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redarrowleft.GIF (53 byte) Lettura Maggio 2001  (a cura di Francesco Roat)
 

I dervisci rotanti ballano New Age

Girano come trottole al ritmo di una musica ipnotica, raggiungendo uno stato di trance mistica. Sono dei sacerdoti, i più antichi rappresentanti del sufismo, una corrente del pensiero islamico vecchia di secoli ma sorprendentemente moderna. Divenuta infatti l’ispiratrice della New Age. Perché, come spiega la Schimmel nel suo libro, predica la tolleranza e odia il settarismo

Annemarie Schimmel, Sufismo, Morcelliana, pp.130, L.20.000

Cos’è il sufismo? Se uscendo per la via ponessimo alla gente che passa questa domanda, credo che ben pochi riconoscerebbero in questo vocabolo desueto la più eccelsa espressione del misticismo islamico. Del resto l’origine stessa del termine sufi non è chiara nemmeno agli esperti, se è vero che – scartata l’ipotesi di derivazione dal greco σοφία (sapienza) – esso potrebbe trarre origine da ahl al-suffa: il nome del pergolato sotto il quale i primi musulmani si raccoglievano intorno al profeta; oppure derivare dalla parola sūf: la lana di cui erano fatti i vestiti grezzi che gli antichi mistici indossavano. Ma forse il modo migliore per indicare cosa esprima davvero il sufismo è usare una felice perifrasi della Schimmel: tale corrente mistica costituisce "la dimensione interiore dell’islam"; in quanto, nonostante nell’immaginario di molte persone colte occidentali i sufi abbiano spesso finito col rappresentare una sorta di setta eretica o quantomeno eterodossa rispetto alla dottrina ufficiale islamica, resta che per il sufismo ancor oggi il libro sacro del Corano e Maometto rappresentano il cuore pulsante della vita spirituale.

Tuttavia, benché si possa concordare quindi con William C. Chittick sul fatto che sufi è il buon musulmano, è pur vero – ci ricorda la Schimmel – che sufi è soprattutto "uno che non è": ossia un religioso il quale, alla pari dei mistici di ogni tradizione e latitudine, anela annullarsi e perdersi nell’Amato divino. E proprio qui sta il difficile per chi abbia intenti divulgativi: trovare parole per dire l’inesprimibile di una prassi contemplativa, contraddistinta appunto dall’amore estatico verso dio, che i sufi medesimi cercavano di rappresentare con termini mutuati dall’eros terreno, quali "ebbrezza" o "passione". Non a caso, in Occidente, l’ambito maggiormente conosciuto di questa singolarissima spiritualità religiosa è proprio la letteratura ad essa ispirata o meglio la poesia persiana nata sotto l’influsso del sufismo, il cui più celebre rappresentante è Rūmī (sec. XIII), cantore peraltro di banchetti e libagioni, di rapporti tra uomo e donna insieme casti e sensuali. Tutti simboli allegorici della relazione per antonomasia: quella con Dio.

Ma la strada per giungere al cospetto del divino quasi mai è agevole da percorrere, nemmeno per chi sia pronto ad abbandonare il dedalo dei sentieri mondani. Così spesso i sufi si raccoglievano in una confraternita – sottolinea la Schimmel – per essere istruiti da un maestro; solo questi infatti era ritenuto in grado di indicare la via giusta al murīd, al discepolo. L’ordine sufi più famoso e duraturo nei secoli era quello indiano dei dervisci (o poveri) che vivevano in conventi comunitari grazie alla carità altrui. E i dervisci, noti per la propensione alla musica e per le danze vorticose con cui essi si procuravano una sorta di trance, peregrinando nei loro abiti color cannella dagli esotici copricapi – leggiamo ancora nel saggio – "hanno esteso l’influenza del loro ordine all’intero subcontinente e l’hanno recato infine, in una forma modernizzata, anche all’Europa e all’America".

Così anche da noi, negli ultimi decenni sono nati movimenti influenzati dal sufismo, pur senza avere connotati specificamente islamici; finendo inevitabilmente i più per sfociare nell’indistinto, sincretistico ed eterogeneo universo della New Age, in cui trovano luogo un po’ tutte le forme religiose o spirituali d’origine orientale, purché non viziate da fondamentalismi settari. Nascono altresì – scrive ancora la Schimmel – commistioni di genere tra la musica sufi (caratterizzata eminentemente dal ritmo) e quella dei gruppi alternativi occidentali e vari siti su Internet forniscono anche ai non addetti ai lavori la possibilità di documentarsi sulle favolose performance estatiche dei dervisci danzanti. Ma se ci chiedessimo infine cos’è davvero il sufismo, potremmo forse rispondere citando Rūmī, il quale afferma che esso è: "Trovar gioia nel cuore, quando viene il tempo dell’afflizione".

Francesco Roat

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