Riceviamo dalla Rivista Vibrisse,
curata da Giulio Mozzi, il risultato del concorso
"La poesia di Natale". Non c’era premio ma
i risultati sono interessanti ed in alcuni casi anche molto
divertenti
Le poesie di
Natale
Loreta Cerasi
Ricordo questa
"Poesia di Natale". Non so se è poesia, non so di
chi sia, ma so che un Natale così l’ho vissuto davvero, nel
terzo anno dell’ultima Grande Guerra: 1943.
Natale
Mo vène Natale
nun tengo dinare
me compro u giurnale
e me vado a curcà.
[Ora viene Natale,
non ho denari
mi compro il giornale
e vado a coricarmi.]
Aurora
Fanti
Questo è stato un
compito difficile. Come si fa a non essere banale con un tema
simile? Non sono soddisfatta ma questo è il meglio che ho
potuto fare.
Il
bambino
La
donna ha avuto le doglie di notte
una notte stellata e senza nubi.
La neve in Palestina è cosa rara
ma il vento del nord soffiava gelido
come la morte.
La
morte correva giù nei villaggi
cavalcando cavalli d’acciaio.
"Ma qui siamo al sicuro", disse lui,
"e la lana delle pecore
ti tiene caldo".
Maria
aveva la voce flebile, affannata
sentiva paura, sentiva freddo, sentiva gioia.
"Non ti preoccupare", ripeté, "non ti
preoccupare
andrà tutto bene. C’è scritto nel cielo
che andrà tutto bene"
I
pastori arrivarono con la prima luce dell’alba
sorpresi ancora prima di entrare
da quel vagito debole e tanto umano.
Fissarono il bambino con occhi increduli
e non si chiesero
se
fosse un bambino ebreo oppure palestinese.
Luca
Zorzan
Devo
dire che all’inizio sono rimasto sorpreso dal tema del nuovo
"concorso". Forse banale, a mio modesto parere, ma
pur sempre un tema con cui provare a cimentarsi. L’ispirazione
può provenire da un’esperienza diretta o da un argomento
particolarmente felice, poi chi possiede la Suprema Arte,
riesce ad esprimersi con qualità eccelsa anche nel più
insulso degli argomenti (attenzione, non dico che il Natale è
insulso, ho altri aggettivi per questa ricorrenza). Pur non
rientrando nella categoria di chi possiede la S.A, ho provato
a cimentarmi comunque. L’unico risultato che ne è uscito è
ciò che segue e che mi soddisfa poco. Ma tanto è un gioco...
Sol
invictus
Un
nuovo credente
asceso
fluttuando
nella
notte silente
si
muove ansando.
Accetta
la carità
con
fare computo
cercando
la verità
di
un giorno perduto.
In
un fiume senza foce
l’ombra
si volta
e
chiama a gran voce
i
suoi fedeli a raccolta.
Sono
io il Messia
afferma
con coraggio
porto
la mercanzia
di
chi ha diffuso il miraggio.
Oggi
è Natale, bambini
pregate
con trasporto
Sono
Mithra, oh cherubini
il
Re che non è morto.
[La
storia di Mithra è molto bella ed è emblematica di come le
culture vincenti si approprino dei riti e dei miti delle
culture spodestate. Approfondire l’argomento ora non mi
sembra pertinente con l’obiettivo del concorso, in seguito,
qualora ce ne fossero le possibilità, lo si potrebbe fare.
Mi
sono permesso di inserire una licenza poetica quando scrivo:
"Accetta la carità / con fare computo".
Naturalmente l’aggettivo computo non esiste, o meglio:
esiste il sostantivo, ma ha l’accento sulla prima o. Mi è
piaciuta l’idea dell’assonanza con compunto e il
significato di còmputo che nell’accezione originaria
significa calcolo e, associato ad ecclesiastico, diviene il
calendario che regola le feste mobili della religione.
Ho
sentito il bisogno di specificarlo perché chi legge, non
avendo la possibilità di leggermi nel pensiero, non può
capirlo.]
Angelo
Ferrarini
Ti
mando una poesia di Natale per il bollettino. È del Natale
1989, scritta per i miei allora bambini. Te la mando così com’è
con il titolo che aveva:
Poesia
di Natale per i miei bambini
Scende
dal cielo un angelo,
vola
pianino giù,
prova
nel volo un brivido,
crede
non tornar più.
Teme
per le sue ali,
teme
per il nasino,
è
la sua prima volta
per
lui così piccino.
Lo
aspettano festanti
uomini,
bestie e santi,
le
pecore e i pastori.
Maria
con i cammelli,
Giuseppe
coi suonatori.
E
arriva finalmente
sul
tetto, a testa in giù.
Ridono
gli altri angioli,
tace
il Bambin Gesù.
Là
in cima alla capanna
brilla
un’enorme stella.
"Prima
non c’era - gridano -
la
notte è ancor più bella!".
Daniela
Russo e da Alessandro Cavalet
Con
un po’ d’anticipo sui tempi ma perché poi forse mi
dimentico tutto, invio la mia poesia di Natale preferita,
forse non da sempre ma adesso sì (Daniela).
La
poesia sul Natale che mi piace ricordare e che non ho mai
dimenticata, è
quella
di Giuseppe Ungaretti (Alessandro).
Natale
Non
ho voglia
di
tuffarmi
in
un gomitolo
di
strade
Ho
tanta
stanchezza
sulle
spalle
Lasciatemi
così
come
una
cosa
posata
in
un
angolo
e
dimenticata
Qui
non
si sente
altro
che
il caldo buono
Sto
con
le quattro
capriole
di
fumo
del
focolare
Napoli,
26 dicembre 1916
[Di
Giuseppe Ungaretti, da "Naufragi" (in Vita d’un
uomo. 106 poesie 1914-1960, Oscar Mondadori.]
David
Conati
Quando
trovo un opuscolo, un bando di concorso, un volantino che mi
invita a partecipare ad un concorso nel quale credo di avere
un contributo da dare l’invito per me, non so per quale
ragione, mi entra in testa, gira dappertutto, fino a diventare
imperativo.
Così,
dapprima ho cercato di scrivere qualcosa di originale,
probabilmente non ci riuscirò in tempo per quest’anno, non
è un fatto di pigrizia è un problema di scelte (è un
discorso un po’ complesso magari un’altra volta lo spiego
meglio).
Comunque
visto che l’imperativo non riuscivo più a sopprimerlo, nel
momento in cui non pensavo a niente mi è venuto in mente che
alle elementari, con il mio maestro e i compagni di classe,
pubblicavamo un "giornalino" (ciclostilato) dal
titolo Prendiamoci per mano di cui conservo gelosamente tutte
le copie, sono un po’ una formica in questo, allora mi sono
messo alla ricerca e ho trovato il numero relativo al Natale
1977.
Leggendo
e sfogliando mi è capitata tra le mani questa poesia che
così vi riporto (ce ne sarebbero molte altre ma non voglio
esagerare) (l’imperativo l’ho sconfitto, non so dire
altrettanto della mia coscienza):
Natale
Ho
mangiato.
Ho
mangiato troppo.
Ho
mangiato per fare come gli altri, perché ero invitato,
perché
ero nel mondo ed il mondo non mi avrebbe compreso.
E
stentavo a mandar giù ogni portata, ogni boccone.
Ho
mangiato troppo, Signore
mentre
nello stesso momento
nella
mia città,
più
di 1500 persone con la gavetta
facevano
coda alla cucina popolare;
mentre
quella donna mangiava in soffitta
quello
che la mattina aveva raccolto nelle immondizie;
...
Signore,
tu sei terribile!
Tu
fai la coda alla cucina popolare,
Tu
mangi gli avanzi delle immondizie,
Tu
agonizzi torturato dalla fame,
Tu
muori solo in un angolo a 26 anni,
mentre
nell’altro angolo della grande sala del mondo
-
con alcuni membri della nostra famiglia -
mangio,
senza appetito,
quello
che
occorrerebbe
per
salvarti.
Michel
Quoist.
Monica
Marchesini
1
Siamo
adulti ma vorremmo tornare bambini
per
poter continuare a sognare
a
sperare in un tempo migliore.
Vivere
di giochi e di televisione
aspettando
la domenica per la partita di pallone.
Poi
apri gli occhi e tutto torna normale,
Saddam,
la Finanziaria e i tuoi problemi da affrontare.
Ma
oggi pensa che è Natale
e
non tutto è da buttare
Intorno
a noi c’è tanto Amore
basta
solo aver pazienza di cercare.
2
E’
Natale per tutti,
per
chi ha chiuso il progetto
e
chi deve rischedulare,
per
chi resta a Bologna
e
chi parte per una meta tropicale.
E’
Natale per chi è pieno di amici
e
per chi è solo.
E’
Natale per i buoni
e
per chi buono non è
e
magari si accorge solo ora di avere sbagliato.
Soprattutto
è Natale per chi si vuol bene, per chi sa capire, comprendere
e
dare amore a chi ne ha più bisogno.
E’
Natale per me, che adoro fare regali,
ed
è Natale per voi, che amate riceverli.
E’
Natale per tutti ma non dovrebbe esserlo solo a Natale.
Sandra
Ammendola
[…]
invento su due piedi una "poesia" di Natale:
Natale…
Natale,
ogni
regalo vale,
al
più grande e al più piccino,
a
ciascuno un regalino,
che
sia d’oro oppur d’argento,
purché
sia fatto con sentimento.
Con
la neve o con il sole,
un
mondo di bene, con tutto il cuore!
Christian
Frascella
Blues
del pupazzo
Natale
fuori dalla porta,
piantato
nel giardino,
dove
uno stupido bambino,
di
bottoni fa la scorta
e
me li sistema tutti addosso
come
se fossi da agghindare
come
se dopo tanto festeggiare
non
mi scordasse sciolto nel fosso.
Rosalba
Troiano
Apprendo
da Rubicondor on line che avete indetto un concorso per una
bella poesia di Natale. Non so se la mia lo è, forse è molto
retorica, ma il Natale non riesco a vederlo in altro modo.
Spero che possa comunque partecipare al vostro Concorso, non
credo sia non rispettosa.
Natale
mortale
Natale
mortale
Nasce
il Bambino
Spara
il cecchino
Lo
allatta la Mammina
Due
bombe in Palestina
Lo
scalda l’Asinello
Il
kurdo va al macello
Il
Bue canta la nenia
di
carri e armi in Cecenia
Il
Falegname prega
Il
clandestino annega
Re
Magi fan da balia
c’è
guerra anche in Somalia.
Comete
e Angeli in tondo
La
guerra è in tutto il mondo.
Natale
mortale
Festeggia
l’Animale
A
champagne e caviale.
16
novembre 2000
Laura
Walter
Ciao
a tutti. È la prima volta che scrivo a vibrisse.
Più che ciao, mi sembra appropriato "Miao a tutti!"
Vorrei dilungarmi nell’accompagnatoria, perché la poesia di
Natale che ho è molto breve.
Però.
Però
mi piace così, l’ho scritta su un bigliettino anni fa, per
una cara amica.
Ed
è in rima.
E
si può imparare a memoria.
O
far recitare ad un bambino vestito a festa sopra la sedia.
La
poesia grande è nel gesto.
Ecco
la poesia:
Natale
Natale
è solo un balocco
appeso
ad un fiocco di neve
mentre
la notte scende,
lieve
lieve
Mimma
Beh,
io mi sono divertita.
Poesia
di Natale
Nella
mia scuola di zucchero filato
il
Natale era quello: un foglio piegato,
bello
però, e con i brillantini.
Lì
ci scrivevo "Caro papà..." oppure
"Miei
cari genitori..." (la mia scrittura
era
chiara, un po’ riccia e bionda).
Io
non sapevo bene questo "papà"
chi
fosse (io lo chiamavo "babbo"),
i
"genitori" mi sforzavo proprio
di
immaginarli, fissandone i contorni.
Anche
sul "cari" cercavo spiegazioni, ma senza
darlo
a vedere. In fondo ero contenta
perché
Gesù era biondo (e chiaro, e riccio),
e
poi mi sorrideva, mi tendeva le braccine.
Ed
era rosa, paffutello. Bello, oh, bello!
Ilaria
Scala
Facciamo
così: ve ne mando tre. Scusate, non sapevo scegliere.
Scegliete voi per me. E buon Natale.
Pioveva
e smetteva
Pioveva
e smetteva
smetteva
e pioveva
e
c’era la luna
soltanto
uno spicchio
a
un lato del cielo
le
nuvole a strati
si
coloravano
come
acquerelli
di
rosa e di rosso
bordate
di grigio
e
vivi lontano
e
solo una voce
mi
basta ben poco
domani
un’altra
giornata
di fuoco
a
che servi
a
che vale
aspetto
strozzandomi
un
altro Natale.
16.11.99
Morire
per Natale
Mamma
mi dispiace
che
arrivi da lontano
le
strade sono piene
di
luci e di allegria
Il
mondo è così piccolo
lo
stringo in una mano
e
non ho più paura
di
stare in ospedale...
Mamma
però che triste
morire
per Natale
Mamma
ho preparato
un
pacco per ognuno
ma
li ho lasciati a casa
che
quello è il loro posto
non
voglio impietosire
o
commuovere nessuno
il
giorno che li ho scelti
non
stavo così male...
Mamma
però che sfiga
morire
per Natale
Mamma
non ci pensare
non
sento alcun dolore
solo
la vita sciogliersi
e
scivolare piano
fuori
è talmente bello
che
dentro non si muore
mi
illudo per un attimo
che
resti tutto uguale...
Mamma
però che triste
morire
per Natale.
19/25.12.99
A
Roma è Natale
A
Roma è Natale
cammino
stordita
respiro
la vita che ho
Arriva
il 2000
che
mette paura
nessuno
sa dire di no
La
gente è impazzita
insegue
motori
dimentica
il volo e le ali
E
avremo il futuro
bagnato
di sangue
di
là dalle vetrovisioni
Ti
prego: lo vedi
che
a Roma è Natale
Stai
lì, non osare tornare.
24.12.99
Andrea
Baccassino
Mi
è venuta in mente una poesia di Natale (è strano che me ne
fossi dimenticato, per la verità), che mi capita di recitare
durante il mio spettacolo natalizio. Me l’ha insegnata mia
nonna ed è brevissima, anche se credo che nella versione
originale ci fossero molti versi in più. Te la spedisco
insieme a una filastrocca in vernacolo (ma la traduco) per la
verità a carattere poco sacro.
1
È
Natale, Osanna Osanna
Nella
piccola capanna
Oggi
è nato un bel Bambino
Bianco,
Rosso e ricciolino.
2
Bumbinieddhru
ti lu core
Iò
ti intra e tu ti fore
Bumbinieddhru
zzuccaratu
Sentu
puzza: ce t’ha cacatu?
[Bambinello
del mio cuore
Io
sono al coperto, e tu all’addiaccio
Bambinello
dolce come zucchero
Avverto
un cattivo odore
Sarà
mica che hai sporcato la mangiatoia?]
Gino
Tasca
Filastrocca
di Natale
Tacciono
le cicale
che
sanno solo il male
d’un
canto maniacale.
Dev’essere
Natale.
Pugnala
quel pugnale
il
cuore terminale
d’un
amor surreale.
Dev’essere
Natale.
Ardon
bianche le cale
d’uno
splendor banale:
banalità
del male.
Dev’essere
Natale.
Amore
diseguale
che
vale quel che vale
resuscita
regale.
Dev’essere
Natale.
Giuda
all’albero leale
impicca
musicale
peccato
originale.
Dev’essere
Natale.
La
povertà nivale
nasconde
a noi il crinale
del
disamor sessuale.
Dev’essere
Natale.
La
Grazia non eguale
con
tocco occasionale
consacra
il cuore al male.
Dev’essere
natale.
Ti
senti transessuale
col
sesso Carnevale
più
sexy d’un frattale.
Dev’essere
Natale.
Il
caduco autunnale
d’un
grigio e triste opale
jazz
swinga pulsionale.
Dev’essere
Natale.
Il
killer più seriale
racchiude
nel Messale
l’orrore
del carnale.
Dev’essere
Natale.
Scrivi
come Montale
un
verso quasi ovale
cui
non aggiungi sale.
Dev’essere
Natale.
Dev’essere
Natale
perché
solo a Natale
l’esilio
dal Natale
Dev’essere
Natale.
Elena
Sacco
Non
scrivo poesie, ne scrivevo da piccola, ora mi piace leggerle.
Detesto
le rime ma una poesia di Natale non mi viene senza.
Partecipo
all'invio su invito di mia figlia la quale sostiene che le
cose carine mi vengono fuori quando mi prendo in giro.
Ecco,
l'ho fatta per lei e per chi vorrà sorriderne come abbiamo
fatto noi.
Natale
in Sicilia
Di
nuovo Natale tra poco
Di
nuovo piccola mi ritrovo
La
festa era un attimo fatale
Ragazzi,
tra poco e' Natale
Si
diceva
E
già era
Non
balli non luci non film americani
Solo
odori ricordo di cibi siciliani
E
sotto la tavola lunga lunga e di trine
scarpe
a decine e lunghi piedi a dozzine
E
brusio assordante
come
suono confortante
E
accaldati orecchi
E
bambini e vecchi
E
mani piene di balocchi
Che
trafiggono con punti esclamativi
un
attimo fatale
il
ritorno del Natale
Carla
Rigli
Notte
di Natale
La
luna in cielo sale,
ma
quanto dolore quaggiù.
Notte
di Natale tutta illuminata
sotto
questa facciata
quanto
dolore quaggiù.
Le
case calde, imbandite,
ma
fuori che pena!
i
cani legati a catena,
dolore
in quei serragli,
.polli,
maiali, conigli
anche
loro hanno figli.
Notte
di Natale
che
stelle fredde,
la
notte è bella,
ma
dove va la navicella
piena
di dolore,
di
odii, di rancore,
bimbi
maltrattati, vecchi abbandonati,
ideali
e sogni calpestati.
Alessandro
Cavalet
Natale
Solo,
mi
aggiro
di
sera
per
strade
illuminate,
respirando
i
vapori
della
città
in
attesa.
Un
vago
desiderio
di
pace
dipinge
sui
volti
sorrisi
contriti.
La
gente
si
affretta,
fra
timidi
abbracci,
a
raggiungere
casa
confidando,
speranza
mai vana,
di
trovarla diversa.
Sara
Vannelli
Babbo
Giulio, il Natale è lontano, anche se quelle voci, quelle che
aleggiano nell'aria, sono sempre presenti, e te che te ne stai
lì, a leggerle.
Crine
Che
d'un tratto prese a salire
a
nevicare su la fronte asciutta
a
scivolare
su
la pelle bianca.
Prese
a sparire
lasciandosi
le sciarpe su le spalle
e
tutto fu silenzio su le strade buie
dei
primi rami sui pini stanchi
e
le vecchie gambe
come
i vecchi pacchi
poggiate
sul camino.
Adam
Vaccaro
Canta
cauta una fontanella davanti
alle
piccole vallate segnanti
le
rughe del paese dei maghi:
la
nebbia tremante spiuma
le
linee accalcate sprofonda
in
lampi d’armi tra Sanniti
e
Romani più in là illumina
Annibale
nel sonno di Gerione
e
continua inventando fiabe
misteri
nella luce dominante
del
sole – mago dei maghi
così
bugiardo
che
assottiglia il cuore
che
lucida inganni tra i fili d’erba – e
l’imberbe
manto del grano mente
ancora
più verde e abbacinante
diventa
il bianco di una masseria
adiacente
il monte della neve viola
del
fondale di Maiella e Maielletta – che
fende
la foschia verso il mare inseguendo
sull’erte
le orde longobarde e segnando
lievi
i bordi delle Tremiti e dello Sperone
del
Gargano – ponendo fusi ogni terra e mare
in
un tempo deponente senza tempo
o
bugiardo bugiardo
che
cancelli nel cuore
i
fasti degli orrori
della
fame della morte!
un
ardente placido mare d’eternità che
reinventa
così tersa e fresca quest’aria
dicembrina
e sembra sia a lui dovuta
la
dispensa di questo silenzio
intoccabile
e speciale – quasi totale –
aliante
sottile nel fruscio della piccola
fontana
– sbalzato infine dai tocchi di lon
tane
campane di una messa di Natale
dicembre
1997
Cristina
Bertelli
Allegro
Natale
Il
Natale, che gran giorno,
si
riunisce la famiglia!
Che
calore, quanti affetti
e
che amore nei pacchetti!
La
zia Lalla, con fervore
ha
passato intere ore
giù
in cantina,
per
riempir di pacchettini
vecchi,
giovani e bambini.
A
zio Arturo, stralunato
è
toccato riscartare
un
regalo putrescente,
(provenienza:
Rinascente)
da
lui stesso comperato
che
non era pensionato.
La
Dudina ha gli occhi stretti
e
trattiene il lacrimone,
ha
trovato nei pacchetti
quattro
pezzi di carbone,
una
bambola tarmata,
e
un'armonica stonata.
E
la nonna, che dolcezza!
Sta
scartando con destrezza
un
pacchetto polveroso,
lei
sa già cosa c'è dentro:
quell'orrenda
statuetta
che
portò la zia Ninetta.
Ma
la nonna sorride
e
sorride
e
sbandiera la dentiera:
nel
suo scialle tien celato
un
finale scoppiettante,
nelle
buste ha preparato
un
santino colorato
e
un messaggio molto gaio,
già
firmato dal notaio,
che
quei quattro soldarelli,
villettine
e campicelli
son
già stati destinati
all'ospizio
poverelli.
E
sorride la nonna
e
sorride,
e
prepara il gran finale.
Che
allegria,
oggi
è Natale!
Chiara
Ridolfi
L’Antichristmas
Attraverso
il chellophane,
penetro
un nuovo arrivo
e
tra gli scarti del mio pranzo
rigiro
l'anima sporca di sugo,
chiuso
ermetico è il frigo.
Spalancato,
rovente
il
forno mi osserva
e
tutt'intorno
l'astrolabio
di stoviglie nuove
si
slancia in ombre vaghe:
"Papà,
ad ogni modo...Buon Natale".
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