Quei bombardamenti dimenticati
I bombardamenti aerei sono
uno degli elementi mortiferi piú vigliacchi
che si possano usare durante un conflitto.
Esprimono la brutalitá umana allo stato piú
puro, ‘l’homo homini lupus’ hobbesiano
all’ennesima potenza. Provocano orrore e
indignazione, perché provengono dal cielo e
per quanto intelligenti siano colpiscono
alla cieca. Uccidono militari e civili,
anziani e bimbi inerti, senza distinzioni di
divise, di etá, di etnia o bando di
appartenenza. Anzi, stando alle statistiche
ufficiali, i civili sono oggi i bersagli
numeri uno, ancor piú di ieri quando la
mancanza di tecnologia rendeva, in teoria,
le bombe piú stupide.
La recente guerra in Iraq, i
moniti papali, le immagini delle case
devastate, hanno riaperto antiche ferite.
Sí, perché saranno anche passati 50 e piú
anni ma anche l’Italia, e con lei molti
paesi dell’Europa Occidentale, ha subito dei
pesanti e indimenticabili (per la memoria di
chi li ha vissuti in diretta e di chi li ha
sentiti raccontare) bombardamenti dal cielo.
L’interesse verso questa
barbara dimostrazione di ferinitá é
riesplosa con il recente conflitto iracheno.
In particolare due libri - saggi di
carattere storico stanno contribuendo a
riaprire le antiche ferite piovute dal
cielo. Il primo saggio, “España en Llamas”
(autori:
SOLE I SABATE, JOSEP MARIA y
VILLARROYA, JOAN Casa editrice:
Temas de Hoy),
pubblicato in Spagna,
rievoca i bombardamenti che colpirono la
penisola iberica durante il triennio della
Guerra Civile (1936 – 1939). Da quello
celeberrimo e famigerato di Guernica, il
paesino basco di settemila anime ridotto a
un cumulo di macerie dagli aerei
franco-nazisti e poi assurto a emblema
universale della violenza e degli orrori
grazie al gigantesco quadro picassiano oggi
ospitato nel madrileno Museo Reina Sofia,
fino a quelli sull’anarchica Barcellona. Ma
anche Madrid e Toledo (il cui famoso e
incantato castello venne raso al suolo,
perché lí si erano inserrate le ultime
guardie repubblicane) vennero colpite.
Ma per quanto abbiano
raggiunto vette altissime in quanto ad
atrocitá, i bombardamenti sulle cittá
spagnole durante la Guerra Civile non furono
che l’antipasto di quelli ben piú atroci che
colpirono le cittá inglesi durante i primi
anni del secondo conflitto mondiale e le
cittá italiane, e ancor piú quelle tedesche,
nel triennio 1943 – 1945.
A proposito del caso
italiano, in occasione del 60esimo
anniversario del bombardamento su Bari del
1943, che ricorre proprio quest’anno, é
stato ripubblicato un libro uscito nel 1977
e intitolato “Disastro a Bari”. Autore
l’inglese Glenn B. Infield. Il bombardamento
di Bari, oltre alla brutalitá in sé, é
rimasto nella storia come uno dei piú gravi
episodi di guerra chimica di tutto il
conflitto. In conseguenza del bombardamento,
infatti, si persero in mare iprite, nafta e
altre sostanze velenose che diedero vita a
una miscela micidiale di odori, sostanze
tossiche e cancerogene che si propagarono
dal porto alle vie della cittá vecchia,
infestando tutta la capitale pugliese. Quei
drammatici giorni sono descritti con
impareggiabile ‘ars scrivendi’ dal nostro
autore.
Ma il caso di Bari
raccontato in queste illuminanti pagine non
resta di certo un episodio isolato, né fine
a se stesso. In un recente saggio uscito
sulla revista ‘MilleNovecento’ il bilancio
dei bombardamenti sulla nostra penisola
viene definito da un punto di vista
economico non gravissimo. Secondo le pagine
di questo scritto il tessuto produttivo del
paese, giá di per sé ridotto allo stremo, fu
nella sostanza preservato dagli Alleati. Ma
non ci si puó comunque dimenticare, e i piú
vecchi peraltro non dimenticano, dei cinque
milioni di vani distrutti e dei nostri
monumenti piú insigni ridotti a polvere. Né
tantomeno della cittá gioiello della Marca,
Treviso, distrutta quasi completamente
(financo il palazzo dei Trecento fu ridotto
in macerie), della Capella Ovetari di
Padova, la capella Sistina ‘ante litteram’
descritta con ammirazione da Ghoete e
colpita in pieno (adesso se ne sogna un
utopistico recupero…), di una Vicenza in cui
si salvarono per miracolo il Teatro Olimpico
e la stessa Basilica palladiana.
Quest’ultimo, monumento palladiano per
eccellenza, si salvó dalle fiamme solo
grazie alla tempestivitá degli interventi.
Come resta nella memoria il ricordo del
Duomo di Vicenza preservato dalle fiamme
solo nell’antica facciata. Cosí,
oltrepassando i nostri confini regionali,
tornano alla memoria le immagini scioccanti
del Ponte Santa Trínita a Firenze, della
Scala di Milano, del celeberrimo tempio
napoletano di Santa Chiara o del tempio
malatestiano ravennate. Tutte opere insigni
costruite dalle mani dell’uomo e poi
distrutte dalla stessa barbarie umana.
Ricordi troppo a lungo
dimenticati, che devono, per converso,
restare nella memoria collettiva per evitare
che simili tragedie si possano ripetere.
Questi due saggi usciti quasi
simultaneamente hanno proprio la funzione di
risvegliare questo angolo di memoria
occultato troppo a lungo.
Giuliano Tardivo
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