[ARTE]
"OSTARRICHI - ÖSTERREICH 996 / 1996": una mostra a mille anni dalla fondazione dello Stato.

Buon compleanno, cara vecchia Austria

Feste celebrative si stanno avviando in Austria per dare alla data del 1996 il particolare significato e risalto che spetta ad un fatidico punto d'arrivo qual è quello del compimento di un millennio di storia, d'identità nazionale e dunque culturale. Tutto questo avviene sulla base del ritrovamento, da parte di uno storico, di un antico documento del 996, con il quale l'imperatore del sacro romano impero, Otto III , ufficializza la donazione di una striscia di territorio alle regioni dell'est che vengono in tale documento definite, per la prima volta, "Ostarrichi".

La notizia dà anche l'avvio ad una serie di commenti e di riflessioni che mettono anche in discussione il senso che, nelle diverse espressioni della cultura austriaca, questo lasso di tempo ha avuto e quali forme esso abbia assunto.

Una vera e propria "specificità austriaca", dicono molti studiosi, non sembra poter prendere di aver inizio prima del Seicento, cioè del Barocco; essa si afferma poi nel Settecento e si consolida nelle guerre contro Napoleone e la Prussia; rallenta successivamente e diluisce alcune sue connotazioni nell'ambito del dibattito sulla sovranazionalità, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del nuovo secolo, per dissolversi completamente a ridosso della prima guerra mondiale.

Ed è proprio in questo momento, secondo il parere di molti, quando la "finis Austriae" manifesta le sue avvisaglie, che paradossalmente si sviluppa davvero e si concentra al massimo grado la nuova coscienza di una società nascente e svincolata dall'orbita culturale tedesca. Ciò emerge vistosamente dalla letteratura e dalla poesia e quanto avviene in campo letterario, similmente accade anche nella personale interpretazione del mondo di due poderosi campioni dell'espressione pittorica austriaca, forse i due fondamentali epigoni, dopo l'estetismo Klimtiano, di questa raggiunta identità: Egon Schiele e Oskar Kokoska.

Il primo nato nel 1890 a Tulln e morto giovane, di febbre spagnola, alla fine della tragica guerra del 1918; l'altro nato a Pöchlarn, nel 1886, e riuscito invece, ad entrare a tutti gli effetti nella furia dissennata del millennio, non solo austriaco ma planetario, che va ora verso la sua conclusione.

[FOTO 01] La coscienza del vuoto incombente e del senso della fine, è, infatti, uno dei caratteri dominanti delle disperate figure della pittura di Schiele.

[FOTO 02] Anche quando si abbracciano, nel tentativo estremo di affondare nell'eros le radici scalzate dell'esistenza, i personaggi dei suoi dipinti, fantasmi trasfigurati dell'esistere senza senso, non danno mai l'impressione di essere approdati da qualche parte, di avere trovato in qualcuno o qualcosa il significato profondo ed appagante dell'esistere.

[FOTO 03] Persino un tenero abbraccio materno si trasforma in una morsa tenebrosa nella quale il bambino si dibatte senza
[FOTO 04] speranza.

I paesaggi e le vedute di città non riescono a liberarsi dal nero, metafisico immaginario della morte, e assumono carattere antropomorfo: i rami scheletriti e tormentati come braccia scarne vengono travolti dalle gelide bore invernali.

[FOTO 05] Alcuni aspetti della poetica di Schiele vengono affrontati in modo simile da O.Kokoschka; anche per lui il problema esistenziale nasce dal rapporto primordiale uomo-donna, e in questo rapporto amore e morte si incontrano sopra una sorta di soglia totemica per ricongiungersi e ridiventare un tutto indifferenziato. Questa totalità indistinta si identifica nel desiderio del ritorno al grembo dell'essere, ripetendo un tema caro anche alla poetica di un altro grande austriaco (boemo di lingua tedesca), contemporaneo dei due pittoti: Rainer Maria Rilke.

[FOTO 06] Kokoschka si pone inoltre, come un sensibilissimo interprete della struttura psicologica più profonda della società del suo tempo: "La gente - scrive- viveva nella sicurezza, cionondimeno erano tutti pieni di paura. Io lo avvertii attraverso il loro modo raffinato di vivere, che derivava ancora dal Barocco; io li dipinsi nella loro ansietà e nel loro panico". La crisi sociale del periodo dell'immediato dopoguerra si concretizza nella sua pittura nell'uso di immagini deformate e di colori violenti ed antinaturalistici, finchè, dagli anni Trenta, l'impegno sociale diviene sistematico e politico, fino all'aperta ideologia antifascista manifestata in opere come "L'uovo rosso", [FOTO 07] che rappresenta Monaco nel 1939, imbandita come una tavola, in cui un pollo prende il volo lasciando Mussolini, Hitler ed altri commensali con un gusco vuoto davanti. Sembra dunque, a guardare questi esiti, che l'incisività della poesia e dell'arte raggiungano la loro massima enfasi espressiva e rappresentativa in quell'attimo, in bilico sopra la tragedia delle guerre, a ripetere, drammatizzandolo dolorosamente, il tema della "Gaia Apocalisse".

Indifferenti al documento ottoniano del 996 che sancirebbe il punto di partenza del giubileo, è specialmente tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX che si sono giocate molte delle straordinarie ricchezze e potenzialità culturali dell'Austria che avevano preso l'avvio nel Seicento in quella che Claudio Magris (in un'intervista di Antonio Gnoli su un paese perennemente alla ricerca della sua identità, in "La Repubblica", 25 giugno 1996.) definisce "visione barocca del mondo: un mondo inteso come teatro, con un senso straordinario della totalità e del frammento".

Giovanna Grossato