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redarrowleft.GIF (53 byte) Lettura Giugno-Luglio 2002  

Piccola Elena cresce

Un’adolescente che si sente fuori posto. Tra violenze, abusi e maschilismo imperante. Una storia di contraddizioni e ricerca, di inquietudine e coraggio tutta al femminile. Forse senza soluzione, ma con una maternità finale che diventa riscatto

Francesco Roat, Una donna sbagliata, Avagliano Editore, pp.119, Euro 9

"Una donna sbagliata" è il titolo dell’ultimo libro di Francesco Roat, edito da Avagliano. La storia, frammentata in piccoli capitoli, quasi segmenti di vita quotidiana, è ambientata a Trento durante il periodo fascista. La protagonista è l’adolescente Elena, una piccola donna in fieri che si sente sbagliata in un mondo sbagliato fatto di abusi e violenze: "Avrei voluto essere uomo non perché mi piacessero i maschi, anzi, mi sembravano illusi, persi dietro a ambizioni povere: soldi, donne o politica. Ma almeno scegliere come perdersi lo potevano. Io, noi femmine, no". Tra gli errori politici e gli errori sociali dell’epoca, Elena cerca il riscatto a un ipotetico errore genetico, la sua femminilità, nel confronto con altre figure femminili: la omonima compagna di classe, con la quale instaura un ambiguo rapporto, le bambine di una scuola elementare dove lei insegnerà e l’anziana affittacamere che l’aiuterà ad accettare la gravidanza. Elena, ultima contraddizione della sua vita, rimarrà, infatti, incinta di un biondo ebreo, gerarca fascista che suonava Chopin e il jazz.

Quello di Roat è racconto semplice, lucido, ma difficile perché l’autore si cala con estrema sensibilità in un personaggio femminile nella fase del "passaggio" con tutti i turbamenti e le inquietudini che accompagnano il divenire verso l’età adulta. I capitoli spezzati sono i pensieri interrotti delle ragazzine, il periodare essenziale, ma trepido e spesso dolcemente acerbo riflette i comportamenti delle piccole donne. Alcune espressioni forti, spesso laceranti spingono la protagonista a crearsi un varco nel mondo violento dei maschi, tanto grandi, ma anche tanto miseramente piccoli, come il fratello e il padre di Elena: "Mi piace credere che mio padre faccia qualche cosa d’immorale o almeno di rischioso. Eppure è sempre così fiacco, quando esce. E curvo. Lo ammazzano questi piaceri, questi contatti clandestini. Che la vita sia solo dissiparsi?".

In "Una donna sbagliata" o forse solo "una donna", se si potesse rinominare il bel racconto di Francesco Roat , Elena percepisce con una sofferenza Shopenaueriana la rappresentazione del mondo maschilistista e gerarchizzato, assurdo e violento nel quale ogni giovane, come lei, si sentirebbe sbagliata. Ma Roat salva dalle contingenze le adolescenti del suo libro dando loro un’anima che le atemporalizza e le trasfigura in esseri sacri, divini, angelici, pur nelle inquietudini delle loro emozioni dettate dai corpi che crescono. Si prestano a ogni tipo di decontestualizzazione, storica, sociale e politica e non smettono mai di posare il loro sguardo meravigliato su ciò che le circonda. Sono le Elene di tutti i tempi, con il loro coraggio, con il loro anticonformismo, con le loro contraddizioni, con una forza vitale che in certi momenti rischia l’annichilimento, ma che è comunque capace di molteplici sublimazioni come quella della maternità. Ed è con un dolcissimo inno alla vita, alla vigilia del secondo terribile conflitto mondiale, che si chiude la poetica storia di Roat ennesimo contrasto fra la morte e la vita dove a prevalere sarà quest’ultima nella personificazione della piccola Anna: "Il mio corpo ha un’anima: si chiama Anna. Non sono mai stata così felice".

Maria Chiara Passera 

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