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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Aprile 2002
 

Il Geppetto di Hollywood

Li ha creati quasi tutti lui. Con la plastilina prima, con braccia meccaniche e l’elettronica poi. Ed è il più bravo. Per questo quando c’è da inventare un pupazzo, un mostro o un androide per un film chiamano Carlo Rambaldi. Anche se al papà di ET, l’alieno più amato del cinema, resta un cruccio: non essere mai stato almeno una volta nei panni del famoso falegname di Collodi. E vedere un suo Pinocchio salutare davanti a una cinepresa

Vent’anni dopo l’amore per E.T. sembra non essere diminuito. Il film di Steven Spielberg riproposto nelle sale di tutto il mondo ha rinnovato il successo del simpatico alieno creato da Carlo Rambaldi che spiega la genesi di un personaggio che ha fatto la storia del cinema.

Da dove nasce l’esigenza di proporre nuovamente al pubblico un film come E.T. entrato nell’immaginario collettivo?

Il merchandising di E.T. non ha mai smesso di essere venduto in questi venti anni e non è stato cambiato rispetto ai modelli originali, i grandi negozi di giocattoli sono ancora oggi pieni dei pupazzetti di E.T. che sono sempre molto richiesti. L’Universal quindi non voleva lasciarsi sfuggire l’occasione di riproporre un film tanto importante al cinema. Dopo vent’anni, però, la pellicola è andata. Così hanno deciso di ristamparlo. Al momento in cui si trattava di ristampare l’intero film ecco che Spielberg ha deciso di apportare delle migliorie, reintegrando quella scena tagliata in originale e lavorando con il computer per alcune correzioni. In E.T. ci sono centosessanta inquadrature in meccatronica. Se fossero fatte con il computer Spielberg avrebbe dovuto assumere duecento persone che avrebbero lavorato per otto mesi e non per un mese e mezzo spendendo quattro volte tanto.

Come è cambiata la sua tecnica di lavoro nel corso del tempo?

Uso ancora la plastilina, come primo approccio manuale alle mie creazioni: con la tecnica digitale tu vedi nascere il tuo personaggio, con la plastilina lo fai nascere: questa è una differenza sostanziale.

La leggenda narra che lei si sia ispirato al suo gatto per il volto di E.T.

E’ una leggenda "fondata", chiunque ha a casa un gatto e magari un gatto himalayano può scoprire da sé quale sia la caratteristica principale del volto di E.T., ovvero l’innocenza. Quando Spielberg mi diede la sceneggiatura io avevo capito subito che si trattava di un bambino venuto dallo spazio e che sulla Terra oltre a sembrare maldestro, sentiva di essere stato aggredito dai terrestri. Lui non sapeva chi fossero gli abitanti del nostro pianeta. Per quello che ne sapeva potevano essere anche degli animali terribili e armati. Per questo il pianeta di E.T. doveva essere un luogo pacifico e tranquillo dove era l’innocenza il tratto dominante. I gatti himalayani hanno questi tratti innocenti che io volevo replicare. Magari anche forzando la natura aumentando il rapporto che c’è tra la distanza degli occhi dei gatti e così insistendo sulla caratteristica dell’innocenza, enfatizzata anche dal collo lungo "alla Modigliani". La mia idea era che fosse impossibile dire se E.T. fosse giovane o vecchio.

Cosa rappresenta per lei la magia del cinema rapportata agli effetti speciali?

Quando si guarda E.T. ci si dimentica di quello che c’è dietro e nella fattispecie dentro. Credo che pochissimi spettatori abbiano mai pensato di trovarsi dinanzi ad un pupazzo come anche nel caso del mostro di Alien. La tecnologia unita ad un buon movimento registico della macchina da presa serve solo a fare dimenticare quella che è l’artificiosità del cinema. Quella magia che serve a creare il cinema in quanto tale.

Si dice che lei avrebbe dovuto lavorare con Roberto Benigni per il Pinocchio attualmente in post produzione…
Roberto mi ha chiamato per incontrarmi. Mi chiese un consiglio per rendere credibile l’allungamento della coda dell’asino, risposi che c’erano molti modi per farlo e non era necessario mostrare la coda: bastava riprendere la coda corta, il volto dell’asino stupito, successivamente far vedere la coda allungata. Roberto si mise a ridere e ha detto ‘non ci avevo pensato’. Dopo non sono stato più contattato.

Pinocchio è un progetto che la perseguita da un po’…

Sì, ho avuto una lunga diatriba giudiziaria per quello di Comencini in cui era stata sottratta una mia idea e credo – ancora oggi – che l’unico vero Pinocchio, fedele allo spirito collodiano, è stato realizzato solo dalla famiglia Cenci. Un gruppo di impiegati delle poste di Firenze che hanno realizzato ogni giorno dopo il lavoro un cartone animato indimenticabile. Tutti gli altri Pinocchio sono sbagliati. Oggi Collodi avrebbe fatto un sacco di cause anche contro Disney che ha dato tanto spazio al Grillo Parlante. Non so se avrò il tempo di farlo, un Pinocchio con la meccanica costerebbe molto tempo e denaro. Ci sono sessanta personaggi non una quindicina come siamo abituati a vedere. Del resto si tratta del libro più tradotto dopo la Bibbia.

Qual è il segreto per un buon Pinocchio?

Il segreto di Pinocchio è dare l’idea che sia il pupazzo di un morto di fame. Il Pinocchio di Disney è quello di un bravissimo scultore, mentre il Geppetto di Collodi dice pressappoco: "voglio farmi un burattino che sappia ballare e saltare che mi faccia avere un pezzo di pane e un bicchiere di vino."

m.s.

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