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redarrowleft.GIF (53 byte) Scienza Settembre 2001  
 

Okinawa forever

Sono i giapponesi i più longevi del mondo. Ma il record di centenari e anziani con una salute di ferro lo ha l’isola finora famosa solo per la guerra del Pacifico. Dove non si ammalano mai e campano lavorando e ballando oltre il secolo. Un segreto svelato ora da tre studiosi che hanno scritto un libro. Per dirci che tutti possiamo diventare come i matusalemme di Okinawa. Perché i geni non contano, ma le abitudini di vita si

In fondo non ci possiamo neanche lamentare, noi italiani. Nella classifica mondiale dei vecchietti più arzilli siamo infatti ai primi posti con una aspettativa di vita media di 78,3 anni. In Europa ci battono solo francesi e svedesi, ma a voler essere dispettosi da noi almeno non si spendono 50 mila lire per una bottiglia di vino e abbiamo sole e mare per sei mesi l’anno. Piccola consolazione, visto che poi alla fine tutti dobbiamo inchinarci ai giapponesi che con 79,9 anni di vita media non hanno rivali.

Eppure anche gli indistruttibili cittadini di Tokyo si rodono dall’invidia. Perché in realtà pure loro perdono la battaglia della longevità, anche se "in casa": è nell’isola di Okinawa infatti, a sud del Giappone, conosciuta finora per la feroce battaglia fra l’esercito del sol levante e gli americani durante la Seconda Guerra Mondiale, dove vivono le persone con il più basso tasso di mortalità al mondo: 81,2 anni di vita media. E, in più, con il minor tasso di malattie. Insomma dove campa, lavora, balla (si, a 100 anni ballano ancora) e sorride il più alto numero di centenari in perfetta salute. Una mini-popolazione che non assomiglia né nell’aspetto né nelle abitudini agli occidentali ma nemmeno agli altri giapponesi. Una situazione così anomala da aver fatto sbarcare su quel pezzo di terra intere equipe di ricercatori. Tutti a caccia del segreto dei nonni locali.

E qual è questo segreto allora? Sono sbarcati gli alieni a regalare salute eterna come nel film Cocoon? Fantasie. Un’acqua miracolosa? No. Una pianta curativa? Macché. Un supergene che li protegge da ogni male? Sembrava la cosa più probabile. Finché non si è visto che sia gli abitanti di Okinawa emigrati all’estero che i giovani dell’isola che vivono (e mangiano) "all’occidentale" perdono subito il superpotere di invecchiare bene. E si ammalano delle stesse patologie che assillano i ricchi e pasciuti europei e nordamericani. Così è bastato osservare con attenzione come vivono i centenari del posto per capire che il vero segreto di Okinawa non è altro che l’applicazione spontanea di tutte le regolette uscite dalle ricerche mediche di questi anni su salute e longevità: mangiare sano e poco, gestire lo stress, tenere rapporti sociali e restare attivi.

A scoprire il non-segreto dell’isola sono stati Makoto Suzuki, geriatra e cardiologo dell’Okinawa International University e primo responsabile dell’Okinawa Centenarian Study, un’istituzione del ministero della Sanità giapponese per lo studio delle popolazioni più longeve del mondo; Bradley J. Willcox, geriatra dell’Harvard medical school e Craig Willcox, antropologo e gerontologo. Alla fine hanno scritto un libro, "The Okinawa Program – How the world’s longest-lived people achieve everlasting health and how you can too" (come la popolazione più longeva del mondo ha raggiunto la salute eterna e come anche tu puoi farlo).

Okinawa si è rivelato il luogo ideale per la ricerca della fontana della giovinezza. Perché, a differenza di molte altre regioni da sempre considerate regno dei matusalemme, qui è dal 1879 che si tiene uno scrupoloso registro (il "koseki")delle nascite e delle morti (perfino negli Stati Uniti è solo dal 1940 che esiste un albo nazionale delle nascite). Per decenni si è favoleggiato dei centenari di Vilcabamba, in Ecuador e del Caucaso. Poi si è scoperto che la vita media in quelle zone era perfino più corta di quella negli Usa. Motivo: molti giovani in realtà prendevano il nome dei parenti morti per evitare il servizio militare, i vecchi si aumentavano l’età per motivi di prestigio sociale e la registrazione delle date di nascita era inaffidabile. Okinawa no: tutto vero e certificato.

Basta qualche cifra: negli Usa ci sono 10 centenari ogni 100mila persone, a Okinawa sono 34 ogni 100mila. Tre volte tanto. Ma se i geni non contano o contano poco, cosa accidenti fanno di tanto speciale gli abitanti dell’isola giapponese? Finché stanno in piedi (cioè fino a 100 anni…) lavorano e comunque fanno attività fisica (pesca, giardinaggio, perfino ballo e arti marziali), hanno una dieta a base principalmente di verdure, frutta, pesce e soia, pochi grassi e di quelli sani e tutti vivono in forte sintonia con la comunità sociale, si aiutano a vicenda pur mantenendo un forte senso di indipendenza e di responsabilità per la propria salute.

Niente pozioni magiche, insomma. Nel libro di Suzuki e colleghi si scopre solo che il segreto di tanta salute anche a 100 anni è un mix di quello che la medicina dice da tempo. Lo studio sui centenari (ma anche sugli ultrasettantenni) di Okinawa sembra dare così ragione alle decine di ricerche sulla longevità: la genetica conta molto meno delle abitudini di vita. Qualche dato: negli anziani dell’isola è spesso presente una conformazione genetica dell’antigene leucocitario chiamato HLA che li rende a basso rischio di malattie autoimmuni. Ma anche chi tra loro ha nei geni un HLA ad alto rischio, vive comunque fino a 100 anni. Come dire che a fare la differenza è lo stile di vita. In più le ricerche demografiche hanno evidenziato che solo negli ultimi 40 anni la popolazione di Okinawa ha guadagnato qualcosa come 20 anni di vita in più, soprattutto per la grande riduzione di infarti e cancro allo stomaco. Altra prova che i geni non c’entrano ma le abitudini di vita si. Ultima controprova, attraverso l’analisi degli emigrati: chi ha lasciato l’isola e ha cambiato abitudini ora soffre molto di più dei suoi concittadini rimasti di tutte le malattie classiche occidentali, in particolare quelle cardiocircolatorie.

Ancora: nel sangue degli over 70 di Okinawa ci sono basse percentuali di radicali liberi (molecole responsabili di danni alle cellule). Il motivo, secondo gli scienziati, è il ridotto consumo di calorie: finora si era visto questo effetto-longevità da poco cibo solo negli animali da laboratorio. Negli anziani di Okinawa le arterie sono incredibilmente pulite, il colesterolo è basso e i livelli di omocisteina (un amminoacido che danneggia le pareti delle arterie) sono al minimo. Anche qui tutto merito di dieta, attività fisica, niente fumo, poco alcool e la capacità di controllare lo stress.

Ma si può andare avanti così per tutto o quasi: a Okinawa hanno l’80 per cento in meno rispetto all’occidente di casi di tumore al seno e alla prostata, e del 50% per ovaie e colon. I vecchi dell’isola soffrono di fratture all’anca 20% meno dei vicini giapponesi e 40% in meno di europei e nordamericani. La densità minerale ossea è uguale fino a 40 anni (uomini) e 50 (donne), poi noi perdiamo molto più calcio di loro. Di nuovo devono ringraziare la dieta ricca di calcio e vegetali, il sole, l’esercizio fisico continuo. Ovviamente soffrono anche molto meno di demenza senile, sono tutti snelli e con un indice di massa magra ideale e il tasso di estrogeni, testosterone e Dhea (un ormone che declina con l’aumentare dell’età) è sempre superiore a quello degli occidentali.

Infine le ultime due osservazioni. E molto più importanti di quanto non si creda. La prima: gli anziani dai 70 ai 100 anni di Okinawa vivono senza tensioni e fretta, hanno grande stima di sé stessi, sono ottimisti verso la vita e adattabili alle circostanze. Il principio base della loro esistenza è la moderazione, oltre ad avere forti rapporti sociali e una profonda spiritualità. Seconda: nell’isola si usa sia la medicina moderna (all’occidentale per intenderci) che quella orientale fatta ad esempio di erbe curative. Un’unione (ying e yang? Positivo e negativo?) che sembra dare ottimi risultati. E quello che in fondo dice il libro "Okinawa program": i matusalemme di Okinawa non sono marziani, per campare tanto e soprattutto bene basta imitarli. Semplice. Semplice? Non nello schizofrenico mondo occidentale che ci siamo costruiti. Forse trasferendosi a Okinawa. E rinunciando ai sigari, alla grappa, alle tagliatelle, al prosciutto, alla fiorentina, alla partita, alla corsa in moto. E al lavoro.

Alessandro Mognon

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