Sanremo... non solo
Festival
Taccuino n. 3
Vi scrivo dalla sala stavolta.
Sì, dal mitico Teatro Ariston. Da dentro la seconda
serata di questo 50. Festival di Sanremo. A dire il vero
non ci avevo pensato di venire. Non mi interessava molto
l'idea di andare a vedere ciò che si vede meglio alla
televisione. Poi un collega, porgendomi il biglietto, mi
dice che non puoi venire al Festival e non andare almeno
una volta a vedere la serata. Eccomi dunque a digitare sul
Newton ma senza la mia macchina fotografica. Mi hanno
detto che non si poteva, invece quassù, in galleria, è
pieno di ragazzine con la instamatic, pronte a immortalare
Noel Gallagher e gli altri Oasis.
Accidenti a me che non ho rischiato. Dovesse ricapitarmi,
invaderò Nautilus di pixel dall'Ariston.
Per arrivare qui ho dovuto provare uno degli imbarazzi più
grandi della
mia vita. Dato che si tratta di pura e semplice mondanità,
ti costringono a fare la passerella. Già, quella che
vedete tutti i giorni in tv, con ai lati mucchi di gente
urlante. Non è bello vi assicuro camminare là sopra
senza essere "nessuno". Sotto aspettano di
vedere una faccia nota, e se la vostra è anonima, il
rammarico, la rabbia addirittura, di chi sta sotto, ve li
sentite addosso, sulla pelle e in quel momento vorreste
essere Mennea. Per lo scatto, non perché è famoso.
Il doloroso imbarazzo finisce comunque presto. Dentro,
vedi sfilare le mise più improbabili che occhio umano
possa, oggi, trovare dentro al suo campo visivo. Capelli
blu su abitino rosa (superscollato, ovvio), una con una
specie di pigiama viola (a teatro!), e poi brillantini e
perline in quantità. Labbra siliconate della moglie del
commendatore di Arma di Taggia, eccetera.
L'orchestra si scalda con motivetti vari, e Fazio entra in
scena un po' prima del collegamento per chiedere di
spegnere i telefonini (solo i Tim, immagino) e di non
alzarsi e appaludire - invece - tanto. Chiede
all'assessore come sta il sindaco (la giunta di Sanremo
meriterebbe un taccuino a parte ma mi rifiuto di perdere
del tempo e di annoiarvi...) e chiude: «Mi raccomando,
dura solo quattro ore e poi siete liberi».
Devo dire che adesso sì, adesso che sono qua dentro, ho
la netta impressione di essere davvero entrato dentro la
mia vecchia tv di trent'anni fa, quella che aveva lo
stabilizzatore. Quando la guardavo sapevo che dentro,
quello che vedevo era a colori. Ma bisognava entrarci
dentro. Ecco, sulla soglia dei quarant'anni ci sono
entrato, finalmente.
È curioso vedere la Sastre su in alto, in cima alla
scalinata, che fa gli ultimi preparativi prima di entrare
in scena.
Dietro di me a un certo punto viene a sedersi Lamberto
Sposini. Sentirlo parlare fa uno strano effetto: mi sembra
di avere il TGuno che trasmette dietro la spalla destra.
Quando tocca gli Oasis, ecco le ragazzine scatenarsi con
le loro macchinette. Poi la gaffe di De Mistura su San
Marino, con un assistente di studio che si mette le mani
sui capelli; Teocoli-Ricci da spasso che si piazza su un
lato del palco dopo avere parlottato dietro le quinte con
Fazio; l'interpretazione magistrale di Irene Grandi per la
quale dichiaro da qui, dentro l'Ariston, mentre la guardo,
tutto il mio amore; e poi Tina Turner che mentre esce
bacia e abbraccia tutti i tecnici; la Sastre che fa la sua
prima presentazione solitaria con Fazio che la scruta
dalla quinta e quando esce la abbraccia; Mietta, che non
vuole più andarsene e un assistente gli il gesto
eloquente più volte con la mano.
Finisce con Lucio Dalla a mezzanotte. Avevo pensato, prima
di entrare, di uscirmene a metà. Mi bastava farmi
un'idea, avevo detto. Come al solito. Come quando dici che
quest'anno no, proprio no, che non lo guarderai, il
Festival, e invece... |