Vai al numero precedenteVai alla prima paginaVai al numero successivo

Vai alla pagina precedenteVai alla prima pagina dell'argomentoVai alla pagina successiva

Vai all'indice del numero precedenteVai all'indice di questo numeroVai all'indice del numero successivo
Scrivi alla Redazione di NautilusEntra  in Info, Gerenza, Aiuto
redarrowleft.GIF (53 byte) Scienza Aprile 2000

Lassù sulle montagne, tra boschi e Ddt

Le Alpi? Più inquinate della pianura. A dirlo è una ricerca shock dell’Unione europea. Che ha scoperto che nei laghetti cristallini a 2500 metri di altezza c’è 1000 volte più Ddt che a livello del mare. Colpa delle gelide temperature delle vette e degli antiparassitari evaporati da Africa e India che si concentrano sui nostri monti. Ma soprattutto delle miopi politiche dell’Occidente

“Vado in montagna a respirare aria buona, finalmente”. Un luogo comune ma almeno, si pensava, anche una certezza. E invece no, l’illusione è finita. Assediati dal benzene in città, impiastricciati di petrolio al mare e perseguitati dall’insalata transgenica, ora tocca alle alte vette immacolate. Che immacolate non lo sono più, dopo che uno studio dell’Unione europea ha scoperto che i laghetti azzurri della Alpi, quelle irraggiungibili oasi cristalline sopra i 2500 metri, sono più inquinati dell’idroscalo di Milano. Per la spietata precisione, contengono 1000 (mille) volte più Ddt dei laghi al livello del mare.

“Abbiamo sempre detto che l’ecosistema alpino è rimasto intatto – ha commentato Roland Psenner, docente all’Università di Innsbruck, in Austria e uno dei ricercatori coinvolti nello studio – Adesso è meglio dire che è si isolato, ma non più così intatto…”. Cosa è successo? Che le Alpi, maestose e all’apparenza inviolabili, agiscono come dei “magneti” nei confronti delle sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera. Il meccanismo, spiegano gli scienziati, è semplice: le permanenti temperature sotto lo zero a livello delle cime alpine fanno “concentrare” il Ddt evaporato sopra l’India e l’Africa (che ancora fanno uso del vecchio antiparassitario bandito in Occidente 15 anni fa) che infine precipita sulle montagne per un fenomeno chiamato “distillazione globale”. “Il Ddt circola intorno alla Terra dove c’è caldo, ma resta intrappolato dove fa freddo – dice Psenner – Sapevamo che questo succedeva ai poli, ma finora nessuno sospettava che lo stesso fenomeno avvenisse sulle Alpi o sui Pirenei”. E dal Monte Bianco fino alla Marmolada, da Saint Moritz fino al Tarvisio, sopra i 2500 metri c’è neve e ghiaccio 8-9 mesi su 12.

A conferma del problema anche il fatto che, nonostante la grande distanza dalle zone agricole o industriali, i pesci dei laghetti alpini presentano gli stessi sintomi da accumulo di sostanze inquinanti chiamate Pop (persistent organic pollutants) dei pesci di pianura. Una contaminazione “sotto i livelli considerati pericolosi per l’uomo” precisa Psenner, tanto che “le trote pescate a 2500 metri si possono mangiare”. Sarà, ma tra mucche pazze, pomodori mutanti e prosciutti alla diossina non è la prima volta che ci si sente dire che tutto va bene. Senza scordare la oramai celebre beffa dell’atrazina, quando qualche anno fa si scoprì che l’acqua dei rubinetti di mezza Italia aveva livelli di diserbante superiori a quelli legali. Conseguenza: il governo alzò per legge la quantità permessa, facendo tornare l’acqua potabile “per legge”.

L’indagine dei ricercatori austriaci si è concentrata su tre laghetti sopra i 2500 metri vicino a Innsbruck, ghiacciati tre quarti dell’anno. Una curiosità: in origine non c’erano pesci, a introdurre le trote sarebbe stato l’imperatore Massimiliano I qualche secolo fa. Comunque sia, oggi le acque turchine nascondono il pericolo Ddt, una molecola conosciuta per i suoi effetti tossici e cancerogeni che entra nelle catene alimentari per accumulo nei grassi. Lo trovarono perfino nei pinguini e nelle foche. In più, sia l’antiparassitario che altre sostanze inquinanti, hanno un effetto ormono-simile o estrogeno-simile. Riuscendo ad alterare l’equilibrio endocrino di alcuni animali. E ancora mancano ricerche sui mammiferi e roditori alpini come camosci, marmotte, conigli, volpi.

Altra sfortuna: le Alpi non possono sfruttare nemmeno “l’effetto cavalletta”. Le sostanze inquinanti infatti passano facilmente dallo stato solido a quello liquido e gassoso anche con piccole variazioni di temperatura. Così le nuvole contaminate passano su una zona fredda, i Pop cadono a terra, la temperatura magari si rialza di qualche grado e queste rievaporano e si spostano fino a trovare un’altra zona fredda. Su e giù, insomma. Un meccanismo che le costanti basse temperature delle vette alpine non permettono. E il Ddt resta intrappolato nelle acque del Gossenkoelle See e degli altri laghi studiati. Un principio elementare: più fa freddo e più si concentrano gli inquinanti.

Conclusione? Bandire Ddt e simili dalle campagne del mondo. Ma non è così facile: molti scienziati avvertono che un divieto immediato provocherebbe carestie e malattie nei Paesi poveri. Il classico stallo. In realtà, suggerisce Psenner, c’è un’alternativa: “Non può essere una colpa quella di cercare di proteggere il proprio ecosistema. Ma lo è non riuscire ad offrire al Terzo Mondo, dopo 50 anni, qualcosa di meglio del Ddt”.

a.m.

np99_riga_fondo.gif (72 byte)

                                           Copyright (c)1996 Ashmultimedia srl - All rights reserved