Quello che non ci hanno ancora
detto sulla Bse, l’encefalite spongiforme bovina, è che non
sanno che cosa dirci. Sembra un gioco di parole, ma forse
sarebbe meglio dire un puzzle. Perché quello sfuggente,
insidioso e dispettoso di un prione, la folle proteina
presunta responsabile della malattia oggi più odiata dagli
allevatori di mezza Europa, è un vero mistero. Talmente
inestricabile, per ora, da far ipotizzare a due professori
inglesi di matematica e astronomia che potremmo trovarci di
fronte ad un organismo alieno: la prima vera "infezione
extraterrestre".
Dicono i due scienziati che le
vacche inglesi e irlandesi potrebbero essersi ammalate dopo
aver mangiato erba "sporcata" da polvere
interstellare. Portata dalle comete che sono sempre cascate in
abbondanza sulla Terra. E fra la polvere di stelle c’era,
forse, qualcosa che non doveva esserci: una sostanza organica
aliena. Un’idea bizzarra, è vero. Ma il fatto è che anche
la Bse è bizzarra e nonostante sia conosciuta da decenni ha
mantenuto i suoi segreti. Uno su tutti: come fa una proteina
"difettosa", una banale catena di molecole senza
vita, a costringere le altre proteine normali ad imitarla,
avvolgendosi su se stesse in modo anomalo e scatenando il
morbo della mucca pazza (o la versione umana con la malattia
di Creutzfeld-Jacob)?
E’ già dura rispondere a
questa, di domanda. Ma non basta. La nuova proteina
"cattiva", guarda caso, non viene minimamente
attaccata dalle proteinasi, gli enzimi presenti naturalmente
nell’organismo che fanno da spazzini delle proteine inutili.
Allora? Allora visto che il prione fa il furbo, i biologi
hanno pensato "diamogli una bella scaldata così ce ne
liberiamo". Hanno fatto anche di più, gli scienziati:
hanno cotto del materiale infetto dai prioni a più di 600
gradi. Risultato: sotto il microscopio ne hanno trovati ancora
di freschi e pimpanti, come avessero solo fatto una bella
sauna. Commento inquietante: "Mai visto niente di
simile".
Il vero mistero dei prioni è
come una semplice proteina, che in genere è o il prodotto
finale di un’informazione genetica o il suo messaggero,
possa "decidere" da sola come propagarsi e in un
certo senso replicarsi. Questa è una cosa che possono fare
solo gli organismi che contengono dna. Ma i prioni non
contengono dna. Almeno per il poco che si sa. Visto che
qualcuno ipotizza che in realtà abbiamo a che fare con
qualcosa di molto più strano. E che in mezzo al groviglio di
nastri proteici che formano il prione pazzo si nasconda del
materiale genetico. Insomma tante stranezze. Quelle che hanno
portato i due scienziati inglesi ad azzardare la teoria delle
comete. In fondo, niente di meglio dell’improbabile per
spiegare quello che non si capisce.
Cellula aliena o no, qualche
speranza che non si tratti di un mini-mostro indistruttibile c’è.
Alcuni ricercatori britannici e statunitensi ad esempio hanno
scoperto sostanze in grado di impedire ai prioni di
trasformare le proteine buone in cattive in capre e pecore
colpite dalla "scrapie", l’encefalite spongiforme
degli ovini. Unico limite: funzionano solo ai primi stadi dell’infezione.
E questo non consola molto, visto che la Bse ha un’incubazione,
soprattutto nell’uomo, di 10 e più anni. Anche 40.
Altra grana da affrontare: oggi
l’unica diagnosi certa si ha dall’analisi di campioni di
cervello post-mortem. Servirebbe invece un sistema pratico,
sensibile e "in vivo" per rilevare i prioni nel
sangue anche in basse quantità. Qualche tentativo con
anticorpi anti-prione si sta facendo, e almeno in determinati
animali (topi, pecore, alci e cervi) funziona. Vedremo se
sarà lo stesso per bovini e umani.Restano però in piedi tutti i
misteri di questa strana malattia. "Molti sono convinti
che sia effettivamente il prione l’agente scatenante della
Bse – ha commentato David Harris, studioso di prioni alla
Washington University – Ma nessuno può escludere che non ci
siano anche altri fattori coinvolti, come virus o
batteri". Almeno finché un bravo biologo, o magari
soltanto più fortunato di altri, non riuscirà a trasformare
una proteina prionica normale in una "maligna". Un
passo fondamentale. Sempre che, così come la vita potrebbe
essere nata sulla Terra primordiale grazie alle comete, dalle
stesse "stelle cadenti" non sia arrivata anche la
parola fine. Una specie di Apocalisse invisibile.
a.m.