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Una ricerca sui sistemi di piccola e media impresa del Nordest

Cosa sono i distretti industriali

I riferimenti più comuni all’economia del Nordest assumono implicitamente l’idea di un insieme geografico omogeneo, il cui carattere emergente è la presenza di piccole dimensioni di impresa e di un artigianato diffuso.

In realtà non è difficile mettere in evidenza le profonde diversità che caratterizzano il paesaggio economico e sociale di questa regione. Con alcune situazioni che, al limite, sembrano la negazione dello stereotipo oramai consueto sul Nordest.

A Trieste e Bolzano, ad esempio, la base industriale è piuttosto debole, mentre primeggiano attività di tipo terziario nelle quali assume un ruolo rilevante il settore pubblico.

L’area di Porto Marghera e, più in generale, del capoluogo veneziano ha per lungo tempo rappresentato la via veneta all’industrializzazione "fordista", contraddistinta da produzioni di base, economie di scala interne agli impianti e dipendenza da decisioni e finanziamenti a "comando politico".

Il Polesine è ancora oggi, in gran parte, un territorio agricolo e nel quale anche i più recenti episodi di sviluppo industriale non sono stati prodotti da una spinta imprenditoriale endogena, quanto piuttosto da decisioni localizzative esterne.

Tuttavia, ciò che qui interessa mettere in luce non sono tanto le differenze nei percorsi dello sviluppo che contraddistinguono i diversi contesti locali quanto piuttosto la peculiare caratteristica territoriale dell’organizzazione produttiva.

Infatti, se da una descrizione generale sul ruolo della piccola e media impresa industriale passiamo ad indagare, ad un livello di maggior dettaglio, le diverse specializzazioni della manifattura, diventa subito evidente come gran parte dei settori tipici del Nordest – e, in particolare, delle tre principali filiere produttive dell’economia regionale: moda, casa, meccanico, che da sole occupano oltre il 70% dell’industria totale – siano contraddistinti da un insieme di addensamenti locali ad alta densità di relazioni.

Questa molteplicità di sistemi locali – che la letteratura economica ha da tempo qualificato con il termine, divenuto oramai consueto, di "distretti industriali" – costituisce molto più che un episodio caratteristico del paesaggio economico, ma una modalità fondamentale e uno dei maggiori punti di forza dell’organizzazione sociale, produttiva e cognitiva dei sistemi di piccola e media impresa del Nordest.

Il distretto industriale è un sistema produttivo a base locale, principalmente formato da piccole e medie imprese, nel quale una o più specializzazioni tendono non solo a prevalere nella produzione ma anche a caratterizzare la cultura locale e i meccanismi di regolazione sociale.

Il distretto industriale, come oltre un secolo fa aveva rilevato Alfred Marshall richiamando l’efficace immagine della "factory without wall", è in definitiva un modo alternativo alla grande fabbrica per creare rendimenti crescenti ed economie di scala.

Il suo fattore di successo è dunque quello di coniugare i caratteri di flessibilità tipici della piccola dimensione aziendale – organizzazione snella, rapidità decisionale, rapporto continuo con il mercato – con i vantaggi dell’economia di scala recuperati mediante concentrazione su un unico territorio di più unità indipendenti.

E’ forse interessante osservare come questo modello di organizzazione locale della produzione industriale sia riemerso all’attenzione economica proprio in una fase caratterizzata dall’estensione a scala globale delle relazioni di mercato.

In realtà, i fattori di maggior vantaggio dei distretti industriali sono legati all’accumulo di competenze distintive e alla formazione di bacini di lavoro ad elevata professionalità specifica.

Questa peculiarità, che fino a ieri rimaneva sostanzialmente chiusa entro le maglie di relazioni locali, tende oggi ad essere valorizzata proprio dalla maggiore facilità di accesso a mercati lontani e, soprattutto, della nuova possibilità di partecipare a reti internazionali di divisione del lavoro.

L’avvio di veri e propri processi di internazionalizzazione di molti distretti industriali del Nordest – processi contraddistinti dalla proiezione all’estero di alcuni importanti anelli della catena del valore produttivo, e non solo, dunque, dalla crescita dell’export –sta dunque a dimostrare come questa originale formula organizzativa possa giocare anche in prospettiva un ruolo da protagonista nell’economia mondiale.

Il territorio del Nordest è, con tutta probabilità, quello a maggiore "densità distrettuale" al mondo. Merita, dunque, dedicare a questo fenomeno uno spazio particolare, proponendone una descrizione che, ancorché sintetica, possa restituire i tratti salienti del paesaggio economico al quale ha dato vita.

Ovviamente, nell’economia di questo lavoro non sarà possibile una descrizione accurata di ogni singolo sistema locale: a tale scopo, probabilmente, non sarebbe sufficiente un capitolo per ognuno di essi e, per alcuni, nemmeno un intero libro.

Cercheremo, tuttavia, di procedere ad una descrizione dei caratteri essenziali dei distretti industriali più significativi, dedicando ad ognuno magari poche righe ma con l’obiettivo di restituire, alla fine, l’idea di un paesaggio industriale fortemente interconnesso, la cui immagine d’insieme è utile a comprendere quella varietà di contesti che, come abbiamo già osservato, costituisce uno dei principali punti di forza di questa economia regionale.

Un’ultima precisazione riguarda il criterio di selezione dei distretti analizzati. Le ipotesi di individuazione geografica dei distretti industriali sono, in realtà, molteplici e, d’altro canto, una mappa definitiva – nonostante le pretese normative della legislazione vigente – risulterebbe alquanto problematica.

Abbiamo dunque privilegiato una lettura dei casi più noti, senza per altro tralasciare alcune situazioni particolarmente interessanti, nonostante la loro ridotta dimensione.

Si è inoltre preferito non commentare in modo sistematico i dati sui livelli di produzione, gli indici di specializzazione e i tassi occupazionali, non essendo sempre possibile un confronto coerente tra fonti distinte.

Tuttavia, abbiamo riportato in Tabella 1 e Tabella 2 alcuni dati essenziali sui distretti veneti e friulani che risultano da ipotesi in un qualche modo "controllate" di classificazione, offrendo in alcuni casi ulteriori riferimenti quantitativi direttamente nel testo.

Giancarlo Corò