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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Febbraio 2003

 
La prima volta di Renee

 Non aveva mai ballato. Né cantato. E neanche mai visto un musical americano. Però quando l’hanno chiamata per il film Chicago non si è tirata indietro. Anche perché, americana di nascita ma figlia di uno svizzero e di una norvegese, Renee Zellweger ha il vantaggio di una cultura cosmopolita. “Per questo – spiega l’attrice – la mia vita a Hollywood mi ha insegnato chi e che cosa non vorrò mai essere”

 

Dopo Il diario di Bridget Jones, la bionda texana di origine svizzera torna con due film destinati entrambi a stupire il pubblico, sebbene per motivi diversi. Mentre in Chicago, musical fenomenale in cui l’attrice interpreta l’assassina per amore (dello spettacolo e del successo) Roxy Hart, Renee Zellweger si confronta con le fumose atmosfere jazz della capitale dell’Illinois degli anni Trenta cantando e ballando per la regia di Rob Marshall al fianco di Catherine Zeta Jones e Richard Gere, in White Oleander – Oleandro bianco, l’attrice lanciata da Jerry Maguire ha una piccola parte al fianco di Michelle Pfeiffer nel film tratto dal romanzo di Janet Finch (Il saggiatore, pagg.416., € 7,80). Incentrato sulla figura di Astrid, una ragazza finita in affidamento dopo che la madre artista ha ucciso l’amante, dopo varie peripezie, il romanzo e il film descrivono l’incontro con una donna, un’attrice che farà diventare grande la giovane, donandole l’amore di una vera madre.

 

Rispetto a Oleandro Bianco, Chicago segna un po’ un cambiamento di rotta per lei: è diventata pericolosa…

 

E’ un ruolo, però, con cui non sento di avere nulla in comune. Roxy Hart è una donna che pensa in maniera diversa da me e – soprattutto – fa cose che io non penserei mai di fare.

 

Eppure c’è una lunga tradizione di bionde fatali, da Barbara Stanwyck in poi…

 

Sa io non conosco molto l’arte, né il cinema. La mia famiglia era povera e quindi non potevamo permetterci il lusso di goderci il cinema. Io non so nemmeno chi sia Barbara Stanwyck. Non ho visto neppure un suo film… la nostra esistenza era sempre alla rincorsa di qualcos’altro, più materiale. Oggi, però, desidero cambiare e – grazie ai miei amici – conoscere più da vicino il cinema e il musical.

 

Eppure non può negare che ci sia qualche somiglianza con Marilyn Monroe nella scena dello specchio…

Marilyn è una leggenda, ma io c’entro poco anche lì. E’ stato il regista a coinvolgermi in quella sequenza. Molto dipende dalla pettinatura così vaporosa, perché mi avevano appena tolto la parrucca che indosso per tutto il film e ci siamo detti: “proviamo”…

 

I suoi genitori sono europei: lei è nata in America. Cosa le è rimasto della sua origine?

Mio padre è svizzero e mia madre norvegese, questo ha fatto sì che io abbia una visione più ampia rispetto alla mia educazione tutto sommato da americana media, ma non penso mai da europea o da americana in modo distinto. Il mio lavoro mi consente di viaggiare molto e questa è una ricchezza, penso che le cose si capiscano meglio da lontano. Del resto la mia vita a Hollywood mi ha insegnato chiaramente chi e che cosa non voglio essere.

 

Tornando a Chicago, lei non aveva mai ballato e cantato: un’altra sfida vinta…

 

Sì è stata dura, ma ce la ho messa tutta. Mi piacciono le sfide, questo ruolo me lo sono conquistato e ancora oggi non so bene come, in molte volevano fare Chicago. Rob Marshall ha trovato in me qualcosa del mio personaggio, forse la sua forza di volontà e ha creduto che fossi adatta al ruolo. Io ho fatto di tutto per non deluderlo e poi è stato un modo per confrontarmi con un mondo che non conoscevo affatto: io non sapevo nulla di musical.

 

In White Oleander lei ha interpretato un’artista fragile. Perché desidera cambiare tanto? Cosa la spinge a volere cambiare tanto?

 

Credo che sia la chiave di tutto. Quello che è veramente interessante di questa professione è la possibilità di potere imparare sempre dalle esperienze che si fanno. Di come ti possano arricchire enormemente dentro. La sfida della trasformazione porta con sé una lezione che non puoi ignorare. Tutto quella conoscenza che accumuli serve, poi, a rendere al meglio la caratterizzazione del personaggio.

 

Cosa pensa di Moulin Rouge?

 

La differenza fondamentale che quello era cinema al cinema, mentre noi stavamo cercando di vedere del grande teatro trasformato in ottimo cinema. Una sfida durissima.

m.s.

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