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redarrowleft.GIF (53 byte) Lettura Settembre  2002  

Sono pazzo, ma non fatemelo sapere

Un emarginato, vittima di un padre ubriacone che ha ucciso la moglie. O uno squilibrato che si è inventato tutto. O forse tutti e due. E’ "Spider", l’ultima creatura di Patrick Mc Grat, che torna ancora una volta a parlare di malattia mentale, dei suoi misteri e dei suoi dolorosi protagonisti

Patrick Mc Grath "Spider", Bompiani, pp.218, euro 14,50

Finalmente tradotto in italiano per la gioia degli estimatori di Patrick Mc Grath (l’autore di Follia, best seller internazionale, per capirci), ci attende in libreria Spider, romanzo di inquietudine, delitto e insania mentale: gli ingredienti che hanno fatto la fortuna dello scrittore inglese, puntualmente presenti in ogni suo libro.

Siamo nei sobborghi nebbiosi e cupi di una Londra fine anni ’50. Io narrante del racconto è Dennis Cleg, uomo il cui soprannome suona appunto Spider: "ragnesca figura vagabonda" di derelitto, costretto a vivere presso uno squallido ospizio in cui vegetano solo "anime morte" e tutto preso dalla stesura di un diario in cui l’uomo tenta di ricostruire la propria vita segnata dalla drammatica morte della madre, uccisa a suo dire dal marito – idraulico beone e puttaniere – per poter spassarsela in libertà con l’amante, che, installatasi stabilmente in casa Cleg, ha assunto il ruolo di matrigna del piccolo Spider, melanconico ragazzo mingherlino, a suo agio solo "nelle tenebre e nell’oscurità".

Ma, come sempre nei romanzi di Mc Grath, niente è come appare a tutta prima; l’innocente si rivela poi colpevole, la vittima carnefice, e quanto all’inizio sembra assodato si ribalta quindi in un finale all’insegna dello straniamento e dell’agnizione più sconvolgenti. Così un poco alla volta il lettore s’accorge che il povero Spider è completamente pazzo: uno schizofrenico in preda a voci e allucinazioni devastanti, che ha vissuto vent’anni non già in Canada – come il suo diario sosteneva – bensì in una clinica per malattie mentali. E risulta davvero d’una straordinaria maestria narrativa il capitolo sull’ospedale psichiatrico e il suo regime coercitivo, fatto di camicie di forza, isolamento coatto e "celle" stile carcere. Realtà manicomiale che Mc Grath descrive con una pietas e un’empatia nei confronti della sofferenza psichica davvero intense. Altrettanto coinvolgenti le pagine intorno ai deliri e alle farneticazioni di Dennis nel suo folle (e vano) tentativo di esorcizzare e rimuovere il dolore causato dal delitto atroce in cui ha trovato la morte la propria madre.

Spider è dunque il racconto di una sofferenza inaudita; è ancora una volta la narrazione di una follia definitiva e senza scampo. Così la bravura dello scrittore non sta tanto nel depistare il lettore, facendogli credere che il padre di Dennis sia un mostro (mentre lo è piuttosto il protagonista), quanto nel segnalargli mediante indizi via via sempre più chiari e perturbanti come la ricostruzione del delitto fatta da Spider sia solo l’incubo di una mente devastata. Quindi va in parte rettificato quanto detto sopra. Alla fine non è facile indicare chi sia veramente innocente, chi perseguitato e chi persecutore. Spider, nella sua personalità divisa, fatalmente scissa, è insieme vittima e carnefice, giacché – come egli confessa in chiusa di diario attraverso una lucidissima e insieme folle confessione – la sua non è stata affatto una vita, "ma uno sbriciolamento, una costruzione infantile tenuta insieme da bastoncini e pezzi di spago - e adesso rimangono solo cenere e polvere, e i ragni".

Francesco Roat

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