Tunnel di luce, senso di
pace, esperienze extracorporee. Sono i racconti di chi è morto
per qualche minuto ed è resuscitato dopo un incidente o un
arresto cardiaco. La prova che c’è vita dopo la morte, per chi
è religioso. Per gli altri uno scherzo della biologia. Ora uno
studio olandese dice che è vero: anche se il cervello è
"spento" quelle strane visioni non sono inventate. Ma, dicono,
per spiegarlo non occorre scomodare il paradiso
I
racconti sono sempre uguali: "Si vede una grande luce dentro
un tunnel. Si sente una grande pace. Si incontrano i propri
cari morti, gli si parla. Poi si esce dal proprio corpo, come
un’anima leggera. E ci si vede dall’alto, come una telecamera
puntata in basso che lentamente sale verso l’alto". Un film
fatto in casa, con la cinepresa in mano quasi a voler
ricordare quell’ultimo momento: steso su una strada dopo
l’incidente mentre un medico cerca di rianimarti; su un letto
di ospedale con i tuoi parenti che piangono; mentre l’acqua
gelida del fiume dove sei caduto ti si chiude sopra la testa.
Sono i ricordi di chi è stato dato per morto ed è tornato a
vivere. Dopo un incidente, un ictus, un infarto, un trauma
improvviso. La prova che c’è vita dopo la morte? Suggestioni e
scherzi del cervello sotto stress? Materia di discussione,
anche da bar. Ma adesso arriva la scienza, che a modo suo
rimette la palla al centro non senza sorpresa. Perché, dice un
serissimo studio olandese, "quelle visioni sono vere".
No, non vogliono scomodare paradisi e
inferni. "Non abbiamo cercato le prove dell’esistenza della
vita dopo la morte" spiegano i ricercatori olandesi
dell’Hospital Rijnstate che hanno condotto lo studio. La loro
è un’osservazione neutra, magari considerata finora
improponibile. La differenza della ricerca olandese sta
soprattutto nel numero di persone intervistate e nel breve
periodo trascorso dall’esperienza di morte apparente e dalla
registrazione del loro racconto. In tutto 344 vittime di
arresto cardiaco poi resuscitate e ricoverate in 10 ospedali
dell’Olanda. I medici hanno raccolto le dichiarazioni di
queste persone non più di una settimana dopo che erano uscite
dallo stato di cosiddetta "morte clinica". Morte clinica che
in medicina definisce lo stato di incoscienza derivato da
un’insufficiente apporto di sangue al cervello. E senza
sangue, il cervello spegne la luce.
Cosa ne è uscito? Che il 18 per cento dei
pazienti "risorti" ricordava in parte cosa succedeva intorno a
loro mentre erano clinicamente morti. E che un'altra porzione,
fra l’8 e il 12 per cento, riferiva esperienze tipo l’aver
visto una grande luce dentro un tunnel o aver parlato con
parenti e amici morti. E comunque molti di loro ricordavano
nel dettaglio la loro esperienza di trapassati. Difficile,
dicono ora gli scienziati, che si siano inventati tutto.
Se l’esistenza della vita oltre la morte
resta un problema di fede o di dogma religioso, le perplessità
scientifiche non mancano. Una su tutte: un cervello in
funzione presenta attività elettrica, anche quando si dorme,
anche in un moribondo di 100 anni che sta esalando l’ultimo
respiro. Dopo un arresto cardiaco prolungato, il sangue non
circola più e il cervello si "spegne". Cioè non si riesce a
misurare più alcuna attività elettrica. Allora come è
possibile che nei neuroni si formino immagini compiute, ci
siano ricordi, che si viva un’esperienza come in un sogno?
Un
teologo direbbe "ecco, è l’anima che ci fa vedere cosa
succede". I ricercatori olandesi cercano altre risposte. Pim
van Lommel, responsabile della ricerca, pensa che il segreto
della coscienza non vada cercato all’interno delle cellule e
delle molecole. Almeno non solo. Evidentemente anche quando
non c’è attività elettrica, dice, una persona fisicamente
incosciente è in grado di registrare cosa avviene intorno a
lui. Insomma è cosciente. Sa un po’ di acrobazia verbale, ma
Lommel usa un esempio: "E’ come un programma tv: anche quando
spegnete il televisore, che è un semplice ricevitore, il
programma è sempre lì. Solo che non lo potete vedere, Quando
si spegne il cervello, la coscienza è ancora lì ma voi
fisicamente non la sentite".
Susan Blackmore, psicologa inglese, tenta
una possibile spiegazione per tutte queste visioni (la luce,
il tunnel, il senso di pace, le persone morte): nei momenti di
stress estremo il cervello produce grandi quantità di
endorfine, che servono a ridurre il dolore. E questo bagno di
endorfine potrebbe favorire uno stato tipo "sogno euforico".
E il tunnel di luce da dove arriva? La
psicologa una teoria ce l’ha anche per questo: "Immaginate di
avere migliaia di cellule attive al centro e man mano che vi
allontanate all’esterno sempre meno attive. A cosa
assomiglierà una situazione di questo tipo? A una grande luce
centrale che diventa più flebile verso la periferia. Da qui
penso venga la visione del tunnel. E man mano che l’ossigeno
cala, la luce diventa più intensa e così la sensazione di
avvicinarsi a essa".
Non poteva mancare ovviamente lo "scienziato
redento". Come Joyce Hawkes, biologa cellulare rimasta in coma
dopo che una finestra gli era caduta sulla testa e diventata
adesso "consulente spirituale": "Ho avuto la sensazione che il
mio spirito, la mia anima, mi lasciasse e andasse verso
un’altra realtà. Sentivo un grande benessere, una grande pace.
Penso di aver capito che non esiste la morte, che c’è un
cambiamento dallo stato fisico a quello spirituale, e che non
c’è da avere nessuna paura". Lo hanno scoperto anche i
ricercatori olandesi: tutti quelli che hanno vissuto
l’esperienza della rinascita dopo una morte apparente non
hanno più paura dell’aldilà. E si dicono cambiati
profondamente: più amorevoli verso il prossimo, più gentili e
compassionevoli. Fosse vero, si potrebbe organizzare un "coma
di Stato", obbligatorio per tutti al compimento della maggiore
età: un paio di minuti di incoscienza artificiale sotto
controllo medico, la resurrezione e una gran voglia di essere
buoni con tutti. Magari è questo, il paradiso.
Alessandro Mognon