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Intervista a Gianfranco Bettin , sociologo, scrittore e prosindaco di Mestre

Liga e PDS il futuro del Nord Est
è nelle vostre mani

Ha sempre osservato l’altro Nordest: quello povero, emarginato, disgregato, rimasto dietro le quinte del boom economico della regione. Conosce anche quello ricco e senza cultura, quello del "lavora e guadagna", dei capannoni, degli abusi edilizi, della terza media come massimo traguardo scolastico e alla fine dei Maso (Bettin ne ha tratto anche un romanzo) che per soldi e bella vita ammazzano i genitori. Insomma della parte in ombra di un Nordest all’apparenza pieno di luci



I a domanda è un po' abusata. Ma visto che tutti non la pensano allo stesso modo, vale la pena di farla: esiste veramente il Nordest come entità a parte ?

Ah, Cerenotti dice di no. Ma poi aggiunge anche che è diventato brutto. Alora vuol dire che esiste.... Comunque per me è una vasta regione, unita da elementi comuni e identificabile come comunità riconoscibile. Le lingue si richiamano, in fondo. Come i tratti del paesaggio: tanti corsi d’acqua dalle Alpi al mare e quindi tante tradizioni comuni, un’identità comune. Insomma il Nordest esiste senz’altro. Negli ultimi anni poi ha avuto un peculiare sviluppo economico. Certo variato secondo le zone, ma assimilabile. Almeno per distretti.

Allora che il Nordest esiste veramente lo diamo per buono. Sia nel bene che nel male? e cioè anche nello sviluppo selvaggio, nei capannoni, nella cultura inesistente ?

Si, come il problema del localismo. Cioè della replica in ogni luogo di quanto è accaduto in altri: così tutti hanno la zona industriale. O come gli ospedali: ogni paese vuole il suo. Ma così è ecessivo. Poi il paesaggio devastato, quello dei capannoni, appunto. Pensare che una visione razionale tra Comuni, tra aree vicine, avrebbe distribuito meglio le strutture produttive. E’ uno dei lati d’ombra del Nordest. Poi quello che manca è la visione dell’investimento a lungo termine. Si pensa solo all’investimento immediato, in tutti i sensi. Faciamo due esempi: la forza lavoro quì è notevole come resa, ma è poco elastica, non si è modernizzata. Così come la scuola: siamo primi per produrre reddito ma al sesto posto in Italia come scolarizzazione. Insomma il giovane che ha finito la terza media (e i suoi genitori, soprattutto) sente il richiamo del milione e mezzo che prenderà se va a lavorare. Ma non quello di investire in culrura,di studiare. Di positivo adesso c’è che l’industria qui nel Nordest si sta accorgendo che investire in professionalità e cultura è indispensabile per il futuro. Anche il lavoro infatti è cambiato. Per carità, non è che ora debbano essere le imprese a decidere il tipo di cultura, ma rispetto al nulla è un passo avanti.

Si, ma il paesaggio devastato, il senso del brutto diffuso, le case tutte uguali ?

E’ inevitabile: è stato privilegiato lo sviluppo improvviso. Quindi non si sono sviluppate forme culturali sofisticate. Insomma il gusto non ha seguito la crescita economica....

Lei ha scritto un libro sul caso Maso. Ed è di queste settimane la sentenza sulla ragazza di Verona che ha ucciso la madre con il fidanzato. E’ questo il prezzo da pagare ?

Sono due cose diverse: Maso è il simbolo del benessere vissuto male. Nell’altro caso sono ambienti degradati, poveri. Ci sono anche sacche così, piccole per la verità, in molte città: a Verona, Venezia, Rovigo. Comunque nei giovani si vive disagio e violenza. Si può dire che è un uso immaturo del benessere.

Il Nordest è veramente un laboratorio per il 2000 ?

Si, lo è. E’ una sfida tra performance socio-economica e adeguamento culturale e psicologico. C’è stato un salto sul piano del reddito ma con il rischio di perdere identità e radici. Questo vale per tutti i paesi ricchi. E anche per quelli del Terzo mondo in rapido sviluppo.

Arriviamo alla politica: decenni di democrazia cristiana nel Triveneto, poi il vuoto, poi la Lega. E adesso qualcuno parla di nuovo partito per guidare il Nordest....

Hanno detto anche il Triveneto è "acefalo". Con tutto il rispetto, dissento. Diciamo che manca un ceto politico, questo si. Una volta gli uomini del potere Dc avevano mille difetti ma avevano anche grande esperienza. Ora c’è il nulla. Comunque non è un problema di cervelli, ma di collettività. Io punterei su un accordo, un’alleanza tra Ulivo e Lega. Credo che solo così possa uscirne una qualche novità. E’ una mia opinione, è chiaro. Però tutti e due questi schieramenti si rifanno a ragioni federaliste, storiche, anche di solidarietà, pur con le dovute differenze. Il Polo, ad esempio, ha troppe vocazioni centraliste tipiche della destra. Per questo, secondo me, non bisogna fare accordi senza la Lega. Anzi, senza non si deve.

Infine il federalismo: è la soluzione ?

Più che soluzione direi che è una precondizione. A parte i problemi generali che vanno gestiti da uno Stato, un ricentrarsi delle istituzioni su scala locale serve a responsabilizzare. Prima tutto arrivava a Roma che restituiva a suo piacere. Così qui, al Nord, nessuno rispondeva di quello che succedeva. Invece bisogna misurarsi, prima si era perso il senso della responsabilità. Se sono otimista sul Nordest? Beh, diciamo raginevolmente ottimista. Era certo più dificile uscire dalla miseria. Ma adesso non bisogna perdere l’occasione per crescere. Come società.

Alessandro Mognon