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redarrowleft.GIF (53 byte) Scienza Febbraio 2001
 

Bse: terrore dallo spazio profondo

Baccelli giganti che assorbivano la gente: erano questi gli invasori alieni in un vecchio film di fantascienza. Per due scienziati inglesi invece i conquistatori spaziali esistono davvero: i microscopici prioni della encefalite spongiforme bovina. Proteine così bizzarre da sfuggire ad ogni comprensione. Capaci di "ragionare" e replicarsi pur senza dna, resistenti al sistema immunitario e indistruttibili al calore. Arrivate, dicono, dalla polvere delle comete cadute sull’erba del nostro pianeta. E mangiate dagli animali

Quello che non ci hanno ancora detto sulla Bse, l’encefalite spongiforme bovina, è che non sanno che cosa dirci. Sembra un gioco di parole, ma forse sarebbe meglio dire un puzzle. Perché quello sfuggente, insidioso e dispettoso di un prione, la folle proteina presunta responsabile della malattia oggi più odiata dagli allevatori di mezza Europa, è un vero mistero. Talmente inestricabile, per ora, da far ipotizzare a due professori inglesi di matematica e astronomia che potremmo trovarci di fronte ad un organismo alieno: la prima vera "infezione extraterrestre".

Dicono i due scienziati che le vacche inglesi e irlandesi potrebbero essersi ammalate dopo aver mangiato erba "sporcata" da polvere interstellare. Portata dalle comete che sono sempre cascate in abbondanza sulla Terra. E fra la polvere di stelle c’era, forse, qualcosa che non doveva esserci: una sostanza organica aliena. Un’idea bizzarra, è vero. Ma il fatto è che anche la Bse è bizzarra e nonostante sia conosciuta da decenni ha mantenuto i suoi segreti. Uno su tutti: come fa una proteina "difettosa", una banale catena di molecole senza vita, a costringere le altre proteine normali ad imitarla, avvolgendosi su se stesse in modo anomalo e scatenando il morbo della mucca pazza (o la versione umana con la malattia di Creutzfeld-Jacob)?

E’ già dura rispondere a questa, di domanda. Ma non basta. La nuova proteina "cattiva", guarda caso, non viene minimamente attaccata dalle proteinasi, gli enzimi presenti naturalmente nell’organismo che fanno da spazzini delle proteine inutili. Allora? Allora visto che il prione fa il furbo, i biologi hanno pensato "diamogli una bella scaldata così ce ne liberiamo". Hanno fatto anche di più, gli scienziati: hanno cotto del materiale infetto dai prioni a più di 600 gradi. Risultato: sotto il microscopio ne hanno trovati ancora di freschi e pimpanti, come avessero solo fatto una bella sauna. Commento inquietante: "Mai visto niente di simile".

Il vero mistero dei prioni è come una semplice proteina, che in genere è o il prodotto finale di un’informazione genetica o il suo messaggero, possa "decidere" da sola come propagarsi e in un certo senso replicarsi. Questa è una cosa che possono fare solo gli organismi che contengono dna. Ma i prioni non contengono dna. Almeno per il poco che si sa. Visto che qualcuno ipotizza che in realtà abbiamo a che fare con qualcosa di molto più strano. E che in mezzo al groviglio di nastri proteici che formano il prione pazzo si nasconda del materiale genetico. Insomma tante stranezze. Quelle che hanno portato i due scienziati inglesi ad azzardare la teoria delle comete. In fondo, niente di meglio dell’improbabile per spiegare quello che non si capisce.

Cellula aliena o no, qualche speranza che non si tratti di un mini-mostro indistruttibile c’è. Alcuni ricercatori britannici e statunitensi ad esempio hanno scoperto sostanze in grado di impedire ai prioni di trasformare le proteine buone in cattive in capre e pecore colpite dalla "scrapie", l’encefalite spongiforme degli ovini. Unico limite: funzionano solo ai primi stadi dell’infezione. E questo non consola molto, visto che la Bse ha un’incubazione, soprattutto nell’uomo, di 10 e più anni. Anche 40.

Altra grana da affrontare: oggi l’unica diagnosi certa si ha dall’analisi di campioni di cervello post-mortem. Servirebbe invece un sistema pratico, sensibile e "in vivo" per rilevare i prioni nel sangue anche in basse quantità. Qualche tentativo con anticorpi anti-prione si sta facendo, e almeno in determinati animali (topi, pecore, alci e cervi) funziona. Vedremo se sarà lo stesso per bovini e umani.Restano però in piedi tutti i misteri di questa strana malattia. "Molti sono convinti che sia effettivamente il prione l’agente scatenante della Bse – ha commentato David Harris, studioso di prioni alla Washington University – Ma nessuno può escludere che non ci siano anche altri fattori coinvolti, come virus o batteri". Almeno finché un bravo biologo, o magari soltanto più fortunato di altri, non riuscirà a trasformare una proteina prionica normale in una "maligna". Un passo fondamentale. Sempre che, così come la vita potrebbe essere nata sulla Terra primordiale grazie alle comete, dalle stesse "stelle cadenti" non sia arrivata anche la parola fine. Una specie di Apocalisse invisibile.

a.m.

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