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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Gennaio 2002

 
L’amore venuto dal freddo

Con l’ironia divertente e tenera di Pane e Tulipani fu successo. Ora Silvio Soldini cambia genere. E rischia molto di più. Perché nel suo ultimo film "Brucio nel vento" punta a una storia lirico-intimista, recitata in ceco da due attori dell’Est. Senza preoccuparsi, spiega in questa intervista, di incassi e botteghino

Dopo il grande successo di Pane e Tulipani, un film che oltre ad incassare molto in Italia ha sbancato i botteghini di mezza Europa, Silvio Soldini torna al cinema con una storia tratta dal romanzo della scrittrice Agota Kristof. Brucio nel vento, girato in Svizzera e interpretato da due attori della Repubblica Ceca doppiati nella versione italiana da Fabrizio Gifuni e Licia Maglietta, è la storia di un operaio dell’est immigrato nella Confederazione Elvetica che rincontra – dopo dieci anni – la bambina di cui si era innamorato sui banchi di scuola, costretta a vivere con un marito gretto e che – nonostante la laurea – fa l’operaia per mantenere la famiglia. Protagonisti del film che verrà presentato in concorso al Festival di Berlino sono gli interpreti cechi Ivan Franek e Barbara Lukesova.

Soldini, perché ha realizzato due versioni del film: una in lingua ceca con i sottotitoli in italiano e una doppiata – peraltro in maniera straordinaria – da Fabrizio Gifuni, Licia Maglietta e Beppe Battiston?

Perché in Italia è impossibile pensare che un film con i sottotitoli guadagni davvero qualche lira. Se fossimo in Francia le cose sarebbero state molto diverse. Così abbiamo dovuto realizzare due versioni: quella in originale che verrà data al cinema Nuovo Sacher di Roma e all’Anteo di Milano, e quella doppiata che verrà distribuita nel resto d’Italia. Non avevo alcuna voglia di doppiarlo, ma poiché ero costretto a farlo ho deciso di lavorare con degli attori e non con dei doppiatori. Volevo degli interpreti che sfuggissero all’impostazione del doppiatore, e così ho lavorato con Fabrizio Gifuni, un attore con cui non avevo mai lavorato prima. Mi interessava dare spazio a delle emozioni e a dei toni di voce, piuttosto che ad un’impostazione.

Perché ha voluto cambiare il finale del romanzo?

Quando ho letto nel 1996, dopo avere realizzato Le acrobate, il libro che mi era stato prestato dalla co-sceneggiatrice Doriana Leondeff, la cosa che non mi piaceva era proprio il finale che sia io che Doriana trovavamo inutilmente punitivo. Così abbiamo cambiato il tipo di finale, perché ci interessava raccontare qualcos’altro che trovavamo più in sintonia con lo spirito dei protagonisti.

Non crede che il pubblico "conquistato" con Pane e Tulipani possa rimanere spiazzato da questa pellicola così intensamente intimista e lirica?

Forse sì, ma io in tutte le interviste e perfino negli spot televisivi ho teso a sottolineare il fatto che questo è assolutamente un altro film. Un altro genere di pellicola che volevo realizzare ancora prima di portare sullo schermo Pane e tulipani. Gli incassi di Pane e tulipani sono stati straordinari e se Brucio nel vento potrà guadagnare anche solo un terzo di quelli, sarà un enorme successo. L’importante è che il film arrivi al suo potenziale pubblico. Questo presuppone una capacità di lasciarsi andare alla poesia. Sono soddisfatto di come è venuto, perché credo che sia più bello di come sarebbe potuto essere se lo avessi girato all’epoca. Non è una commedia, certamente e sono contento di avere iniziato ad esplorare un altro territorio e un altro genere.

Essere un regista significa continuare a scegliere di cambiare. Tramite questo film volevo trovare un linguaggio cinematografico semplice e potente come quello utilizzato dalla scrittrice. Ero molto interessato dal protagonista di questo libro confrontandomi per la prima volta con un protagonista maschile e non femminile. Inoltre ero molto attirato dal confrontarmi con la mancanza di temporalità del film che è sospeso in un’epoca che potrebbe appartenere al passato o al presente. Era interessante potere esplorare anche il confine tra il sogno e la realtà. Ci interessava tradurre in immagini la lingua utilizzata per descrivere le emozioni dei protagonisti. D’altronde io non posso pensare a tutti gli spettatori: mi appassiono alle cose e come autore cerco di proporre al pubblico le mie idee. Io penso agli spettatori, ma non agli incassi. Penso di fare film che interessino, indipendentemente dal genere cui appartengono.

Qual è il carattere che i due interpreti cechi hanno dato al film?

Quello che si vede nel film: la possibilità di fare un altro viaggio, avventurandomi anche in un’altra lingua. Mi è piaciuto dirigere degli attori che recitano usando parole che non capisci. Sai quello che dicono, perché lo hai scritto, ma non lo intendi immediatamente. Non comprendi le sfumature, ma sai bene che la verità delle emozioni viene fuori anche se non comprendi la lingua che viene utilizzata per esprimere questa realtà.

Qual era il grande rischio nell’adattare un romanzo che non aveva scritto?

Il fatto che il film potesse diventare in qualche maniera neorealista o sociologico.

Anche in Brucio nel vento si parla di un viaggio…

Il viaggio è un tema determinante dei miei film. L’ho affrontato anche in altre pellicole, perché ritengo che il viaggio sia assolutamente determinante per comprendere i meccanismi più intimi del cuore delle persone.

m.s.

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