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redarrowleft.GIF (53 byte) Attualità Aprile 2000

 

Vendesi cognome, anche usato



Ignorato da tutti, si era già comprato 15 mila domini Internet, Compresi i nomi di persone e di cose. Così per fermare l'imprenditore sardo Grauso il governo ha preparato un disegno di legge che vieta l'acquisto del nome di un altro. E cambierà anche la Registration Authority, accusata di scarso controllo. Che ora, come spiega il suo direttore Franco Denoth, lavorerà con un comitato formato da provider, consumatori, governo e associazioni di categoria


Anche se ufficialmente non lo dicono, tutti sanno che il disegno di legge sui domini Internet approvato dal Consiglio dei ministri il 12 marzo scorso potrebbe chiamarsi "legge anti-Grauso". Due articoli un po' affrettati ma forse necessari che mettono un freno all'accaparramento dei nomi sul web lanciato in silenzio nei mesi scorsi dall'imprenditore sardo. Che ha comprato in giro per il mondo circa 500 mila domini internet, tra nomi generici e cognomi veri e propri. Di cui 15 mila (un'enormità, circa il 10% di quelli esistenti oggi) solo in Italia.

Cosa dice il provvedimento del Governo? In due parole, che nessuno può comprare il nome di un altro (cognomi, sigle, organizzazioni, persone giuridiche, ecc.) e magari poi rivenderglielo. Pena la cancellazione immediata dell'operazione e una multa di 60 milioni. Certo non fosse stato per l'affare-Grauso chissà quando sarebbe arrivata una regolamentazione dei domini. Resta comunque qualche perplessità: mentre tutti tacevano, comprese le istituzioni che dovrebbero controllare i domini sul web, i comuni mortali tipo Luigi Zanetti, Piero Brambilla o Pasquale Di Capua che cercavano di registrare il proprio nome si sentivano dire "Niente da fare, già comprato…". Lo stesso per chi voleva cose tipo pizzaexpress, vinorosso o pastafresca.it. Tutto occupato. E, stupore, dalla stessa persona: la gentile signora Garau che da una città della Sardegna comprava centinaia di nomi ogni giorno. Per conto di Grauso. Qualche perplessità della Naming o della Registration Authority? No. Tanto la legge non lo impediva, anche se l'opportunità e il buon senso sì.

Ci sono volute le prime proteste degli utenti della Rete, la scoperta (quella si che ha accelerato i tempi…) che erano stati registrati anche nomi di politici e poi le ammissioni dello stesso Grauso perché si arrivasse allo stop e alla prima regolamentazione. Che prevede tra l'altro modifiche dell'intero sistema che sovrintende ai domini.
Organo primo resterà la Registration Authority (Ra) che adesso, come spiega Franco Denoth, direttore dell'Istituto di applicazioni telematiche del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa e responsabile della Ra, ha almeno una legge su cui appoggiarsi.

Ma come ha fatto Grauso a comprarsi mezza Italia senza ostacoli? "Noi non abbiamo leggi contro l'accaparramento dei domini - dice Denoth - Così Grauso ha registrato 15 mila nomi in Italia su 170 mila esistenti. Internet invece va restituita come bene pubblico. I media ci hanno attaccato per questa storia. Ma o io ho una legge, o non posso fare niente. L'unica cosa richiesta in Italia, fino ad ora, era la "lettera di assunzione di responsabilità" del richiedente. E in Europa solo l'Olanda non richiede nessun documento". Insomma errori no, ma un po' distratti si.

Ma si può dare ordini ad un mondo libero come Internet? "Serviva un minimo di regolamentazione dei domini - continua Denoth - Tutte le regole sono state fatte su un Internet di molti anni fa, quando lo usavano solo le università. Non c'era né il commerciale né il privato. Le cose poi sono cambiate, non ho remore nel dire che oggi si fanno abusi. E un cittadino non deve essere costretto a fare ricorso per vedersi restituire un diritto. Quindi sì alla autoregolamentazione del web, ma bisogna mettere degli argini per evitare gli abusi. Insomma, Internet è un bene sociale o di chi è più furbo? Visto che la risposta è ovvia, vanno evitati i monopoli. Tenendo presente le esigenze di un mondo come questo che è in rapidissima espansione".

Qualcuno ha fatto notare che nel disegno di legge ci sono imprecisioni e problemi di interpretazione. Il direttore della Ra italiana ha un'altra idea: "Credo sia la legge ad essere stata male interpretata. Per esempio, sulla questione dei domini diversi dal *.it. Ma se un cittadino è soggetto all'ordinamento italiano, commette abuso anche se lo fa da un'altra nazione. Comunque in Europa, anche se ci sono normative diverse, una persona può comprare un solo nome a dominio". E la Registration Authority italiana cosa diventerà? Chi deciderà adesso sui nomi dei siti Internet? "Finora la Ra era in una situazione particolare - spiega sempre Denoth - Rispondeva di regole imposte da altri. Ora dovrò autoregolarsi. Ma sarà meglio istituire una specie di comitato che rappresenti le varie parti in causa: certo i provider che si identificano nella Naming authority, ma anche le associazioni dei consumatori, una figura pubblica e le voci dell'industria e del commercio. In più servirà una forma di arbitrato "obbligatorio" che decida delle controversie in tempi rapidi. Il problema è che tutti pensavano che l'affare in Internet sarebbe stato il commercio elettronico: a nessuno però è venuto in mente che la stessa Internet sarebbe diventata un affare".

Alessandro Mognon

La guerra dei mondi.com

 

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