Non sempre c’è
un Omero dietro l’angolo pronto a raccontare in versi le
nostre storie "normali". Allora si può fare l’inverso:
rivisitare le avventure amorose di Ulisse in chiave moderna.
Così la partenza da Itaca avviene su una nave da crociera, le
Sirene sono un gruppo pop e gli inferi dell’Ade un centro
termale
In uno dei suoi più importanti
saggi, Balzac ci invia, tramite il marchese de T, una sottile
provocazione: "Provate ora a rinunciare all'amore.
Immediatamente finiscono i fastidi, le apprensioni, le
inquietudini, tutte quelle miriadi di piccole passioni che
minano le forze dell'uomo". Certo, il rapporto d'amore,
viene spesso visto come una bella scocciatura perché Cupido
presenta quasi sempre il conto agli amanti per le piccolo
gioie concesse; ma alcune storie sono state e sono ancora
così piacevolmente sconvolgenti che forse vale la pena di non
dare retta a Balzac…
Molto spesso le donne del mito
e della letteratura sono protagoniste di storie d’amore
intense e appassionate. Fra le molteplici vicende raccontate
ce ne sono alcune che assomigliano alle nostre tanto che è
possibile parlare di alcuni tipi di donne innamorate: c’è
la sposa fedele, quella abbandonata, la fanciulla al primo
amore, quella ammaliatrice…e, le passioni e le emozioni dei
protagonisti non appaiono irreali, anzi, sono, a volte, tanto
concrete da sembrare nostre. Prendiamo a esempio la vicenda di
Odisseo e Calipso:
Calipso è la donna
ammaliatrice dell’antico mondo greco: è la splendida ninfa
luminosa che dopo aver accolto Odisseo nella lussureggiante
isola di Ogigia, ai confini del mondo conosciuto, se ne
innamora a tal punto che vorrebbe sposarlo; ma Ulisse, preso
dalla nostalgia della sua Patria e dei suoi affetti, pur
unendosi alla giovane, sogna di ritornare da Penelope, ben
più matura di Calipso: le ninfe erano infatti ragazze
prossime all’età adulta che avevano relazioni amorose sia
con i mortali che con gli dei. In arte comparivano sempre
senza vesti. Forse fu così che apparve, per la prima volta, a
Ulisse quando la scorse uscire dall’antro in cui stava
nascosta. Non a caso, il nome Calipso deriva da "kaliptein"
che in greco significa" nascondere".
Lungo il lido ei sen gìa, finché vicina
S'offerse a lui la spazïosa grotta,
Soggiorno della ninfa il crin ricciuta,
Cui trovò il nume alla sua grotta in seno.
Grande vi splendea foco, e la fragranza
Del cedro ardente e dell'ardente tio
Per tutta si spargea l'isola intorno.
Ella, cantando con leggiadra voce,
Fra i tesi fili dell'ordìta tela
Lucida spola d'ôr lanciando andava.
lo speco.
Calipso è giovinezza che non
trascorre; da semidea, partecipa sia alle gioie e ai dolori
degli umani, che all’ immortalità dei divini. Forse è
questo che turba Odisseo, uomo concreto che vive nel divenire.
E’ l’eterna bellezza della ninfa, che non conosce i segni
del tempo, a portarlo alla stanchezza e alla noia. Sono le
stagioni che non si rincorrono a spegnere la curiosità di
Ulisse nei confronti di Calipso e a fargli desiderare il
ritorno da Penelope trafitta nel volto dalle rughe e dal corpo
avviato alla vecchiaia. Odisseo è nel tempo, Calipso nell’eternità:
dimensioni che hanno impedito il nascere di un amore reciproco
pieno e appagante e che hanno, per contro, afflitto la giovane
semidea condannandola, per la sua natura, alle pene di un
amore solo sfiorato.
Il lirismo di Omero ha saputo
creare due figure simbolo, trasformando quella che per Ulisse
era forse stata una semplice scappatella, in un episodio
amoroso carico di echi e suggestioni… Le nostre storie
invece, anche quelle più intense, rischiano, a meno che non
capitino in mano a una buona penna, di naufragare agli occhi
degli altri nella banalità e nel grottesco. Proviamo,
infatti, a fare uno di quei giochini linguistici di
irriverenza nei confronti dell’autore che proponevano tempo
fa le maestre a scuola: riscrivi la storia ambientandola nel
tuo tempo…
Ulisse era stufo: gli ultimi
anni in famiglia erano stati un disastro. Telemaco non
smetteva di frignare perché voleva il cavalluccio di legno,
Penelope più isterica che mai a fare e disfare gomitoli. Il
barboncino Argo sempre scodinzolante fra i piedi e poi lei...
quella smorfiosa di Venere che, dal mare, gli ammiccava
sorrisini mentre faceva windsurf mezza nuda sulla conchiglia.
Sarà mica il Destino a volermi
inchiodare qui?!" Si chiedeva ogni volta che il sole
calava su Itacacity, in attesa di un segnale dal cielo. E il
segnale presto giunse, non dal cielo, bensì da un manifesto
di promozione turistica che proponeva una economicissima
crociera sulla Odissea 2001.
"Per tutti i capperi di
Itaca!", esclamò "Io parto e se avvertirò il
nostos, scriverò qualche cartolina alla famiglia"
Fu così che di buon mattino,
col vento in poppa, l'Odissea 2001 salpò con a bordo Ulisse,
sempre più smanioso di divenir del mondo esperto. Dolci erano
le onde che rendevano la crociera piacevole e rilassante. E
ancora più gradevoli furono le tappe del viaggio: Ulisse
trovò appassionante il Ciclopy park, il sofisticato parco dei
divertimenti in cui erano stati ricreati mostruosi giganti
meccanici dai cui occhi scendevano scivoli d'acqua che
conducevano a immense piscine; provò un certo brivido
nell'ammirare i suggestivi giochi di magia di Circe, la più
celebre illusionista del Mediterraneo. Deliziose furono le ore
alle terme di Inferi, pittoresca insenatura dell'isola Ade, e
freneticamente sballanti quelle trascorse a sbavare ai piedi
del palco su cui si esibivano le Sirene, pop group, sull'onda
del successo.
E sì, quella crociera stava
davvero portando i suoi frutti (di mare, si intende) per
Ulisse, che di giorno in giorno perdeva quell'espressione da
depresso incompreso per ritornare bello, impossibile, con gli
occhi neri e con la bocca da baciare. Ma lo sballo vero,
quello che ti toglie almeno vent’anni di dosso ancora non c’era.
Fu Ogigia, l’isola galeotta,
dove Calipso, presidentessa del sindacato delle ninfe, faceva
da padrona. Ne aveva conosciute parecchie di ninfe, ma Calipso
era molto più attizzante di tutte le Naiadi, le Nereidi e le
Oreidi messe assieme.
Fin da subito lo aveva
trascinato in quell’immortale labirinto di sensualità che
solo i corpi appena pronunciati, e le pelli bianchissime, non
ancora ambrate dal tempo delle ragazze alle soglie dell’età
adulta ti possono trascinare. I flutti infiniti del piacere
della piccola ninfa, la sua insaziabile voglia di giocare, i
prati molli di viola, l’ odore di cedro della sua carne,
avevano riportato Ulisse in quella dimensione in cui si perde
la sostanza del tempo e il terrore della morte diventa un
dolcissimo lasciarsi andare tra le stelle…marine della
spiaggia di Ogigia.
Itaca, Penelope, Telemaco,
Eumeo, Euriclea erano ormai una indistinta pangea alla deriva
del mondo, vaghi e sfuggenti riflessi marini che solo qualche
volta al tramonto, tornavano a infastidirgli gli occhi quando
non aveva gli occhiali da sole.
Ma il Nostos, è una malattia
incurabile, sembra abbandonarti per un po’, però, appena
dimentichi la pillola, ritorna e si acutizza. E la vite
feconda di grappoli, l’odore di ambrosia, quel farti godere
anche nel cuore che solo Calipso e altre pochissime ragazze
sanno fare, di pillole gliene avevano fatte dimenticare tante,
al punto che una sera gli sembrò addirittura di sentire il
fruscio del cipresso di casa e il calore delle pietre
arroventate di Itaca sotto i piedi. Erano i trucchi diabolici
di Ermete, il tour operator dell’agenzia di viaggi che aveva
deciso la partenza. Calipso aveva moltiplicato le seduzioni e
lui, il nostro viaggiatore, avrebbe perpetuato all’eterno il
tradimento a Penelope standosene arroccato al promontorio di
Ogigia se non ci fosse messo di mezzo anche Eolo, il
buttafuori dell’isola, che lo scaraventò di brutto sull’
Odissea 2001 per riportarlo a Itacacity trasformando quello
che avrebbe potuto essere un tradimento bello e buono in una
semplice scappatella.
A casa niente era cambiato:
Argo gli sbavava dietro come al solito, Telemaco un po’ più
alto, ah! Penelope gli aveva finito il maglione, ma "Cosa
se ne fa uno di un maglione di lana in un’isola dell’Egeo?"
Ma non era finita proprio qui,
perché un giorno il postino di Itaca suonò alla porta di
Ulisse per consegnargli una missiva di Calipso, ovvero di uno
dei più amati e amabili Cyrani dei nostri giorni, lo
scrittore Antonio Tabucchi che qui vorrei riportare in alcuni
passi, per confermare che, il bello scrivere può trasformare
in perla letteraria anche una banale storia di tradimento.
Lettera di Calipso, ninfa a
Odisseo, re di Itaca
Da A. Tabucchi "I
volatili del beato Angelico" Sellerio ed. Palermo
Violetti e turgidi come carni
segrete sono i calici dei fiori di Ogigia; piogge leggere e
brevi, tiepide, alimentano il verde lucido dei suoi boschi;
nessun inverno intorbida le acque dei suoi ruscelli.
E’ trascorso un battito di
palpebre dalla tua partenza che a te pare remota, e la tua
voce che dal mare mi dice addio, ferisce ancora il mio udito
divino in questo mio invalicabile ora. Guardo ogni giorno il
carro del sole che corre nel cielo e seguo il suo tragitto
verso il tuo occidente; guardo le mie mani immutabili e
bianche…. Tu invece vivi nel mutamento. Le tue mani si sono
fatte ossute, con le nocche sporgenti, le salde vene azzurre
che le percorrono sul dorso sono andate assomigliando ai
cordami nodosi della tua nave;….Ah Odisseo , poter sfuggire
a questo verde perenne! Poter accompagnare le foglie che
ingiallite cadono e vivere con esse il momento! Sapermi
mortale.
Invidio la tua vecchiezza, e la
desidero: e questa è la forma d’amore che ho per te. E
sogno un’altra me stessa, vecchia e canuta, e cadente; e
sogno di sentire le forze che mi vengono meno, di sentirmi
ogni giorno più vicina al Grande Circolo nel quale tutto
rientra e gira; di disperdere gli atomi che formano questo
corpo di donna che io chiamo Calipso.
E invece resto qui, a fissare
il mare che si distende e si ritira, a sentirmi la sua
immagine, a soffrire questa stanchezza di essere che mi
strugge e che non sarà mai appagata-è il vacuo terrore dell’eterno.
mcp