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redarrowleft.GIF (53 byte) Musica Dicembre 2000  

 

E Mosè sul Mar Rosso concede il bis

Era finito in soffitta, soppiantato nel 1827 dalla versione "parigina" per l’Operà riscritta dallo stesso Gioachino Rossini. Ma il "Mosè in Egitto" prima maniera, riproposto all’apertura della stagione lirica 2000-2001 del teatro Filarmonico di Verona, resta di grande effetto. Grazie anche alla oramai classica preghiera "Dal tuo stellato soglio". Che si è guadagnata anche una replica a furor di pubblico

"Mosè in Egitto" è una composizione di carattere biblico e fa parte della consuetudine napoletana, affermatasi a partire dall’ultimo ventennio del 1700 che, dicendola con Franco Piperno era "un compromesso tra la tradizionale devozionalità del periodo quaresimale e la favorevole disposizione del sovrano a concedere a impresari, artisti e pubblico una stagione teatrale in più".

L’opera è di Gioachino Rossini su libretto di Leone Tottola che trasse liberamente la trama dalla tragedia "L’Osiride" di Francesco Ringhieri e rappresentata a Padova nel 1760. Il Tottola aggiunse l’intreccio amoroso tra Osiride, il figlio del Faraone, e la giovane israelita Elcia, che aveva segretamente sposata, dando così maggior vigore all’impegno di Osiride affinchè il padre trattenesse in schiavitù in Egitto il popolo di Mosè. La prima rappresentazione avvenne il 5 marzo 1818 al Teatro San Carlo di Napoli con Isabella Colbran, Andrea Nozzari e Michele Benedetti; pur con questo cast che oggi si direbbe "stellare" l’opera fu accolta bene per i primi due atti ma naufragò al breve terzo atto tra urla e risate anche per inconvenienti tecnici nella scena del passaggio del Mar Rosso.

L’anno successivo Rossini riscrisse interamente il terzo atto aggiungendo la famosa preghiera "Dal tuo stellato soglio": l’opera fu accolta freddamente al primo e secondo atto ed ottenne un successo trionfale al terzo atto per merito della famosa "preghiera".

Nel 1827 Rossini rifece la partitura per l’Opéra di Parigi portandola da tre a quattro atti intitolandola "Moisè et pharaon ou le passage de la Mer Rouge" e andò in scena con enorme successo il 26 marzo 1827; l’opera fu poi tradotta in italiano con il titolo di "Mosè"; va sottolineato che il lavoro fatto per le scene parigine non è un semplice rifacimento ma l’opera, pur mantenendo i caratteri iniziali, fu totalmente ripensata. Fu introdotto un primo atto nel quale gli ebrei esultano perchè pensano di essere liberi quando invece il faraone dà un contrordine e Mosè, scuotendo la verga, fa calare le tenebre sull’Egitto; la scena delle tenebre si sposta quindi dal primo al secondo atto. Con l’avvento sulla scena del "Moisè et pharaon" il "Mosè in Egitto" cadde in oblio e fu riscoperto solamente nel 1981. Nel 1832 il Theatre des Italiens diede una serie di rappresentazioni del "Moisè et pharaon" e Balzac ne trasse materiale per la sua novella "Massimiliano Duni".

"Mosè in Egitto" è un’opera straordinaria che già dalle prime battute con un tortuoso motivo che bene descrive la scena delle tenebre, mostra la somma arte di Rossini; le pagine corali sono di grande bellezza ed i caratteri dei personaggi sono stagliati con cura e precisione. A Mosè Rossini affida una sola aria mentre il suo canto è un declamato che mette in luce tutta la ieraticità del personaggio. Mirabile è l’equilibrio formale tra la grandezza del fatto biblico e l’intreccio amoroso tra Elcia e Osiride anche se non sempre la qualità della musica che Rossini riserva ai due amanti e segreti sposi raggiunge i vertici riservati alle peripezie degli israeliti.

Per alcune pagine del "Mosè in Egitto" Rossini ricorre a prestiti da sue opere; il tema principale del duetto Osiride-Faraone è tratto dal duetto Ninetta-Giannetto de "La gazza ladra", il coro che precede l’aria di Elcia "Se a mitigar tue cure" proviene, salvo piccoli cambiamenti, dall’"Adelaide di Borgogna" (Roma 1817) mentre l’aria di Amaltea "La pace smarrita" ricalca un’aria del "Ciro in Babilonia" (Ferrara 1812).

Il metodo di lavoro di Rossini in quegli anni era frenetico; basti pensare che nel novembre del 1817 andò in scena a Napoli "Armida", nel dicembre del 1817 fu rappresentata a Roma dall’ "Adelaide di Borgogna" mentre "Mosè in Egitto" vide la luce a Napoli il 5 marzo 1818 e il 3 dicembre dello stesso anno fu la volta di "Ricciardo e Zoraide". Nel 1819 vengono rappresentate ben cinque opere e cioè "Ermione" a Napoli, "Edoardo e Cristina" al Teatro di San Benedetto a Venezia, "La donna del lago" a Napoli e "Bianca e Falliero" a Milano. Questo superlavoro portava certamente l’autore a ricorrere a degli autoimprestiti ma nel "Mosè in Egitto" per alcuni brevi recitativi ricorse all’ausilio di amici musicisti mentre alla prima rappresentazione venne inserita l’aria di Faraone "A rispettarmi apprendi" scritta dall’amico Carafa, diventata poi per mano di Rossini "Tu di ceppi m’aggravi la mano": l’aria di Carafa era un’eccellente composizione tanto che veniva spesso eseguita al posto di quella rossiniana.

"Mosè in Egitto" è comunque un’opera unitaria di grande bellezza che nulla ha da invidiare al rifacimento del 1827. L'apertura della stagione lirica 2000-2001 al teatro Filarmonico di Verona è avvenuta appunto con il "Mosè in Egitto" ed è stato uno spettacolo di notevole interesse. Esso proveniva dal Teatro dell'Opera di Montecarlo con regia, scene e costumi di Pierluigi Pizzi, ripresa da Massimo Gasparon. Edizione sobria con elementi scenici essenziali ma di grande effetto anche se è parzialmente mancata la spettacolarità nella scena finale del passaggio del Mar Rosso.

Molto belli i costumi in oro e cobalto per gli egiziani e bianchi per gli israeliti creando così un suggestivo contrasto dal punto di vista figurativo. Mosè era Giorgio Surian che ha dato vigore alla figura del profeta con una interpretazione molto sentita e con una vocalità di rilevo.

Ottima Elcia è stata Cecilia Gasdia che ha saputo trasmettere con intensità il complesso problema psicologico del personaggio: ineccepibile la forma vocale e la tenuta del soprano veronese che si è trovata ampiamente a suo agio in tutti i difficili passi della tessitura rossiniana. Osiride era Stefano Secco voce piuttosto chiara ma bene impostata e dotata di un fraseggio fine ed accurato.

Artista di mestiere e ben calato nel personaggio Robert Gierlach nella parte del Faraone che ha risolto brillantemente la difficile aria del primo atto. Paula Almerares interpretava il ruolo di Amaltea, soprano di agilità con una bella presenza scenica ed un registro acuto assai importante. Completavano la compagnia Stefano Consolini e Francesco Piccoli, non sempre ineccepibili mentre Paola Fornasari Patti (Amenofi) si è ben disimpegnata nel suo ruolo.

La lettura di Claudio Sciamone è stata precisa e minuziosa, sempre attenta ad ogni particolare e l'Orchestra dell'Ente Arena di Verona lo ha felicemente assecondato. Ottima la prestazione del coro guidato da Armando Tasso: a grande richiesta è stato eseguito il bis della famosa preghiera "Dal tuo stellato soglio" che ha suscitato una vera ovazione da parte del numeroso pubblico.

Luciano Maggi

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