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redarrowleft.GIF (53 byte) Cultura Giugno 2000


Ichcaanzihò, la città al centro del mondo

Per la prima volta nella storia, la città di uno dei 35 paesi delle Americhe ha ricevuto la designazione annuale di Capitale americana della cultura per il 2000. E’ l’antica città maya e poi spagnola di Mérida-T’Ho, in Messico. Un incredibile mix di cultura preincaica, mediterranea e perfino cinese nel cuore dello Yucatan

Sorvolando l’estesa pianura della penisola dello Yucatan, nel sud-est tropicale del Messico e nel cuore del continente americano, dal cielo si scorge un mare di alberi. E’ la terra delle antiche divinità maya: Kin, il Sole, e Chac, la Pioggia. Non appena si aprono gli sportelli dell’aereo all’aeroporto internazionale di Mérida, veniamo avvolti dall’aria calda di queste terre situate tra il Mar dei Caraibi e il Golfo del Messico, aria piena degli aromi dei condimenti, dei mille fiori e frutti tropicali.

Conosciuta come la "città bianca" per il colore che ricopriva le facciate delle sue case, Mérida è una vecchia capitale con una consistente popolazione autoctona e con profonde radici culturali. E’ la città cosmopolita del Mayab, il mondo maya, e il punto strategico di entrata nel continente, nell’America profonda e nell’America latina.

Il suolo particolare su cui è cresciuta è povero di fiumi in superficie, ma ricco di vene acquee sotterranee che sbriciolano lentamente le rocce calcaree creando caverne e grotte. Talvolta, nel fondo di queste caverne si accumula dell’acqua che forma i "cenotes", voce che deriva dal termine maya tz’ono’ot che significa pozzo, e che possono essere aperti verso l’alto o nascosti all’interno delle grotte.

Mérida è al decimo posto tra le città più antiche del Messico. La sua origine risale ai tempi preispanici quando la città maya di T’ho, conosciuta anche come Ichcaanzihò, fu fondata intorno all’anno 1240, dal cacicco itzà Ah-Chan-Caan. Verso la metà del sedicesimo secolo, quando gli Spagnoli giunsero nello Yucatan, non c’era più molta attività nella zona e di conseguenza si trovarono di fronte soltanto alle rovine dell’antica città maya. Il giorno storico fu il 6 gennaio 1542 quando don Francisco de Montejo y Leon "El Mozo" fondò sulle rovine di T’ho la nuova città. Si narra che fu uno dei suoi soldati, Francisco de Almaraz, a suggerirgli il nome di Mérida per la nuova città poiché gli ricordava i resti romani della Mérida spagnola, la antica Emerita Augusta dell’Hispania Romana.

La nuova città fu così tracciata a rettifilo, formando linee e angoli retti con le sue strade, secondo il tradizionale modello ispanico, con una piazza d’armi al centro circondata dagli edifici principali, inclusa la Cattedrale, la prima in America ad essere costruita sul continente. Tutti questi edifici vennero costruiti con le pietre delle rovine della T’ho maya che servirono come materiale di costruzione per il pugno di case degli abitanti spagnoli che cominciavano a stabilirsi in città, pietre che si possono vedere ancora oggi in alcuni edifici del centro storico di Mérida. Ovunque si costruirono poi case di terra e paglia, con tetti ricoperti di foglie di palma, case che diedero sicuramente un aspetto rurale, campestre, alla Mérida primitiva.

Divenuta indipendente il 15 settembre 1821, -- come tutto lo Yucatan, --Mérida visse una tappa di particolare splendore durante il boom dell’agave, o "oro verde" quando, negli ultimi anni del diciannovesimo secolo, le grandi tenute agricole originariamente dedite alla coltivazione dello zucchero, del mais o all’allevamento del bestiame scoprirono le potenzialità dell’agave, ossia la sua resistenza che ne fa una materia prima ideale per produrre fibre naturali resistenti e versatili. Questa scoperta -- e successivo sfruttamento, -- portò una grande ricchezza e splendore economico allo Yucatan per cui, durante gli ultimi anni del diciannovesimo secolo e fino all’inizio del ventesimo secolo, Mérida si ingrandì, divenne più "europea", cessò di avere strade polverose e edifici bisognosi di restauro per passare ad avere residenze lussuose, edifici religiosi e altre opere che sono il riflesso, ancora oggi, dei tempi di ostentazione e gloria in cui furono edificati.

Terminato il boom dell’agave, la vita di Mérida tornò alla sua tranquillità provinciale. Moderatamente, crebbe come una città piccola e pittoresca, senza aspirazioni di universalità. Incamminata verso il mezzo millennio di vita, varcata la soglia del ventunesimo secolo, Mérida continua a crescere vigorosamente. Da un lato, mantiene il suo tracciato e la sua tendenza allo sviluppo orizzontale, dall’altro riceve con dignità costruzioni moderne, uffici, centri congressi, alberghi e grandi viali che ne fanno una delle città di maggior sviluppo del paese negli ultimi anni.

Benché abbia quasi 800.000 abitanti, Mérida conserva una sorprendente crescita orizzontale – gli edifici, infatti, non superano i due piani e le case hanno tutte un gran cortile. Grazie al fatto che il territorio urbano è molto piatto, le strade sono numerate ed è facile trovare un indirizzo. Tuttavia, nel centro storico vi sono ancora in molti angoli delle targhette disegnate, con il nome del quartiere, per esempio "l’iguana", "l’orso", "il Sole", "le due facce" o "il pugile". Il nome dell’angolo è il referente per la gente: l’autobus arriva dall’angolo "del cervo", oppure uno abita vicino "alla palma". La città di Mérida conserva sopra il volto urbano diversi accenti di carattere, peculiari di ogni zona. Il centro è più austero e sereno, di sapore coloniale e riservato. Ai confini del centro storico appaiono i grandi viali, come la Avenida Colòn o il Paseo de Montejo, le cui residenze di gusto francese della fine del diciannovesimo secolo danno alla città un aspetto signorile e distinto. Una di queste residenze è Palazzo Cantòn che ospita una collezione d’arte completa degli antichi maya. Verso nord, est e ovest la città si mostra come un’urbe progressista del ventunesimo secolo, con i suoi grandi alberghi, i quartieri residenziali, i grandi centri commerciali, i cinema moderni, i magazzini e il "Siglo XXI", un centro congressi inaugurato da poco. Verso il porto di Progreso, a una trentina di km., ci sono circoli di equitazione, un grande campo da golf e un moderno poligono industriale.

Sul Paseo de Montejo c’è un monumento recente che merita la nostra attenzione: il Monumento alla Patria, scultura in pietra di grandi dimensioni, capolavoro dello scultore Romulo Rozo. L’opera, inaugurata nel 1956, include gli scudi degli stati che formano la Repubblica messicana e sulle mura sono rappresentate importanti personalità della storia del Messico. Nel cuore della città si trova la Plaza grande o piazza d’armi e, intorno ad essa, si innalzano cinque dei più importanti edifici di Mérida: la Cattedrale di San Ildefonso, costruita tra il 1561 e il 1598; la Casa de Montejo, costruita tra il 1543 e il 1549 dal fondatore di Mérida Francisco de Montejo "El Mozo" , e con una preziosa facciata, l’unico gioiello dell’architettura civile plateresca esistente in Messico; il palazzo Municipale, innalzato sui resti dell’antica T’ho e la cui facciata risale all’ultimo ammodernamento del 1928; il Palazzo del governo dello Yucatan, dalle evidenti linee neoclassiche e che ospita una collezione di murales realizzati dal pittore iucateco Fernando Castro Pacheco, e, infine, l’antico Palazzo arcivescovile, oggi museo di arte contemporanea. Ad uno degli angoli della Plaza grande si trova l’Olimpo, il modernissimo centro culturale municipale che offre quotidianamente mostre, conferenze, opere teatrali, incontri, persino un planetario che sta per essere inaugurato…

Non lontano da lì si trova l’antico edificio coloniale, sede dell’Università autonoma dello Yucatan, costruito nel 1711, così come l’elegante, rinascimentale Teatro José Peon Contreras, del 1908, riscattato dall’abbandono negli anni ’70 e inaugurato nuovamente nel 1981. Uno dei punti forti di Mérida è la sua posizione centrale, che la trasforma in un punto di partenza ideale per conoscere le spiagge dei Caraibi, dal porto di Progreso al lusso di Cancùn, le capanne di Tulum, le rovine di Uxmal, Mayapàn o Chichén Itzà, la maggiore e la più spettacolare delle città maya della penisola, il cui nome mitologico significa "la città degli stregoni dell’acqua", le città coloniali di Valladolid e Campeche, rifugio di pirati e paradiso dei pescatori, i conventi francescani di Izamal o Manì, il santuario dei fenicotteri di Celestùn o la Riserva della biosfera di Sian Ka’an.

Nel territorio comunale di Mérida, ad appena quindici minuti dalla città, si trova Dzibilchaltùn, antica città preispanica il cui nome significa "luogo dove c’è scrittura sulle pietre" o "dove c’è scrittura sulle pietre piatte". Questa città maya, che esistette dal 500 a.C. al 1500 della nostra era, è una delle più antiche della zona maya. Tra i suoi monumenti spicca la Casa delle sette bambole, dove, ad ogni equinozio, il 21 marzo e settembre, si può apprezzare il fenomeno della salita del sole attraverso le porte del monumento. Dire che l’abitante di Mérida conserva ancora il carattere pacifico della provincia non significa dire di conoscerlo. Allegro, mansueto e ospitale, all’abitante della città non è necessario ricordare di trattare bene il turista: questi, infatti, se ne va sempre soddisfatto per come viene ricevuto dagli abitanti della città. Molte donne indossano ancora l’hipil, veste tipica delle meticce, ricamato con colori vivaci. Anche molti uomini, inclusi gli uomini d’affari, indossano la guayabera, una camicia di origine caraibica di lino o cotone, molto diffusa nei paesi centroamericani e, naturalmente, nei Caraibi. Gli iucatechi, risultato della mescolanza di spagnoli e maya, ma anche di immigrati provenienti dalla Cina, Corea e Libano, sono un buon esempio di meticciato americano. I tratti ibridi dei loro volti rivelano la presenza indubbia della razza maya e del sangue spagnolo.

A Mérida, così come in tutto lo Yucatan e in Messico, si parla spagnolo. Tuttavia, nei piccoli villaggi nei dintorni della città, dove molte case hanno ancora le pareti in pietra, o di tronchi e fango, coperte da un tetto fatto di foglie di palma, la gente continua a parlare la lingua maya, che a volte possiamo ritrovare anche tra i venditori e le venditrici al mercato. Nella parlata abituale dello iucateco, sono altresì frequenti le parole di origine maya che danno alla conversazione degli abitanti della regione maggior ricchezza, carattere e una grazia tutta particolare. Ricca, varia e molto condita, la gastronomia iucateca non è soltanto una lusinga per il palato, ma anche per la vista e, al tempo stesso, un omaggio al meticciato dato che nei piatti tipici non ci sono soltanto impronte del passato indigeno, -- i cui ingredienti occupano comunque un posto preponderante – bensì si sono adattati, con pura eleganza, i sapori e le materie prime della gastronomia europea e caraibica dando origine ad un menù particolare, vario e pieno di gusto. Una menzione speciale va alla frutta: l’anona, la prugna o la goiaba gustate dagli iucatechi odierni, così come dai loro antenati maya.

Sulla costa troviamo i sapori del mare: il "ceviche" (pesce condito con peperoni, arance amare, ecc.), il ricco palombo, condito con "achiote" (pianta i cui semi servono da condimento) e accompagnato da verdure, la birra, i peperoncini "xcatic" o biondi e le arance amare. Ci sono anche cocktail di gamberi, ostriche, polpi e calamari. Il più famoso di questi è il "resuscita", che ha di tutto e veramente fa tornare alla vita. A pranzo conviene andare in qualche bar a provare gli stuzzichini che, quando si ordina una birra gelata, ti arrivano sempre insieme a questa. In tutta la penisola sono diffusi gli aperitivi saporiti, per esempio i "panuchos", ossia tortillas ripiene di fagioli neri secchi, con sopra lattuga tritata, pomodoro crudo, pollo a pezzetti e peperoncino "jalapeno". Sono pure molto saporiti i "papadzules" il cui ingrediente principale è il seme di zucca, oppure i "taquitos" di tortillas di mais con ripieno di uova sode tritate che si macerano poi in una salsa di semi di zucca e si bagnano con la stessa, condite con altri semi di zucca tritati e pomodoro.

Forse il miglior esempio di gastronomia meticcia è il "queso relleno", una sfera di formaggio olandese ripiena di carne di maiale tritata finemente e condita con olive e capperi. Il "poc-chuc", a sua volta, è un elegante stufato di maiale cotto alla piastra, accompagnato da pomodori e cipolle rosse arrostiti alla brace. La tradizione vuole che si accompagni con fagioli neri. La famosa "cochinita pibil" non ha bisogno di presentazioni: gustosa carne di maiale marinata e avvolta in foglie di banano, cotta -- secondo la tradizione, -- sottoterra, in una latta speciale nella quale rimane interrata per varie ore. L’accompagnamento ideale è con cipolla tritata, succo di arancia amara e peperoncino macinato. Per non tralasciare il pollame, un piatto saporito e nutriente è la zuppa di limone dolce che consiste in un brodo con pezzetti di petto di pollo accompagnato da fettuccine di tortillas fritte e da una grattugiata di limone dolce che dà un tocco speciale. Ovviamente tutto questo repertorio gastronomico si può accompagnare con il saporito peperoncino dell’Avana, onnipresente nella cucina iucateca. Ancora qualche riga per parlare dei dolci. Da un lato troviamo le antiche ricette casalinghe di frutta sciroppata come papaia, ciricote e nancen; dall’altro, i dolci tipici come gli "zapotitos" o i dolci di semi di zucca, il miele cotto con uova, il mandorlato di cocco e seme di zucca; per ultimo troviamo la tradizione europea, tradotta in versioni squisite della pasticceria internazionale, come i dolci di mandorle, la torta del cielo, i pasticcini o "cakes", le meringhe e il gelato alla vaniglia o mantecato. E, per terminare, un bicchierino di anice xtabentun.

Mérida vive l’anno 2000 come una festa continua. La città ha accolto la designazione di capitale culturale con orgoglio. Mérida ha un’offerta culturale permanente, divertimento gratuito e molte attività da seguire. E’ la città-festival per antonomasia, festa urbana nella sua massima espressione, tutti i giorni e per tutto il giorno, senza interrompere per questo – naturalmente – il funzionamento normale della città. Così, dal lunedì alla domenica, a qualunque ora e per qualunque tipo di pubblico, i teatri, le piazze, le gallerie di Mérida offrono innumerevoli spettacoli ed eventi, quasi tutti gratuiti: dalla musica folcloristica a quella internazionale, danza classica, jazz, teatro contemporaneo e classico, concerti per i giovani, conferenze, congressi, sfilate, parate, fiere del libro, mostre di artisti internazionali, eventi sportivi, pellegrinaggi religiosi, concorsi artistici e letterari, presentazioni di libri e altre edizioni speciali motivate dall’evento di capitale culturale. In totale, i numeri sono impressionanti: al termine dell’anno Mérida spera di raggiungere la cifra ragguardevole di tremila eventi culturali, oltre a lasciare nella fisionomia e nella storia della città un’impronta permanente di questo avvenimento. Di domenica, alla sera, c’è una gran festa nella Plaza grande. Si possono comprare prodotti artigianali e regali o assaggiare i piatti tipici. Non manca la musica e la gente passeggia tranquillamente per le strade chiuse al traffico automobilistico. Le orchestrine attendono in Plaza grande qualche romantico innamorato per accompagnarlo alla casa della sua fidanzata e cantarle belle canzoni d’amore. Le serenate sono tipiche, così come le serate dei giovedì sera in piazza S. Lucia e gli iucatechi sono amanti delle canzoni d’amore. Gli iucatechi, infatti, sono un popolo di notevoli musicisti, compositori e cantanti: Armando Manzanero è il loro esponente più conosciuto oggigiorno.

Mérida è una città con un grande patrimonio culturale, benché una buona parte della sua ricchezza architettonica preispanica, coloniale e contemporanea sia andata perduta per mancanza di protezione e di gestione. Mérida è stata e continua ad essere una capitale per il Mayab e per tutto il continente americano, un grande popolo con un paesaggio ed un peculiare spirito d’identità. Per i moderni maya continua ad essere, con prestigio, T’ho e, al tempo stesso, per i discendenti dei bianchi Mérida non perde quell’antico orgoglio coloniale. E’ una città ricca e vivace, con malie esotiche, eccitanti, e con profondi contrasti; è una città bianca, verde e azzurra, è una città che ci incanta e che ci ruba il cuore ad ogni istante. Così è la capitale americana della cultura 2000.

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