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redarrowleft.GIF (53 byte) Attualità Ottobre 2001  
 

Censurare? Meglio comprare

I rapporti parlavano di "pesanti perdite fra i civili" dopo il bombardamento di Darunta, in Afghanistan. E per il Pentagono quelle foto di cadaveri prese dal satellite civile Ikonos e disponibili a tutti non dovevano arrivare a media e tv. Ma invece di ricorrere alla "censura di guerra" i militari Usa hanno aggirato il problema. E hanno comprato a suon di miliardi i diritti commerciali di tutte le foto del Paese asiatico prese dall’alto

Esagerando un po’ è come se per impedire a tv e media di saperne di più sull’Afghanistan, avessero comprato tutti gli atlanti, mappe e libri di geografia del mondo. In realtà quello che interessava il Pentagono erano altre immagini: quelle dei satelliti. In particolare quelli privati, che possono fotografarti la casa e il giardino dall’alto e mandartene, a pagamento, una copia. Troppo pericolosi, hanno detto i militari Usa: soprattutto il satellite civile Ikonos, in grado di scattare immagini molto più dettagliate di quanto non potessero fare i militari anche solo vent’anni fa. Pericolosi perché non dovevano finire nelle mani di tv e giornali le foto degli effetti dei bombardamenti sull’Afghanistan. Come fare per impedire la "fuga di immagini"? Applicando una legge di guerra che permette di censurare le foto prese dai satelliti civili, per esempio. Ma con qualche "rischio", come vedremo. Così, come scrive su Globalsecurity l’esperto di intelligence Duncan Campbell, ne hanno pensata un’altra per risolvere possibili guai futuri: sborsando qualche milione di dollari le hanno comprate tutte.

Si vedevano dettagli straordinari, dalle foto di Ikonos: come la lunga fila di miliziani talebani che marciano vicino a un campo di addestramento a Jalalabad. Una risoluzione che permetterebbe anche di vedere i cadaveri di eventuali vittime di un bombardamento. Eppure, a bombardamenti già iniziati da un pezzo, il Pentagono non ha mai tirato in ballo l’opzione censura. Fino a mercoledì 17.

Le cose sono cambiate infatti quando sono arrivati i primi rapporti che parlavano di "pesanti perdite fra i civili" dopo il bombardamento notturno dei campi di addestramento di Darunta, vicino a Jalalabad. Inaccettabile, per il Pentagono. Quelle scene non si dovevano vedere né a ovest né ad est. Insomma né i sensibili cuori occidentali con il rischio di vedersi bloccare i bombardamenti per motivi umanitari, né quelli più duri dei nemici talebani che avrebbero potuto usarle come propaganda.

Così sul momento avevano pensato di rifarsi alle leggi degli Stati Uniti che, in caso di stato di guerra, permettono al dipartimento della Difesa di esercitare una sorta di "censura legale" sulle immagini prese dai satelliti civili. Facile. Finché qualche avvocato militare non si è accorto della trappola: "Occhio – ha avvisato – Potete fermare le immagini che mostrano posizioni di truppe o che possono compromettere la sicurezza dei soldati. Ma sulle altre vi beccate una causa per violazione della libertà di stampa…".

Insomma difficile dire che la foto delle vittime di un bombardamento rappresenti un pericolo per le operazioni militari. Giornali e tv avrebbero potuto facilmente rifarsi al Primo Emendamento che garantisce, appunto, la libertà di stampa. Così al Pentagono hanno scelto la strada commerciale: comprare i diritti di tutte le immagini di Ikonos che riguardano l’Afghanistan. Comprese quelle del primo giorno di attacco. Una pura questione di "guerra psicologica", visto che ai militari quelle foto non interessano: loro ne hanno di 10 volte più definite, ottenute grazie ai satelliti Keyholes ("Buchi di serratura") che vanno ben oltre il metro di risoluzione di Ikonos.

Si potrebbe chiedere aiuto ai russi (che hanno il sistema satellitare Cosmos), ma per ora non ci sono risposte. E vista la passione con cui appoggiano l’intervento Usa in Afghanistan, difficile che scontentino il Pentagono per far piacere al New York Times. Così si è forse aperta una nuova strada nei (da sempre) difficili rapporti stampa-militari: se non posso combatterti, ti compro. Nel vero senso della parola: prossimo passo sarà la proprietà del ministero della Difesa di un giornale o di una rete tv. L’unico, ovviamente, autorizzato a trasmettere dal campo di battaglia e chiudere i suoi servizi in stile Cnn: "…e quindi nessun civile è rimasto vittima dei bombardamenti. Generale Powell, PentagonTv, Afghanistan…".

a.m.

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