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redarrowleft.GIF (53 byte) Lettura Settembre 2001  
 

Penelope ti giuro, con Calipso
è stata solo una scappatella…

Non sempre c’è un Omero dietro l’angolo pronto a raccontare in versi le nostre storie "normali". Allora si può fare l’inverso: rivisitare le avventure amorose di Ulisse in chiave moderna. Così la partenza da Itaca avviene su una nave da crociera, le Sirene sono un gruppo pop e gli inferi dell’Ade un centro termale

In uno dei suoi più importanti saggi, Balzac ci invia, tramite il marchese de T, una sottile provocazione: "Provate ora a rinunciare all'amore. Immediatamente finiscono i fastidi, le apprensioni, le inquietudini, tutte quelle miriadi di piccole passioni che minano le forze dell'uomo". Certo, il rapporto d'amore, viene spesso visto come una bella scocciatura perché Cupido presenta quasi sempre il conto agli amanti per le piccolo gioie concesse; ma alcune storie sono state e sono ancora così piacevolmente sconvolgenti che forse vale la pena di non dare retta a Balzac…

Molto spesso le donne del mito e della letteratura sono protagoniste di storie d’amore intense e appassionate. Fra le molteplici vicende raccontate ce ne sono alcune che assomigliano alle nostre tanto che è possibile parlare di alcuni tipi di donne innamorate: c’è la sposa fedele, quella abbandonata, la fanciulla al primo amore, quella ammaliatrice…e, le passioni e le emozioni dei protagonisti non appaiono irreali, anzi, sono, a volte, tanto concrete da sembrare nostre. Prendiamo a esempio la vicenda di Odisseo e Calipso:

Calipso è la donna ammaliatrice dell’antico mondo greco: è la splendida ninfa luminosa che dopo aver accolto Odisseo nella lussureggiante isola di Ogigia, ai confini del mondo conosciuto, se ne innamora a tal punto che vorrebbe sposarlo; ma Ulisse, preso dalla nostalgia della sua Patria e dei suoi affetti, pur unendosi alla giovane, sogna di ritornare da Penelope, ben più matura di Calipso: le ninfe erano infatti ragazze prossime all’età adulta che avevano relazioni amorose sia con i mortali che con gli dei. In arte comparivano sempre senza vesti. Forse fu così che apparve, per la prima volta, a Ulisse quando la scorse uscire dall’antro in cui stava nascosta. Non a caso, il nome Calipso deriva da "kaliptein" che in greco significa" nascondere".

Lungo il lido ei sen gìa, finché vicina
S'offerse a lui la spazïosa grotta,
Soggiorno della ninfa il crin ricciuta,
Cui trovò il nume alla sua grotta in seno.
Grande vi splendea foco, e la fragranza
Del cedro ardente e dell'ardente tio
Per tutta si spargea l'isola intorno.
Ella, cantando con leggiadra voce,
Fra i tesi fili dell'ordìta tela
Lucida spola d'ôr lanciando andava.
lo speco
.

Calipso è giovinezza che non trascorre; da semidea, partecipa sia alle gioie e ai dolori degli umani, che all’ immortalità dei divini. Forse è questo che turba Odisseo, uomo concreto che vive nel divenire. E’ l’eterna bellezza della ninfa, che non conosce i segni del tempo, a portarlo alla stanchezza e alla noia. Sono le stagioni che non si rincorrono a spegnere la curiosità di Ulisse nei confronti di Calipso e a fargli desiderare il ritorno da Penelope trafitta nel volto dalle rughe e dal corpo avviato alla vecchiaia. Odisseo è nel tempo, Calipso nell’eternità: dimensioni che hanno impedito il nascere di un amore reciproco pieno e appagante e che hanno, per contro, afflitto la giovane semidea condannandola, per la sua natura, alle pene di un amore solo sfiorato.

Il lirismo di Omero ha saputo creare due figure simbolo, trasformando quella che per Ulisse era forse stata una semplice scappatella, in un episodio amoroso carico di echi e suggestioni… Le nostre storie invece, anche quelle più intense, rischiano, a meno che non capitino in mano a una buona penna, di naufragare agli occhi degli altri nella banalità e nel grottesco. Proviamo, infatti, a fare uno di quei giochini linguistici di irriverenza nei confronti dell’autore che proponevano tempo fa le maestre a scuola: riscrivi la storia ambientandola nel tuo tempo…

Ulisse era stufo: gli ultimi anni in famiglia erano stati un disastro. Telemaco non smetteva di frignare perché voleva il cavalluccio di legno, Penelope più isterica che mai a fare e disfare gomitoli. Il barboncino Argo sempre scodinzolante fra i piedi e poi lei... quella smorfiosa di Venere che, dal mare, gli ammiccava sorrisini mentre faceva windsurf mezza nuda sulla conchiglia.

Sarà mica il Destino a volermi inchiodare qui?!" Si chiedeva ogni volta che il sole calava su Itacacity, in attesa di un segnale dal cielo. E il segnale presto giunse, non dal cielo, bensì da un manifesto di promozione turistica che proponeva una economicissima crociera sulla Odissea 2001.

"Per tutti i capperi di Itaca!", esclamò "Io parto e se avvertirò il nostos, scriverò qualche cartolina alla famiglia"

Fu così che di buon mattino, col vento in poppa, l'Odissea 2001 salpò con a bordo Ulisse, sempre più smanioso di divenir del mondo esperto. Dolci erano le onde che rendevano la crociera piacevole e rilassante. E ancora più gradevoli furono le tappe del viaggio: Ulisse trovò appassionante il Ciclopy park, il sofisticato parco dei divertimenti in cui erano stati ricreati mostruosi giganti meccanici dai cui occhi scendevano scivoli d'acqua che conducevano a immense piscine; provò un certo brivido nell'ammirare i suggestivi giochi di magia di Circe, la più celebre illusionista del Mediterraneo. Deliziose furono le ore alle terme di Inferi, pittoresca insenatura dell'isola Ade, e freneticamente sballanti quelle trascorse a sbavare ai piedi del palco su cui si esibivano le Sirene, pop group, sull'onda del successo.

E sì, quella crociera stava davvero portando i suoi frutti (di mare, si intende) per Ulisse, che di giorno in giorno perdeva quell'espressione da depresso incompreso per ritornare bello, impossibile, con gli occhi neri e con la bocca da baciare. Ma lo sballo vero, quello che ti toglie almeno vent’anni di dosso ancora non c’era.

Fu Ogigia, l’isola galeotta, dove Calipso, presidentessa del sindacato delle ninfe, faceva da padrona. Ne aveva conosciute parecchie di ninfe, ma Calipso era molto più attizzante di tutte le Naiadi, le Nereidi e le Oreidi messe assieme.

Fin da subito lo aveva trascinato in quell’immortale labirinto di sensualità che solo i corpi appena pronunciati, e le pelli bianchissime, non ancora ambrate dal tempo delle ragazze alle soglie dell’età adulta ti possono trascinare. I flutti infiniti del piacere della piccola ninfa, la sua insaziabile voglia di giocare, i prati molli di viola, l’ odore di cedro della sua carne, avevano riportato Ulisse in quella dimensione in cui si perde la sostanza del tempo e il terrore della morte diventa un dolcissimo lasciarsi andare tra le stelle…marine della spiaggia di Ogigia.

Itaca, Penelope, Telemaco, Eumeo, Euriclea erano ormai una indistinta pangea alla deriva del mondo, vaghi e sfuggenti riflessi marini che solo qualche volta al tramonto, tornavano a infastidirgli gli occhi quando non aveva gli occhiali da sole.

Ma il Nostos, è una malattia incurabile, sembra abbandonarti per un po’, però, appena dimentichi la pillola, ritorna e si acutizza. E la vite feconda di grappoli, l’odore di ambrosia, quel farti godere anche nel cuore che solo Calipso e altre pochissime ragazze sanno fare, di pillole gliene avevano fatte dimenticare tante, al punto che una sera gli sembrò addirittura di sentire il fruscio del cipresso di casa e il calore delle pietre arroventate di Itaca sotto i piedi. Erano i trucchi diabolici di Ermete, il tour operator dell’agenzia di viaggi che aveva deciso la partenza. Calipso aveva moltiplicato le seduzioni e lui, il nostro viaggiatore, avrebbe perpetuato all’eterno il tradimento a Penelope standosene arroccato al promontorio di Ogigia se non ci fosse messo di mezzo anche Eolo, il buttafuori dell’isola, che lo scaraventò di brutto sull’ Odissea 2001 per riportarlo a Itacacity trasformando quello che avrebbe potuto essere un tradimento bello e buono in una semplice scappatella.

A casa niente era cambiato: Argo gli sbavava dietro come al solito, Telemaco un po’ più alto, ah! Penelope gli aveva finito il maglione, ma "Cosa se ne fa uno di un maglione di lana in un’isola dell’Egeo?"

Ma non era finita proprio qui, perché un giorno il postino di Itaca suonò alla porta di Ulisse per consegnargli una missiva di Calipso, ovvero di uno dei più amati e amabili Cyrani dei nostri giorni, lo scrittore Antonio Tabucchi che qui vorrei riportare in alcuni passi, per confermare che, il bello scrivere può trasformare in perla letteraria anche una banale storia di tradimento.

Lettera di Calipso, ninfa a Odisseo, re di Itaca

Da A. Tabucchi "I volatili del beato Angelico" Sellerio ed. Palermo

Violetti e turgidi come carni segrete sono i calici dei fiori di Ogigia; piogge leggere e brevi, tiepide, alimentano il verde lucido dei suoi boschi; nessun inverno intorbida le acque dei suoi ruscelli.

E’ trascorso un battito di palpebre dalla tua partenza che a te pare remota, e la tua voce che dal mare mi dice addio, ferisce ancora il mio udito divino in questo mio invalicabile ora. Guardo ogni giorno il carro del sole che corre nel cielo e seguo il suo tragitto verso il tuo occidente; guardo le mie mani immutabili e bianche…. Tu invece vivi nel mutamento. Le tue mani si sono fatte ossute, con le nocche sporgenti, le salde vene azzurre che le percorrono sul dorso sono andate assomigliando ai cordami nodosi della tua nave;….Ah Odisseo , poter sfuggire a questo verde perenne! Poter accompagnare le foglie che ingiallite cadono e vivere con esse il momento! Sapermi mortale.

Invidio la tua vecchiezza, e la desidero: e questa è la forma d’amore che ho per te. E sogno un’altra me stessa, vecchia e canuta, e cadente; e sogno di sentire le forze che mi vengono meno, di sentirmi ogni giorno più vicina al Grande Circolo nel quale tutto rientra e gira; di disperdere gli atomi che formano questo corpo di donna che io chiamo Calipso.

E invece resto qui, a fissare il mare che si distende e si ritira, a sentirmi la sua immagine, a soffrire questa stanchezza di essere che mi strugge e che non sarà mai appagata-è il vacuo terrore dell’eterno.

mcp

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