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redarrowleft.GIF (53 byte) Cultura Dicembre 2003  
 

Quei bombardamenti dimenticati

I bombardamenti aerei sono uno degli elementi mortiferi piú vigliacchi che si possano usare durante un conflitto. Esprimono la brutalitá umana allo stato piú puro, ‘l’homo homini lupus’ hobbesiano all’ennesima potenza. Provocano orrore e indignazione, perché provengono dal cielo e per quanto intelligenti siano colpiscono alla cieca. Uccidono militari e civili, anziani e bimbi inerti, senza distinzioni di divise, di etá, di etnia o bando di appartenenza. Anzi, stando alle statistiche ufficiali, i civili sono oggi i bersagli numeri uno, ancor piú di ieri quando la mancanza di tecnologia rendeva, in teoria, le bombe piú stupide.

La recente guerra in Iraq, i moniti papali, le immagini delle case devastate, hanno riaperto antiche ferite. Sí, perché saranno anche passati 50 e piú anni ma anche l’Italia, e con lei molti paesi dell’Europa Occidentale, ha subito dei pesanti e indimenticabili (per la memoria di chi li ha vissuti in diretta e di chi li ha sentiti raccontare) bombardamenti dal cielo.

L’interesse verso questa barbara dimostrazione di ferinitá é riesplosa con il recente conflitto iracheno. In particolare due libri - saggi  di carattere storico stanno contribuendo a riaprire le antiche ferite piovute dal cielo. Il primo saggio, “España en Llamas” (autori: SOLE I SABATE, JOSEP MARIA y VILLARROYA, JOAN Casa editrice: Temas de Hoy), pubblicato in Spagna, rievoca i bombardamenti che colpirono la penisola iberica durante il triennio della Guerra Civile (1936 – 1939). Da quello celeberrimo e famigerato di Guernica, il paesino basco di settemila anime ridotto a un cumulo di macerie dagli aerei franco-nazisti e poi assurto a emblema universale della violenza e degli orrori grazie al gigantesco quadro picassiano oggi ospitato nel madrileno Museo Reina Sofia, fino a quelli sull’anarchica Barcellona. Ma anche Madrid e Toledo (il cui famoso e incantato castello venne raso al suolo, perché lí si erano inserrate le ultime guardie repubblicane) vennero colpite.

 

Ma per quanto abbiano raggiunto vette altissime in quanto ad atrocitá, i bombardamenti sulle cittá spagnole durante la Guerra Civile non furono che l’antipasto di quelli ben piú atroci che colpirono le cittá inglesi durante i primi anni del secondo conflitto mondiale e le cittá italiane, e ancor piú quelle tedesche,  nel triennio 1943 – 1945.

A proposito del caso italiano, in occasione del 60esimo anniversario del bombardamento su Bari del 1943, che ricorre proprio quest’anno, é stato ripubblicato un libro uscito nel 1977 e intitolato “Disastro a Bari”. Autore l’inglese Glenn B. Infield. Il bombardamento di Bari, oltre alla brutalitá in sé, é rimasto nella storia come uno dei piú gravi episodi di guerra chimica di tutto il conflitto. In conseguenza del bombardamento, infatti, si persero in mare iprite, nafta e altre sostanze velenose che diedero vita a una miscela micidiale di odori, sostanze tossiche e cancerogene che si propagarono dal porto alle vie della cittá vecchia, infestando tutta la capitale pugliese. Quei drammatici giorni sono descritti con impareggiabile ‘ars scrivendi’ dal nostro autore.

Ma il caso di Bari raccontato in queste illuminanti pagine non resta di certo un episodio isolato, né fine a se stesso. In un recente saggio uscito sulla revista ‘MilleNovecento’ il bilancio dei bombardamenti sulla nostra penisola viene definito da un punto di vista economico non gravissimo. Secondo le pagine di questo scritto il tessuto produttivo del paese, giá di per sé ridotto allo stremo, fu nella sostanza preservato dagli Alleati. Ma non ci si puó comunque dimenticare, e i piú vecchi peraltro non dimenticano, dei cinque milioni di vani distrutti e dei nostri monumenti piú insigni ridotti a polvere. Né tantomeno della cittá gioiello della Marca, Treviso, distrutta quasi completamente (financo il palazzo dei Trecento fu ridotto in macerie), della Capella Ovetari di Padova, la capella Sistina ‘ante litteram’ descritta con ammirazione da Ghoete e colpita in pieno (adesso se ne sogna un utopistico recupero…), di una Vicenza in cui si salvarono per miracolo il Teatro Olimpico e la stessa Basilica palladiana. Quest’ultimo, monumento palladiano per eccellenza, si salvó dalle fiamme solo grazie alla tempestivitá degli interventi. Come resta nella memoria il ricordo del Duomo di Vicenza preservato dalle fiamme solo nell’antica facciata. Cosí, oltrepassando i nostri confini regionali, tornano alla memoria le immagini scioccanti del Ponte Santa Trínita a Firenze, della Scala di Milano, del celeberrimo tempio napoletano di Santa Chiara o del tempio malatestiano ravennate. Tutte opere insigni costruite dalle mani dell’uomo e poi distrutte dalla stessa barbarie umana.

Ricordi troppo a lungo dimenticati, che devono, per converso, restare nella memoria collettiva per evitare che simili tragedie si possano ripetere. Questi due saggi usciti quasi simultaneamente hanno proprio la funzione di risvegliare questo angolo di memoria occultato troppo a lungo.

Giuliano Tardivo

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