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redarrowleft.GIF (53 byte) Scienza Giugno-Luglio 2002  
 

Luxor: polvere eri e polvere tornerai

Almeno una volta ci sono stati quasi tutti. Ma potrebbe essere l’ultima. Perché le meraviglie egiziane di Luxor e dei sui templi stanno scomparendo. Sbriciolate dall’acqua delle falde freatiche che, gonfiate dalle irrigazioni dei campi, erodono le fragili pietre delle fondamenta. E dopo tremila anni le statue di Ramses II e le 134 colonne della sala ipostila potrebbero trasformarsi per colpa dell’uomo una manciata di sabbia

Una volta nella vita ci sono stati tutti. O quasi. E comunque quei pochi rimasti lo hanno visto in tutte le salse nei documentari tv. Prima o poi arriva, tra un filmato sugli gnu in Africa e uno sugli acquedotti romani. Al di là delle ossessioni televisive il Tempio di Luxor, in Egitto, resta uno dei siti archeologici più affascinanti del mondo. A 3mila anni di età non ha perso nulla della sua imponenza. Anche se ricostruito in parte, se oramai senza più i colori sgargianti che facevano brillare le sue mura e le sue stanze nel 14 secolo avanti Cristo. Stanze dove passeggiarono Amenophis III che lo fece costruire, e poi Tutankamon e Ramses II che ogni volta aggiungevano qualcosa di loro. Dalle statue gigantesche alle incisioni ciclopiche. Ha resistito 3mila anni, si diceva. Per essere forse ridotto in briciole nel giro qualche lustro. Perché Luxor, la magnifica Luxor, sta letteralmente sprofondando nell’acqua.

Una piccola Venezia insomma, altro gioiello con i piedi di argilla, Anzi, nell’argilla. E la colpa è sempre dell’uomo. La regione intorno al Nilo è la più fertile del Paese. Se non l’unica fertile, almeno naturalmente. E l’irrigazione dei campi, negli anni, è aumentata a dismisura. Tanta acqua, come mai in passato, che è andata a gonfiare le falde freatiche. Il livello è salito ed ha cominciato a erodere le pietre sabbiose su cui appoggiano da tre millenni le enormi mura, le statue e il mitico Viale delle Sfingi. Così tutto si sta disgregando.

La solita ironia: gli antichi hanno costruito edifici che hanno resistito a tempi biblici e che a volte usiamo (immeritatamente?) ancora adesso. Teatri romani, arene, fortezze. Poi tra smog, effetto serra, cementificazioni, trivelle, dighe e qualche spintina di un bulldozer più o meno incidentale, li riduciamo a briciole in una manciata di mesi. Un professore di idrogeologia dell’università di California, Graham Fogg, ha già fatto la sua diagnosi. E non è molto confortante: "Se non si fa niente il degrado del monumento subirà una accelerazione e perderemo una delle più grandi eredità dell’antico Egitto".

Pensare che finora nulla aveva scalfito le meraviglie di Luxor e della vicina Karnak. Perfino la sabbia che da quelle parti la fa da padrona ha avuto rispetto. Ha ricoperto più di una volta templi e colonne. Ma senza rovinare niente: gli uomini ogni tanto riportavano tutto alla luce e lo splendore del Cortile di Ramses e della straordinaria sala ipostila con le sue 134 colonne su 16 file tornava intatta. Ma con l’acqua no: l’effetto è devastante e rapido. E soprattutto non si riesce a vedere una soluzione facile.

Gli scienziati nordamericani ed egiziani hanno raccolto campioni di terreno, acqua e pietre. Hanno analizzato, confrontato e scandagliato. Conclusioni: la minaccia è reale. Insomma una vera emergenza. Anche perché la pietra su cui posa Luxor è porosa e fragile. Come una gigantesca carta assorbente succhia l’acqua che una volta, là, non c’era. La pietra si disgrega e in più viene anche corrosa dai sali che le restano appiccicati. Pochi anni di questo trattamento hanno fatto più danni di vento, sole e tremila anni di vita.

Soluzioni? Pompare l’acqua della falda freatica nel Nilo che passa accanto. Ma i costi potrebbero essere troppo alti per un Paese come l’Egitto. Che tra l’altro proprio sull’estensione delle colture sta puntando molto. Un bel paradosso. Fogg ha pensato di drenare l’acqua in eccesso attraverso una rete di tubi fissi che scaricherebbero nel Nilo. Ma ancora i costi non sarebbero così abbordabili. "E poi come si fa a scavare fossati in una zona tanto delicata, senza il timore di rovinare monumenti in superficie o nascosti sotto terra?".

Ci sarebbe un’altra possibilità: studiare un sistema di irrigazione più efficiente di quello usato nella regione. Risultato: meno acqua usata nei campi e meno ricarica per le falde freatiche che dovrebbero abbassarsi. Ma oltre a mettere in piedi un programma così complicato in un Paese che, come si diceva, cerca di allargare la sua area coltivata per sfamare una popolazione in continua crescita, non è neanche detto che il tutto funzioni. Così siamo al punto di partenza: c’è un problema urgente (anche morale) e non si vede una soluzione vicina. Anche se l’Egitto, che punta moltissimo sul turismo, probabilmente non può permettersi di perdere un tesoro come Luxor. Mal che vada può sempre chiedere un aiuto internazionale. Come sempre, dipende dalle scelte politico-culturali e dalla lungimiranza di chi comanda. Anche se viene da pensare, a volte, che ne avessero di più Ramses e Tutankamon tremila anni fa. In fondo non erano figli degli dei per niente.

Alessandro Mognon

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