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redarrowleft.GIF (53 byte) Lettura Marzo 2002  
 

Pinocchio horror

Una rivisitazione originale della storia del burattino di legno. Fra viaggi all’inferno, fate-bambine, assassini, impiccagioni e resurrezioni. Un gioco con le parole per decifrare, dice l’autore, la favola per antonomasia

Giorgio Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, Adelphi, pp.205, Euro 15,00

Uscito per la prima volta nel 1977 e praticamente introvabile, il Pinocchio di Giorgio Manganelli torna in libreria per la gioia degli estimatori di questo grande fabulatore, le cui opere sono in corso di pubblicazioni presso Adelphi. In Pinocchio: un libro parallelo, sorta di commento all’opera di Collodi e insieme riscrittura del testo originale, Manganelli si ingegna a "trascrivere, decifrare, disenigmaticare" la favola del burattino per antonomasia; anche perché – a suo dire – tale libro è poi una silloge di "tracce, orme, indovinelli, burle, fughe".

Appena infatti ci si addentri nella prosa sontuosa e ilarotragica del Nostro si può notare come il libro parallelo si dilati attraverso innumerevoli chiose, rimandi, allusioni ed evocazioni, assumendo la forma – o meglio ancora – la paradossale non-forma di scritto "tendenzialmente infinito"; come forse ogni libro è, in quanto chi è chiamato al commento o alla critica di un’opera non sembra tanto incline a trattare delle parole che essa contiene, sebbene piuttosto di "quelle che vi si nascondono". Sarà che l’autore, ogni autore secondo Manganelli, rappresenta alla fin fine un’ipotesi "innecessaria", giacché quanto noi lettori abbiamo di fronte non rappresenta che un filamento, anzi un deposito: un gomitolo di parole da dipanare e insieme districare. Anche se, avverte il disincantato e sornione Giorgio, guai a pretendere di fissare in modo rigido una precisa significazione/interpretazione, in quanto le parole non avrebbero "nulla da dire" essendo gratuite e forse inutili come lo stesso universo.

Depistatorio e straniante – quantunque lucidissimo e puntuale – è d’altronde questo commento; il cui fine pedagogico ha del catartico: vuole porsi all’insegna dell’allusività e dell’apertura contro ogni pretesa critica definitoria e dunque a suo modo esaustiva. "Le parole" scrive il parallelista "sono unicamente dei grafici, dicono le distanze, le altezze, le geometrie nell’ambito dei quali si debbono collocare le letture". E l’avventuroso viaggio iniziatico di Pinocchio lungo il quale il burattino dovrà più e più volte smarrire la strada, ossia perdersi per venire trovato, diviene itinerario labirintico dove il non ancora ragazzo "deve essere trovato per perdersi", giacché tramutare in fuga ogni ritorno sembra il suo destino.

Ma non solo Pinocchio – figura insieme umana e transumana, didascalica e tragicomica – è costretto a edificanti smarrimenti; lo è pure chi affronta questo enigmatico libro parallelo. In cui non ci si addentra senza rischio (narrativamente salutare però) di perdere la bussola, ma – avverte a scanso di equivoci Manganelli – "vi si precipita"; in cui si è presi all’interno di un percorso inquietante che conduce il lettore nientemeno che nel Regno dei Morti (o negli Inferi, così cari all’autore), che Pinocchio dovrà attraversare per morire da burattino e rinascere da ragazzo dopo mille traversie, inganni e autoinganni: Dopo aver incontrato luttuose Bambine-Fate, avversari assassini e aver sperimentato impiccagioni, prigioni, metamorfosi e annegamenti.

Non a caso in una delle ultime avventure/sventure egli finirà, sorta di novello Giona, nel ventre di un mostro marino per patire una morte iniziatica e simbolica: preludio a una rinascita che vedrà la fine del burattino meraviglioso affinché possa entrare in scena un nuovo Pinocchio in carne e ossa. Perché il ragazzo Pinocchio sia pronto in chiusa di volume ad un nuovo percorso esistenziale, di cui nulla sappiamo e che – se qualcuno mai un giorno vorrà narrarlo – è tutto da scrivere

Francesco Roat

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