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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Aprile 2002


Una furtiva lacrima
Intervista a Pedro Almodovar

Un Oscar può consentire tante cose. Esattamente come – agli occhi di una donna sensibile - una lacrima sul viso di un uomo, considerata un segno di debolezza e di un lato femminile nascosto. Ed è questo strano binomio il punto di forza di Parla con lei il primo film di Pedro Almodovar dopo il fortunatissimo Tutto su mia madre in cui una maschilità ferita e il credito aperto nei confronti del pubblico consentono all’ex regista scandaloso, di portare avanti un discorso lirico e cinematograficamente perfetto sul rapporto tra uomini e donne e sull’amore. E’ vera gloria? Oppure è soltanto una "furbizia" da consumato filmaker? Una risposta complessa da dare, anche perché Almodovar – in apparenza – non sembra cambiato, procedendo sempre sulla strada della coerenza e dell’attenzione ai più delicati moti del cuore.

Quanto è stato cambiato dall’Oscar nell’approccio con la sceneggiatura di Parla con lei?

No, perché il mio lavoro resta sempre lo stesso e lo dimostro con questo film che inizia nello stesso teatro dove era terminato Tutto su mia madre era finito. Sono ancora il padrone della mia carriera, dopo tutta quella follia di Los Angeles volevo solo ritornare al più presto a Madrid e dimostrare a me stesso e agli altri che ero sempre uguale. Mi hanno proposto produzioni americane con budget pazzeschi, divi internazionali, una vera follia! Avevo voglia di tornare a casa ed essere più piccolo che mai. Io voglio essere indipendente, non posso fare film in altro modo. L’unico privilegio di tanta celebrità è poter fare quello che il mio cuore mi dice di fare. Così, quando decido di raccontare una storia seguo il mio istinto, il mio intuito, quindi non sono sempre consapevole del perché faccio una scelta, in questo caso mi appassionava la storia di questi due uomini fragili, sofferenti, dell’amicizia che si sviluppa tra di loro, mi sono sempre piaciute le amicizie tra uomini e questi sono due uomini contemporanei. Sono molto felice di avere avuto questi quattro interpreti per il mio film, grazie a loro il margine di insuccesso si è quasi ridotto a zero, perché sono bravissimi e hanno recitato in uno stato di grazia.

Dopo tanti film sulle donne Parla con lei ha come protagonisti degli uomini…

Quando penso alle donne mi vengono fuori le commedie, quando penso agli uomini i film sono drammatici, è una cosa spontanea anche se la storia di Parla con lei resta molto complicata, in termini di narrazione, di personaggi e di struttura interna, però volevo che risultasse trasparente per lo spettatore. E’ una storia che va e viene nel tempo, i ricordi e le situazioni sono raccontate dai personaggi e poi c’è una storia parallela e non potevo permettermi di perdere lo spettatore. Solitamente tutti i giorni alla fine delle riprese io guardo il girato, in questo caso non mi è stato possibile ed ero nervoso e insicuro, quindi ho dovuto lavorare il doppio sulla fruibilità della storia ma credo di esserci riuscito. Credo che il film sia molto più facile da vedere che da raccontare.

Cosa rappresenta per lei l’idea di amore?

In sé non esiste e lo considero sempre in relazione al corpo. L’amore non è mai disgiunto dalla passione carnale. E’ l’unico combustibile necessario per l’essere umano, non voglio dire che dobbiamo trascorrere la nostra vita perennemente innamorati ma dobbiamo conoscerlo l’amore, è un’esperienza che si deve fare perché bisogna capire cosa vuol dire non essere padroni di se stessi.

La solitudine è un po’ il trait d’union tra tutti i suoi ultimi film. Perché?

Ormai mi sono abituato alla solitudine e faccio in modo che diventi un elemento fertile della mia esistenza. Credo che ci sia una forma di solitudine che appartiene alla vita stessa degli esseri umani e con la quale bisogna imparare a convivere. E poi non è detto che la compagnia delle persona che ami debba essere fisica, ci può essere anche lo spirito di quella persona vicino a noi, lo spirito di persone che non ci sono più e credo che sia proprio quello spirito a salvare me, credo che la vera solitudine sia quella di non sentirsi desiderati. Ed è come una molla, una spinta ad uscire da sé per cercare all’esterno qualcosa di interessante e di buono. Io amo scrivere i miei film da solo, ho proprio bisogno di essere solo.

M.S.

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