Ichcaanzihò, la città al
centro del mondo
Per la prima
volta nella storia, la città di uno dei 35 paesi delle
Americhe ha ricevuto la designazione annuale di Capitale
americana della cultura per il 2000. E’ l’antica città
maya e poi spagnola di Mérida-T’Ho, in Messico. Un
incredibile mix di cultura preincaica, mediterranea e perfino
cinese nel cuore dello Yucatan
Sorvolando
l’estesa pianura della penisola dello Yucatan, nel sud-est
tropicale del Messico e nel cuore del continente americano,
dal cielo si scorge un mare di alberi. E’ la terra delle
antiche divinità maya: Kin, il Sole, e Chac, la
Pioggia. Non appena si aprono gli sportelli dell’aereo all’aeroporto
internazionale di Mérida, veniamo avvolti dall’aria calda
di queste terre situate tra il Mar dei Caraibi e il Golfo del
Messico, aria piena degli aromi dei condimenti, dei mille
fiori e frutti tropicali.
Conosciuta come la
"città bianca" per il colore che ricopriva le
facciate delle sue case, Mérida è una vecchia capitale con
una consistente popolazione autoctona e con profonde radici
culturali. E’ la città cosmopolita del Mayab, il
mondo maya, e il punto strategico di entrata nel continente,
nell’America profonda e nell’America latina.
Il suolo
particolare su cui è cresciuta è povero di fiumi in
superficie, ma ricco di vene acquee sotterranee che
sbriciolano lentamente le rocce calcaree creando caverne e
grotte. Talvolta, nel fondo di queste caverne si accumula dell’acqua
che forma i "cenotes", voce che deriva dal termine
maya tz’ono’ot che significa pozzo, e che possono
essere aperti verso l’alto o nascosti all’interno delle
grotte.
Mérida
è al decimo posto tra le città più antiche del Messico. La
sua origine risale ai tempi preispanici quando la città maya
di T’ho, conosciuta anche come Ichcaanzihò,
fu fondata intorno all’anno 1240, dal cacicco itzà
Ah-Chan-Caan. Verso la metà del sedicesimo secolo, quando gli
Spagnoli giunsero nello Yucatan, non c’era più molta
attività nella zona e di conseguenza si trovarono di fronte
soltanto alle rovine dell’antica città maya. Il giorno
storico fu il 6 gennaio 1542 quando don Francisco de Montejo y
Leon "El Mozo" fondò sulle rovine di T’ho
la nuova città. Si narra che fu uno dei suoi soldati,
Francisco de Almaraz, a suggerirgli il nome di Mérida per la
nuova città poiché gli ricordava i resti romani della
Mérida spagnola, la antica Emerita Augusta dell’Hispania
Romana.
La nuova città fu
così tracciata a rettifilo, formando linee e angoli retti con
le sue strade, secondo il tradizionale modello ispanico, con
una piazza d’armi al centro circondata dagli edifici
principali, inclusa la Cattedrale, la prima in America ad
essere costruita sul continente. Tutti questi edifici vennero
costruiti con le pietre delle rovine della T’ho maya
che servirono come materiale di costruzione per il pugno di
case degli abitanti spagnoli che cominciavano a stabilirsi in
città, pietre che si possono vedere ancora oggi in alcuni
edifici del centro storico di Mérida. Ovunque si costruirono
poi case di terra e paglia, con tetti ricoperti di foglie di
palma, case che diedero sicuramente un aspetto rurale,
campestre, alla Mérida primitiva.
Divenuta
indipendente il 15 settembre 1821, -- come tutto lo Yucatan,
--Mérida visse una tappa di particolare splendore durante il
boom dell’agave, o "oro verde" quando, negli
ultimi anni del diciannovesimo secolo, le grandi tenute
agricole originariamente dedite alla coltivazione dello
zucchero, del mais o all’allevamento del bestiame scoprirono
le potenzialità dell’agave, ossia la sua resistenza che ne
fa una materia prima ideale per produrre fibre naturali
resistenti e versatili. Questa scoperta -- e successivo
sfruttamento, -- portò una grande ricchezza e splendore
economico allo Yucatan per cui, durante gli ultimi anni del
diciannovesimo secolo e fino all’inizio del ventesimo
secolo, Mérida si ingrandì, divenne più
"europea", cessò di avere strade polverose e
edifici bisognosi di restauro per passare ad avere residenze
lussuose, edifici religiosi e altre opere che sono il
riflesso, ancora oggi, dei tempi di ostentazione e gloria in
cui furono edificati.
Terminato il boom
dell’agave, la vita di Mérida tornò alla sua tranquillità
provinciale. Moderatamente, crebbe come una città piccola e
pittoresca, senza aspirazioni di universalità. Incamminata
verso il mezzo millennio di vita, varcata la soglia del
ventunesimo secolo, Mérida continua a crescere vigorosamente.
Da un lato, mantiene il suo tracciato e la sua tendenza allo
sviluppo orizzontale, dall’altro riceve con dignità
costruzioni moderne, uffici, centri congressi, alberghi e
grandi viali che ne fanno una delle città di maggior sviluppo
del paese negli ultimi anni.
Benché
abbia quasi 800.000 abitanti, Mérida conserva una
sorprendente crescita orizzontale – gli edifici, infatti,
non superano i due piani e le case hanno tutte un gran
cortile. Grazie al fatto che il territorio urbano è molto
piatto, le strade sono numerate ed è facile trovare un
indirizzo. Tuttavia, nel centro storico vi sono ancora in
molti angoli delle targhette disegnate, con il nome del
quartiere, per esempio "l’iguana", "l’orso",
"il Sole", "le due facce" o "il
pugile". Il nome dell’angolo è il referente per la
gente: l’autobus arriva dall’angolo "del cervo",
oppure uno abita vicino "alla palma". La città di
Mérida conserva sopra il volto urbano diversi accenti di
carattere, peculiari di ogni zona. Il centro è più austero e
sereno, di sapore coloniale e riservato. Ai confini del centro
storico appaiono i grandi viali, come la Avenida Colòn o il
Paseo de Montejo, le cui residenze di gusto francese della
fine del diciannovesimo secolo danno alla città un aspetto
signorile e distinto. Una di queste residenze è Palazzo
Cantòn che ospita una collezione d’arte completa degli
antichi maya. Verso nord, est e ovest la città si mostra come
un’urbe progressista del ventunesimo secolo, con i suoi
grandi alberghi, i quartieri residenziali, i grandi centri
commerciali, i cinema moderni, i magazzini e il "Siglo
XXI", un centro congressi inaugurato da poco. Verso il
porto di Progreso, a una trentina di km., ci sono circoli di
equitazione, un grande campo da golf e un moderno poligono
industriale.
Sul Paseo de
Montejo c’è un monumento recente che merita la nostra
attenzione: il Monumento alla Patria, scultura in pietra di
grandi dimensioni, capolavoro dello scultore Romulo Rozo. L’opera,
inaugurata nel 1956, include gli scudi degli stati che formano
la Repubblica messicana e sulle mura sono rappresentate
importanti personalità della storia del Messico. Nel cuore
della città si trova la Plaza grande o piazza d’armi e,
intorno ad essa, si innalzano cinque dei più importanti
edifici di Mérida: la Cattedrale di San Ildefonso, costruita
tra il 1561 e il 1598; la Casa de Montejo, costruita tra il
1543 e il 1549 dal fondatore di Mérida Francisco de Montejo
"El Mozo" , e con una preziosa facciata, l’unico
gioiello dell’architettura civile plateresca esistente in
Messico; il palazzo Municipale, innalzato sui resti dell’antica
T’ho e la cui facciata risale all’ultimo ammodernamento
del 1928; il Palazzo del governo dello Yucatan, dalle evidenti
linee neoclassiche e che ospita una collezione di murales
realizzati dal pittore iucateco Fernando Castro Pacheco, e,
infine, l’antico Palazzo arcivescovile, oggi museo di arte
contemporanea. Ad uno degli angoli della Plaza grande si trova
l’Olimpo, il modernissimo centro culturale municipale che
offre quotidianamente mostre, conferenze, opere teatrali,
incontri, persino un planetario che sta per essere inaugurato…
Non
lontano da lì si trova l’antico edificio coloniale, sede
dell’Università autonoma dello Yucatan, costruito nel 1711,
così come l’elegante, rinascimentale Teatro José Peon
Contreras, del 1908, riscattato dall’abbandono negli anni
’70 e inaugurato nuovamente nel 1981. Uno dei punti forti di
Mérida è la sua posizione centrale, che la trasforma in un
punto di partenza ideale per conoscere le spiagge dei Caraibi,
dal porto di Progreso al lusso di Cancùn, le capanne di Tulum,
le rovine di Uxmal, Mayapàn o Chichén Itzà, la maggiore e
la più spettacolare delle città maya della penisola, il cui
nome mitologico significa "la città degli stregoni dell’acqua",
le città coloniali di Valladolid e Campeche, rifugio di
pirati e paradiso dei pescatori, i conventi francescani di
Izamal o Manì, il santuario dei fenicotteri di Celestùn o la
Riserva della biosfera di Sian Ka’an.
Nel territorio
comunale di Mérida, ad appena quindici minuti dalla città,
si trova Dzibilchaltùn, antica città preispanica il cui nome
significa "luogo dove c’è scrittura sulle pietre"
o "dove c’è scrittura sulle pietre piatte".
Questa città maya, che esistette dal 500 a.C. al 1500 della
nostra era, è una delle più antiche della zona maya. Tra i
suoi monumenti spicca la Casa delle sette bambole, dove, ad
ogni equinozio, il 21 marzo e settembre, si può apprezzare il
fenomeno della salita del sole attraverso le porte del
monumento. Dire che l’abitante di Mérida conserva ancora il
carattere pacifico della provincia non significa dire di
conoscerlo. Allegro, mansueto e ospitale, all’abitante della
città non è necessario ricordare di trattare bene il
turista: questi, infatti, se ne va sempre soddisfatto per come
viene ricevuto dagli abitanti della città. Molte donne
indossano ancora l’hipil, veste tipica delle meticce,
ricamato con colori vivaci. Anche molti uomini, inclusi gli
uomini d’affari, indossano la guayabera, una camicia
di origine caraibica di lino o cotone, molto diffusa nei paesi
centroamericani e, naturalmente, nei Caraibi. Gli iucatechi,
risultato della mescolanza di spagnoli e maya, ma anche di
immigrati provenienti dalla Cina, Corea e Libano, sono un buon
esempio di meticciato americano. I tratti ibridi dei loro
volti rivelano la presenza indubbia della razza maya e del
sangue spagnolo.
A
Mérida, così come in tutto lo Yucatan e in Messico, si parla
spagnolo. Tuttavia, nei piccoli villaggi nei dintorni della
città, dove molte case hanno ancora le pareti in pietra, o di
tronchi e fango, coperte da un tetto fatto di foglie di palma,
la gente continua a parlare la lingua maya, che a volte
possiamo ritrovare anche tra i venditori e le venditrici al
mercato. Nella parlata abituale dello iucateco, sono altresì
frequenti le parole di origine maya che danno alla
conversazione degli abitanti della regione maggior ricchezza,
carattere e una grazia tutta particolare. Ricca, varia e molto
condita, la gastronomia iucateca non è soltanto una lusinga
per il palato, ma anche per la vista e, al tempo stesso, un
omaggio al meticciato dato che nei piatti tipici non ci sono
soltanto impronte del passato indigeno, -- i cui ingredienti
occupano comunque un posto preponderante – bensì si sono
adattati, con pura eleganza, i sapori e le materie prime della
gastronomia europea e caraibica dando origine ad un menù
particolare, vario e pieno di gusto. Una menzione speciale va
alla frutta: l’anona, la prugna o la goiaba gustate dagli
iucatechi odierni, così come dai loro antenati maya.
Sulla costa
troviamo i sapori del mare: il "ceviche" (pesce
condito con peperoni, arance amare, ecc.), il ricco palombo,
condito con "achiote" (pianta i cui semi servono da
condimento) e accompagnato da verdure, la birra, i peperoncini
"xcatic" o biondi e le arance amare. Ci sono anche
cocktail di gamberi, ostriche, polpi e calamari. Il più
famoso di questi è il "resuscita", che ha di tutto
e veramente fa tornare alla vita. A pranzo conviene andare in
qualche bar a provare gli stuzzichini che, quando si ordina
una birra gelata, ti arrivano sempre insieme a questa. In
tutta la penisola sono diffusi gli aperitivi saporiti, per
esempio i "panuchos", ossia tortillas ripiene di
fagioli neri secchi, con sopra lattuga tritata, pomodoro
crudo, pollo a pezzetti e peperoncino "jalapeno".
Sono pure molto saporiti i "papadzules" il cui
ingrediente principale è il seme di zucca, oppure i "taquitos"
di tortillas di mais con ripieno di uova sode tritate che si
macerano poi in una salsa di semi di zucca e si bagnano con la
stessa, condite con altri semi di zucca tritati e pomodoro.
Forse
il miglior esempio di gastronomia meticcia è il "queso
relleno", una sfera di formaggio olandese ripiena di
carne di maiale tritata finemente e condita con olive e
capperi. Il "poc-chuc", a sua volta, è un elegante
stufato di maiale cotto alla piastra, accompagnato da pomodori
e cipolle rosse arrostiti alla brace. La tradizione vuole che
si accompagni con fagioli neri. La famosa "cochinita
pibil" non ha bisogno di presentazioni: gustosa carne di
maiale marinata e avvolta in foglie di banano, cotta --
secondo la tradizione, -- sottoterra, in una latta speciale
nella quale rimane interrata per varie ore. L’accompagnamento
ideale è con cipolla tritata, succo di arancia amara e
peperoncino macinato. Per non tralasciare il pollame, un
piatto saporito e nutriente è la zuppa di limone dolce che
consiste in un brodo con pezzetti di petto di pollo
accompagnato da fettuccine di tortillas fritte e da una
grattugiata di limone dolce che dà un tocco speciale.
Ovviamente tutto questo repertorio gastronomico si può
accompagnare con il saporito peperoncino dell’Avana,
onnipresente nella cucina iucateca. Ancora qualche riga per
parlare dei dolci. Da un lato troviamo le antiche ricette
casalinghe di frutta sciroppata come papaia, ciricote e nancen;
dall’altro, i dolci tipici come gli "zapotitos" o
i dolci di semi di zucca, il miele cotto con uova, il
mandorlato di cocco e seme di zucca; per ultimo troviamo la
tradizione europea, tradotta in versioni squisite della
pasticceria internazionale, come i dolci di mandorle, la torta
del cielo, i pasticcini o "cakes", le meringhe e il
gelato alla vaniglia o mantecato. E, per terminare, un
bicchierino di anice xtabentun.
Mérida
vive l’anno 2000 come una festa continua. La città ha
accolto la designazione di capitale culturale con orgoglio.
Mérida ha un’offerta culturale permanente, divertimento
gratuito e molte attività da seguire. E’ la città-festival
per antonomasia, festa urbana nella sua massima espressione,
tutti i giorni e per tutto il giorno, senza interrompere per
questo – naturalmente – il funzionamento normale della
città. Così, dal lunedì alla domenica, a qualunque ora e
per qualunque tipo di pubblico, i teatri, le piazze, le
gallerie di Mérida offrono innumerevoli spettacoli ed eventi,
quasi tutti gratuiti: dalla musica folcloristica a quella
internazionale, danza classica, jazz, teatro contemporaneo e
classico, concerti per i giovani, conferenze, congressi,
sfilate, parate, fiere del libro, mostre di artisti
internazionali, eventi sportivi, pellegrinaggi religiosi,
concorsi artistici e letterari, presentazioni di libri e altre
edizioni speciali motivate dall’evento di capitale
culturale. In totale, i numeri sono impressionanti: al termine
dell’anno Mérida spera di raggiungere la cifra
ragguardevole di tremila eventi culturali, oltre a lasciare
nella fisionomia e nella storia della città un’impronta
permanente di questo avvenimento. Di domenica, alla sera, c’è
una gran festa nella Plaza grande. Si possono comprare
prodotti artigianali e regali o assaggiare i piatti tipici.
Non manca la musica e la gente passeggia tranquillamente per
le strade chiuse al traffico automobilistico. Le orchestrine
attendono in Plaza grande qualche romantico innamorato per
accompagnarlo alla casa della sua fidanzata e cantarle belle
canzoni d’amore. Le serenate sono tipiche, così come le
serate dei giovedì sera in piazza S. Lucia e gli iucatechi
sono amanti delle canzoni d’amore. Gli iucatechi, infatti,
sono un popolo di notevoli musicisti, compositori e cantanti:
Armando Manzanero è il loro esponente più conosciuto
oggigiorno.
Mérida
è una città con un grande patrimonio culturale, benché una
buona parte della sua ricchezza architettonica preispanica,
coloniale e contemporanea sia andata perduta per mancanza di
protezione e di gestione. Mérida è stata e continua ad
essere una capitale per il Mayab e per tutto il continente
americano, un grande popolo con un paesaggio ed un peculiare
spirito d’identità. Per i moderni maya continua ad essere,
con prestigio, T’ho e, al tempo stesso, per i discendenti
dei bianchi Mérida non perde quell’antico orgoglio
coloniale. E’ una città ricca e vivace, con malie esotiche,
eccitanti, e con profondi contrasti; è una città bianca,
verde e azzurra, è una città che ci incanta e che ci ruba il
cuore ad ogni istante. Così è la capitale americana della
cultura 2000.
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