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redarrowleft.GIF (53 byte) Letture & Scritture Maggio 2000

 
Il linguaggio del silenzio

Una donna adulta perde l’udito. Ma invece di rinchiudersi in sé stessa impara a sentire altri messaggi e altri stimoli. Trasformando il modo che la mente ha di capire e interpretare le cose. Per vivere così la vita come fosse una nuova avventura tutta da scoprire

Hanna Merker, In ascolto, Corbaccio, pp.199, L.25.000

Divenire sordi in età adulta non è solo un trauma, ma comporta una trasformazione radicale, una metamorfosi della vita davvero sconvolgente. Cosa succede, infatti, allorché il silenzio prende il posto delle voci e dei suoni che da sempre accompagnavano il nostro universo percettivo? Cosa cambia nell’esistenza quotidiana quando – per orientarci in un deserto acustico senza più rumori – ci troviamo costretti a prestare attenzione, ad ascoltare altri messaggi, altri stimoli sensoriali, altri linguaggi che cambiano assolutamente il modo d’essere al mondo e di esperirlo? Infine, o forse in primo luogo, come far capire agli altri la dimensione aliena/alienante della sordità o in che maniera comunicare il silenzio invisibile che circonda e permea sin nell’intimo chi non ode più?

Queste le tematiche, gli interrogativi cruciali che si pone il testo di Hannah Merker "In ascolto", un mix di racconto autobiografico, saggio, riflessione poetica e breviario meditativo intorno alla singolare "avventura di una donna che ha perduto l’udito all’improvviso e ha scoperto un nuovo mondo". Sì, perché paradossalmente questo libro tratta dell’ascoltare, suggerendo modalità inedite e nuovi approcci di ascolto sia per udenti che per non udenti; in quanto (e questo riguarda tutti) una autentica, significativa audizione/decifrazione dei messaggi che provengono dagli altri o dall’universo naturale può accadere solo – sottolinea la Merker – "quando ti prendi il tempo per guardarti attorno, per restartene immobile la sera, per meravigliarti della mattina". E questo non solo perché chi è affetto da sordità trasforma l’ascolto in un atto visuale o intuitivo, ma perché forse riuscire ad ascoltare davvero comporta l’essenziale di "una mente consapevole".

Così educare se stessi alla percezione di messaggi inauditi d’un mondo silenzioso è mutar vita e implica una rivoluzione nel modo di relazionarsi che talvolta può comportare cambiamenti scioccanti. Hannah infatti d’improvviso non si trova solo a perdere l’udito e il familiare mondo sonoro, ma pure il marito che la lascia; anche se queste privazioni dolorose – come ogni venir meno, del resto, qualora favoriscano l’aprirsi nei confronti di nuove esperienze piuttosto che una pietrificante stagnazione regressiva – segneranno per la Merker l’inizio di una serie di incontri gratificanti, destinati a culminare nel sodalizio con la cagnetta Sheena, vero e proprio orecchio canino della donna, e quindi nella nascita di un rapporto sentimentale con Harvey, destinato a diventare il suo nuovo compagno.

Così Hannah impara ad ascoltare ciò che non può più udire, facendo attenzione a tutto quanto non è più suono. Ed ecco la sua descrizione di come una non udente può sentire il rumoroso infuriare del vento contro la sua barca/abitazione: "eccola l’aria invisibile che spinge ad est il nostro albero, facendoci inclinare; ecco lo schiaffo delle onde (…) ecco il grido di un gabbiano reale in cima a un palo qui vicino, il becco che si apre e chiude nell’emissione di strida altissime che non riesco a sentire ma, comunque, riecheggiano in me".

Quindi Hannah Merker, non certo intenzionata a considerarsi vittimisticamente una dei circa ventiquattro milioni di portatori di handicap uditivo e verbale che vivono oggi negli Stati Uniti, avendo il coraggio di affrontare, meglio, di scoprire "il mondo di nuovo", si è gettata in una "avventura che continua", consapevole di come – l’ha detto bene F. Gonzales-Crussi – anche in chi non riesca più a udire, nei più intimi recessi dell’anima restano pur sempre impigliate tracce sonore e nonostante cessino nella sordità certi stimoli sensoriali, riaffioreranno comunque ricordi a fare da ponte tra il mondo del silenzio e quello del rumore. Perché forse, come scrive la Merker nella conclusione della sua ricerca/disvelamento, ascoltare "è udire l’immaginoso".

Francesco Roat

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