ‘95 è a quota 42% contro il 41% del ‘93. Idem per la Francia che dal 37% del ‘93 passa al 38% lo scorso anno. Unico astro nascente la Gran Bretagna dove il 53% dell’83 diventa un sorprendente 63% nel ‘95. Per l’Italia invece si può parlare di una vera e propria caduta in verticale. Se infatti nel ‘93 l’incidenza di acquisto era pari al 46%, nel ‘95 è scesa al 37% con uno scarto del 9% in soli ventiquattro mesi. Frutto della crisi interna (come del resto anche in Grecia e in Germania) che spinge la gente ad essere più cauta nello spendere. Almeno per quanto riguarda un bene voluttuario come l’oreficeria.
Il quadro europeo, così come è stato dipinto attraverso i dati forniti da una ricerca del World Gold Council, non è per niente roseo. Calo nell’incidenza dell’acquisto, calo della domanda interna, in alcuni casi calo anche dell’export che risente non poco delle differenze di dazi doganali, più alti in Europa, più bassi, quando non addirittura dimezzati in altri paesi, Stati Uniti in prima fila. In più, ciliegina sulla torta, ad incombere come un fantasma sull’Europa c’è tutto un universo emergente. India, Cina, Indocina, Giappone, vale a dire tutti quei paesi che fino a ieri erano considerati Terzo o Quarto Mondo e che invece ora si avviano prepotentemente ad insidiare il Primo. Manodopera a basso costo ai limiti dello sfruttamento, bassissimi costi di gestione delle imprese che risparmiano sulle norme di sicurezza. E a fronte di questo una tecnologia avanzata che non ha nulla da invidiare alle più grandi aziende europee. In più una gran voglia di rivalersi su quell’Occidente che solo fino a pochi anni fa li ha condannati alla miseria più nera. Fattostà che questo universo sta emergendo con prepotenza. [gold1] E lo si vede dall’aumento di presenze alle Fiere più importanti del settore, da Basilea a New York, dagli appuntamenti europei a Las Vegas. Segno che il mercato orafo di domani non sarà più quello di ieri con annessi certezze ad equilibri. Come dire che queste nuove aree produttive potrebbero (e in parte sta già accadendo) «rubare» fette di mercato all’industria orafa europea. In più il consumatore sta cambiando. Cambiano i gusti, le preferenze delle nuove generazioni, cambia il modo di accostarsi al prodotto orafo. E di fronte a questo si intuisce che anche quello che era considerato un baluardo inespugnabile, vale a dire il «made in Italy», rischia di vacillare magari sotto i colpi di un «made in Cina».
Scenari confusi, dunque, dove i cambiamenti, anche socioculturali oltre che economici, sono veloci. E’ anche per questo che il World Gold Council, l’organismo che studia e promuove i consumi dell’oro a livello internazionale, ha dato vita ad un progetto più che mai interessante. E’ nato così il «monitor» targato Word Gold Council che ha come obiettivo quello di fornire agli operatori del settore studi, ricerche, analisi, dati e dettagli per capire il mercato internazionale. Come? Cercando di interpretare quello che ora appare poco chiaro. Vale a dire che strada imboccheranno mercati, consumi, marketing. Senza trascurare i gusti di un consumatore che sembra allontanarsi sempre di più da quegli stereotipi che fino a ieri rappresentavano una certezza per tanta industria orafa. A cercare di destreggiarsi in questa giungla sarà un gruppo di studio (composto da esperti a livello internazionale) che svolgerà ricerche e sondaggi utili ad orientare gli operatori su eventuali strategie d’impresa. E qui si affaccia un concetto chiave per il futuro, quello della globalizzazione del mercato. Vale a dire il superamento della logica che è stata definita «parrocchiale», che vincola cioé troppo un prodotto ad una visione eurocentrica, quando non addirittura italocentrica, impedendo di cogliere le reali esigenze di altri mercati in altri Paesi. Sta all’Europa saper offrire le giuste risposte.

Anna Madron